Ci sono strade. Di terra, sassi, fango e pozzanghere. Ci sono case. Di legno, lamiera, Eternit e pochi metri quadrati. E ci sono bambini. Le ciabatte rotte, i vestiti sporchi, i sorrisi sbilenchi. E’ quello che vedono i miei occhi quando arrivo qua per la prima volta.
E’ la baraccopoli di Batumi.
E c’è uno strano, forte desiderio… a dirmi che questa è la periferia, la frontiera in cui sono chiamato a servire come Casco Bianco. E’ quello che sente il mio cuore quando arrivo qua per la prima volta.
La baraccopoli di Batumi è chiamata Città del Sogno. I sogni con cui parto io sono folli. Sono quelli del mandato del Casco Bianco: la trasformazione dei conflitti, la rimozione delle cause, la nonviolenza, l’educazione alla pace. E poi siamo qui, fra queste baracche, armati di noi stessi. E del desiderio di entrare in questa realtà. Ora, dove sono le chiavi?
Una porta di legno, una mano alzata a bussare. Posso entrare? Sorrisi, mani che invitano ad accomodarsi nel poco spazio che c’è. Caffè, ma capita anche tutto il tavolino imbandito di specialità georgiane. Dico grazie. No, grazie a te. Ecco, vogliono già litigare. E la nonviolenza? Poi piccoli quaderni, penne recuperate qua e là, il mio zaino in un angolo, la mia cartellina blu. E i bambini. I miei folli sogni partono da qui.
Insegniamo inglese ai bambini della baraccopoli. Siamo nelle loro case, nelle loro famiglie. Sono già passati cinque mesi, purtroppo, quando cominciamo. Ma ora abbiamo trovato le chiavi. Le famiglie accolgono noi e qualche vicino amico dei figli e insieme proviamo a imparare qualcosa di più di quello che l’inefficienza scolastica e la situazione socio-educativa generale offrono. L’inglese come piccolo strumento per poter fare un passo più avanti, un giorno.
Solo negli ultimi mesi ho avuto la possibilità di usare anche un altro paio di chiavi. Uno che avevo in tasca da prima di partire. Nel taschino vicino al cuore. Tre palline da giocoleria, un naso rosso da clown, la magia delle arti circensi. Lo stupore e il divertimento dei bambini ma anche l’impegno, la voglia di imparare e di allenarsi. Di costruirsi i propri strumenti, per continuare a sperimentarsi come piccoli artisti anche quando sarò tornato in Italia.
Possono dei valori di amicizia, di solidarietà, di giustizia, di pace passare attraverso dei quaderni di inglese, degli attrezzi da giocoleria e un naso rosso? Io credo di sì. Per me la frontiera si è fatta vicina, la periferia è divenuta centro. Le strade di terra e fango, le baracche di legno e lamiera hanno perso nitidezza ai miei occhi. Sono fuori fuoco. C’è qualcos’altro davanti. C’è che cammino fra le pozzanghere e sento il mio nome gridato nell’aria. E bambini che mi corrono incontro, che mi chiedono un’altra magia, che non mi lasciano andare. C’è che mi sento a casa, come in un piccolo paese dove tutti mi vogliono bene. C’è che nelle famiglie mi invitano a mangiare con loro, a uscire insieme, mi dicono: “Vai già via?”. Si vede che qualcosa è stato seminato. Forse un giorno qualcosa crescerà… Un sogno? Probabilmente non lo saprò mai.
So solo che è pericoloso andare in baraccopoli. E io ci vado armato. Le mie armi sono tre palline da giocoleria, un naso rosso da clown, qualche piccola magia e un sogno più grande di me…
LA CITTÀ DEL SOGNO
La Città del Sogno si trova poco fuori Batumi, una delle maggiori mete turistiche della Georgia, nel terreno di una ex base militare. Verso la fine del 2012, circa 800 baracche di legno, cartone e lamiera sono costruite da famiglie di eco-migranti, che si stabiliscono illegalmente in questa proprietà statale dopo le proteste e le dimostrazioni con cui richiedevano un interessamento del governo alla loro situazione. Qui vivono in condizioni estremamente precarie, senza elettricità, gas, servizi igienico-sanitari e acqua disponibile solo due ore al giorno. E’ il tempo della campagna elettorale per le parlamentari, vinte poi dal partito del Sogno Georgiano fondato da Bidzina Ivanishvili. Grandi sono le aspettative degli eco-migranti nei confronti del nuovo governo, dopo le promesse di ogni tipo fatte dal Sogno Georgiano. Da qui il nome Città del Sogno, con cui la baraccopoli è conosciuta.
Da allora le condizioni della baraccopoli non sono molto cambiate, ma perlomeno le famiglie possono usufruire di una mensa sociale e da un paio di anni si è provveduto al collegamento con la rete elettrica e con l’acqua corrente. In questi ultimi anni, però, il numero di baracche sta rapidamente aumentando. Oggi sono un migliaio, in cui vivono anche molte famiglie povere provenienti dai villaggi di montagna della regione.
La Comunità Papa Giovanni XXIII, presente a Batumi dal 2007, interviene in baraccopoli da 3 anni e mezzo, sostenendo le famiglie più povere attraverso la donazione di beni materiali di prima necessità. Grazie ai volontari in Servizio Civile Nazionale e in Servizio Volontario Europeo, la Comunità è molto vicina alle famiglie della baraccopoli anche con attività di sostegno scolastico, ludiche ed educative, oltre che con la semplice vicinanza umana e la costruzione di relazioni.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!