Partire… dietro una partenza ci sono sempre molteplici motivi che ti spingono a partire. C’è chi parte perché è obbligato, chi per piacere o svago, chi per lavoro e chi per fuggire e dietro la mia partenza ci sono un po’ tutti questi motivi. Inizialmente ero preso solo dal mio interesse personale, dalla presunzione che in qualità di figlio ciò che chiedevo mi fosse dovuto, dal rimborso che avrei ricevuto, dal mio futuro e dalle mie sicurezze. Ora, a mesi di distanza dall’inizio del servizio, posso dire che non è più così.
Il mio viaggio è iniziato con la presunzione di cambiare qualcosa negli altri ed ora invece mi rendo conto che sono i ragazzi disabili con cui vivo che stanno cambiando me. Ogni mattina, quando mi sveglio arrabbiato con il mondo intero, loro riescono subito a cambiarmi umore con un semplice saluto ed ogni sera non vanno via se prima non passano a salutarmi.
Sono immerso in quest’isola bollente e sento che questi ragazzi in un certo senso mi appartengono un po’ come io appartengo a loro. Nonostante questo, mentre li guardo divertirsi, giocare, litigare o semplicemente rincorrersi per qualche scherzo, sento una sensazione in fondo al cuore che non è mai andata via: la sensazione di essere fuori posto.
Spesso mi chiedo cosa c’entro io con questa semplicità, cosa c’entro con la povertà e con tutto questo. Quando li guardo provo un certo senso di vergogna nel capire che io non sono capace neanche un po’ dell’umiltà e della semplicità che li appartiene, eppure la gente li discrimina…
Io però so che disabile significa diversamente abile e allora mi rimetto in gioco, forse l’umiltà non mi appartiene ma vuoi che il buon Dio non mi abbia donato altre abilità? E semplicemente mi rimetto a giocare con loro. A 26 anni mi diverto come se ne avessi 6 e credetemi che non c’è nient’altro di più meraviglioso.
Ogni singolo giorno ed ogni singolo istante i miei ragazzi mi hanno trasmesso quanto sia importante sentirsi amati da qualcuno. Senza saperlo mi hanno aiutato a superare ogni difficoltà che fosse in Italia o qui in Sri Lanka e in silenzio mi hanno chiesto in cambio solo attenzione. Un’attenzione che a volte per il mio egoismo non sono riuscito a dar loro.
Devo ringraziare loro se con me porto via la consapevolezza dell’importanza di sentirsi amati gratuitamente e della riconoscenza verso coloro che mi amano.
Non voglio che questo viaggio finisca, non voglio che si concluda con una scadenza scritta nero su bianco. Lascio in questa terra calda e piovosa, che forse non comprenderò mai fino in fondo, la voglia di tornare in un altro Sri Lanka, in un’altra parte del mondo per rimettermi in gioco con un bagaglio più ricco alle spalle. È stato un viaggio introspettivo e senza fine, a volte doloroso, ma che sicuramente qui non finirà perché questo è il senso del mio viaggio.
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