Con un po’ di tristezza a Natale e a Capodanno non ero in Bolivia. I miei genitori sono andati in Brasile a trovare mio fratello e il richiamo della famiglia è stato forte. Così insieme a mio marito siamo partiti ed abbiamo avuto l’occasione di conoscere anche un pezzetto di un paese ospitale e allegro come il Brasile.
Fortunatamente, prima di partire, io ed Edgar abbiamo avuto la stupenda possibilità di festeggiare il Natale il 18 di dicembre con i tanti piccoli boliviani del Comedor – la mensa – con alcune delle loro mamme, il responsabile Armando, Roberto e i suoi figli, il mio compagno caschetto Tommaso, le assistenti sociali ed alcuni invitati speciali.
Già da due settimane prima della festa si respirava aria di vacanza: il Comedor fin dal mattino si affollava di bambini che, liberi dall’impegno scolastico, venivano per giocare e stare in compagnia. Cosicché per due settimane siamo stati tutti ben contenti di andare alla cancha – il campo da calcio – a correre e a saltare. Dopo la mattinata passata giocando sullo scivolo, a calcio o a qualche altro gioco, ci gustavamo il super pranzo delle mitiche doña Angelica e doña Evelin. Nel pomeriggio, dopo il regolare lavaggio dei piatti e dei denti, iniziavamo le prove per il canto di Natale “con mi burrito habanero voy camino a Belén. Si me ven, si me ven voy camino a Belen…”. Durante le ultime settimane abbiamo ascoltato questo ritornello un centinaio di volte ma i bambini non si stancavano mai di cantarlo e per noi era molto divertente guardarli e ascoltarli. In quei giorni ci pervadeva un’allegria così grande che anche le pulizie diventavano una festa, i ragazzi più grandi sono stati molto collaborativi e il lavaggio del pavimento si è trasformato in un momento di ballo (inevitabilmente reggaeton) e di giochi d’acqua. Anche in cucina c’era aria di festa: Evelin e Angelica, aiutate da alcune mamme, sbucciavano ogni varietà di verdura tra un sorriso e una risata.
Uno dei momenti più attesi è stato quello dello scambio dei regali, prima quelli di Babbo Natale (Tommaso) venuto dall’Italia: spazzolini, dentifrici, matite, pennarelli e Play Station, poi i regali personalizzati donati da una banca boliviana. Il mio compagno Casco Bianco ha quasi rischiato di lasciarci le penne perché è stato travolto dalla contentezza di più di 100 bambini desiderosi di abbracciarlo.
Il 17 dicembre, il giorno prima della festa, è iniziato con latte e panettone per tutti ed è difficile raccontare a parole l’allegria che ci pervadeva anche solo guardando i bambini che mangiavano, chiacchieravano e ridevano tra loro. In quei giorni è stata dura arrabbiarsi per le solite birichinate perché ci dispiaceva guastare un’atmosfera così gioviale.
Infine è arrivato il giorno di festa tanto atteso: la Messa, il canto tanto provato, lo scambio di altri regali, i ringraziamenti, il gioco delle sedie, musica, un super pranzo a base di “picaña” e poi ancora musica. C’eravamo tutti, forse anche più dei 120 bambini della lista; inizialmente temevamo che mancasse il cibo ma alla fine tutti hanno goduto di un abbondante piatto, anche le mamme nel cortile.
In tutta questa abbondanza di contentezza ed esplosione di gioia qualche lacrima di tristezza è scesa al momento di salutare i fratelli “storici” del Comedor come Luz Belen, Luz Maria, Jerusalem e Daniel: il pomeriggio stesso sarebbero partiti per l’Argentina con il papà per vivere là. Luz Belen, la più grande, che spesso si lamentava del Comedor e metteva il broncio un giorno si e uno no, al momento del saluto è stata quella che piangeva di più e mentre i fratelli le tiravano la maglietta perché era ora di andare, lei continuava ad abbracciare tutti più e più volte. Alla fine sono dovuti andare e alle lacrime di Luz Belen si sono aggiunte quelle della cuoca Evelin che per vari anni aveva vissuto in Argentina e sapeva quanto poteva essere difficile l’integrazione in un paese nuovo. “Buona fortuna Luz Belen, Luz Maria, Jerusalem e Daniel. Que le vaya bien!!!”. Nonostante questo momento di saluti la festa è continuata, la voglia di ballare e stare insieme era tanta e anche gli adolescenti più timidi, in disparte e senza farsi notare, si muovevano e ballavano.
Che altro dire… sono state due settimane intense, piene di sorrisi, di abbracci, di belle emozioni e non avrei mai detto che a soli 20 giorni dalla chiusura del Comedor per le vacanze estive non vedo già l’ora che riapra.
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