Fiori e sorrisi, una ricca tavolata, la famiglia riunita attorno alla ventesima candelina… Buon compleanno Simona!
Così lo scorso dicembre, in una fredda Elista ancora senza neve, Simona ha dato il benvenuto ai suoi vent’anni, inaugurando l’inizio di un nuovo capitolo della sua vita. Le pagine confuse dell’adolescenza sono ormai superate ed è tempo di fare spazio ad una consapevolezza più adulta e a scelte dal sapore più definitivo. Simona sorride, intimorita dalle nuove responsabilità.
Le chiedo se le capita di considerare l’ipotesi di tornare, un giorno, a vivere a Marks, nella sua città natale. Per quanto sia emotivamente faticoso riconoscerlo, non ha dubbi a riguardo: tornare dalla sua famiglia d’origine significherebbe ricadere in balia della sregolatezza e delle abitudini poco sane che si è lasciata alle spalle 6 anni fa, quando si è trasferita stabilmente nella Casa famiglia Padre Frenademez di Elista.
A Marks, Simona è cresciuta con la madre, la sorella maggiore, il nipotino e la nonna, unico vero punto di riferimento familiare. Simona aveva 8 anni quando la madre è diventata schiava dell’alcolismo e da allora il sostentamento della famiglia è dipeso interamente dalla modesta pensione della nonna. “Compravamo soprattutto il necessario per fare il pane in casa, e a volte la pasta. La carne c’era raramente perché era molto cara. Spesso capitava che non avessimo cibo perché i soldi non bastavano.“
A 13 anni Simona ha lasciato la sua casa natale per trasferirsi provvisoriamente in un istituto per minori. Nel frattempo è entrata in contatto con la Comunità Papa Giovanni XXIII e l’anno successivo la Casa di Elista l’ha accolta tra i suoi “figli”, offrendole l’affetto e la guida di una nuova famiglia.
“Quando ancora vivevo a Marks, spesso gli altri bambini mi sputavano addosso e i ragazzini per strada mi gridavano ‘figlia dell’alcolizzata’. Odio quando, ancora oggi, la gente mi etichetta così invece di chiamarmi per nome.”
Simona mi spiega che in Russia l’alcolismo è considerato un fenomeno fondamentalmente ereditario: se tua madre o tuo padre bevono, oppure hanno bevuto in passato, allora anche tu sarai un’alcolista.
“Moltissime persone mi ripetono da anni che prima o poi inizierò anche io a bere, perché ho il gene dell’alcolismo.“
E’ bene puntualizzare che esistono studi secondo i quali la tendenza allo sviluppo di una dipendenza da alcol e sostanze stupefacenti può effettivamente essere trasmessa per via ereditaria. Tuttavia la ricerca scientifica che si pone lo scopo di dimostrare l’esistenza di una predisposizione genetica nei confronti dell’alcolismo non può ancora parlare di risultati certi. Per ora, pare si possa affermare soltanto che esiste una certa familiarità nei confronti dell’abuso di alcol, ovvero che in questo fenomeno complesso e multifattoriale concorra in una certa misura anche una maggiore predisposizione genetica nei soggetti il cui genitore biologico è alcol-dipendente. In ogni caso, ciò che afferma la scienza ha poco a che vedere con quella che pare essere una semplice credenza popolare, priva di attendibili fondamenti concettuali e teorici.
Recentemente Simona ha finito gli studi superiori per diventare insegnante e ora frequenta un corso di logopedia. La sua forza di volontà e il sostegno della Comunità la accompagnano quotidianamente nel ribadire il suo “sì” ad un percorso che le permette di costruirsi un presente e un futuro degni delle sue aspirazioni, sia in campo professionale che sentimentale.
“Per questo provo molta rabbia e frustrazione quando vengo ingiustamente accusata di essere come mia madre e quando mi dicono che finirò esattamente come lei: i fatti mostrano tutt’altro“.
Ringrazio Simona per quello che ha condiviso con me e me ne vado con tante domande senza risposta. È risaputo che l’emergere del fenomeno dell’alcolismo è fortemente condizionato dal contesto socio-culturale, il quale, influendo sulla psicologia collettiva ed individuale, predispone o meno, a sviluppare comportamenti di dipendenza da sostanze. A questo proposito è bene puntualizzare che l’abitudine all’assunzione di bevande alcoliche colloca la Russia nei primi posti delle statistiche a livello mondiale. Secondo un’indagine condotta dall’OMS nel 2014, più del 30% dei decessi registrati nell’anno 2012 sono da attribuire proprio all’abuso di alcol.
Estendendo il caso di Simona alla collettività, mi chiedo dunque se il peso di una tale pressione sociale, unito alla credenza che il proprio destino possa essere già scritto come una condanna nell’eredità genetica, non accresca ulteriormente la probabilità di cedere al vizio che rimane tuttora una tra le principali cause di morte nella Federazione.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!