“Buenas tardes madre”… “Hola Chicos, ¿Qué tal? ¿Cómo están?”
“Buongiorno madre”… “Ciao ragazzi, come va? Come state?”
La madre sarei io, che ho 24 anni, non sono sposata e non ho figli. Ma qui, nel Centro Juvenil de Diagnostico y Rehabilitación di Lima, tutte le ragazze o donne che entrano sono chiamate con un generico “Madre”. Un appellativo che fin da subito trasmette in maniera implicita una richiesta di protezione da parte di chi è donna.
I “chicos” sono invece i ragazzi del Centro peruviano che partecipano al corso di giornalismo portato avanti per tre mesi con altri tre volontari della Pastoral de la Esperanza e della facoltà di comunicazione dell’Università tecnologica del Perù.
Sono venti ragazzi e i primi giorni del corso mi sembravano tutti uguali, non riuscivo a distinguerli l’uno dall’altro visto che vestono tutti la stessa uniforme: una tuta con scritto Poder Judicial, l’organo statale che in Perù gestisce e amministra l’equivalente dei nostri Istituti Penali Minorili. Oltre a essere vestiti tutti allo stesso modo i ragazzi hanno anche tutti gli stessi capelli, neri e rasati.
Dopo qualche settimana inizio però a riconoscerli, ricordandomi i nomi e i cognomi di ciascuno, in base alla partecipazione, al carattere, al modo di parlarmi. C’è chi, dopo una lezione, sfida la timidezza e mi chiede “com’è l’Italia?”, e chi, alla fine di ogni lezione in cui non ha detto una parola, mi saluta stringendomi la mano. E poi c’è chi chiacchiera tutto il tempo, e chi legge concentrato gli articoli che gli porto, nonostante i compagni siano già distratti dopo un paragrafo. Con tutti alla fine ho stretto un buon legame, più che madre sento che potrei essere la sorella maggiore.
L’idea del corso è di creare uno spazio in cui i giovani reclusi possano ricevere notizie dal mondo esterno. Nell’istituto non entrano giornali e le uniche informazioni che i ragazzi ricevono su quello che succede fuori gli arrivano dai parenti che li visitano una volta a settimana e dagli educatori e psicologi che lavorano con loro.
Ho trovato un accordo con la responsabile delle attività gestite da organizzazioni esterne al Poder Judicial, per portare al corso articoli dei principali quotidiani nazionali: devono essere ritagliati e trattare rigorosamente argomenti positivi e non violenti… ma è già qualcosa!
I ragazzi, che alle prime lezioni faticavano a leggere anche solo i primi paragrafi di articoli sportivi, di musica o spettacolo, dopo un mese e mezzo, tramite lavori e giochi di gruppo, leggono e commentano articoli sulle elezioni amministrative peruviane, l’elezione di Evo Morales in Bolivia e quella di Dilma Rousseff in Brasile!
La seconda metà del corso è stata invece dedicata all’elaborazione di notizie e interviste. Per quest’ultime i ragazzi impazziscono! Cominciamo con la semplice preparazione di scenette teatrali in cui il ruolo più gettonato è ovviamente quello del cameraman, che non deve parlare, ma non manca chi si azzarda a fare l’intervistatore o l’intervistato.
Dopo alcune lezioni teoriche sulle tipologie di interviste e le tecniche per l’elaborazione delle domande, passiamo dalla finzione al concreto e i ragazzi intervistano un agente, un educatore, una signora dell’impresa di pulizie e persino una responsabile dell’amministrazione sulle varie esperienze lavorative nel Centro.
Prima della vacanze natalizie, nonostante mancassero solo sei lezioni alla fine del corso, ci siamo infine decisi, volontari e ragazzi, a elaborare e produrre un giornalino. All’inizio avevamo solo il nome: “El Huracán”, “L’uragano”. Poi, proprio con la forza trasmessa dal nome scelto per la testata, i ragazzi si sono attivati per raccogliere informazioni sulle attività dei diversi programmi educativi, scrivere articoli, intervistare persone, correggere bozze, passare al computer i fogli scritti a mano chiedendo un permesso speciale ai loro educatori per utilizzare il pc.
Ce la facciamo, o meglio, ce la fanno! Scrivono tutto loro, io e gli altri volontari ci limitiamo solo all’impaginazione e il 17 di dicembre, davanti al direttore, a qualche psicologo ed educatore, alcuni membri della Pastorale della Speranza e Corinna e Vanni di ProgettoMondo Mlal, i ragazzi presentano il giornalino e ricevono un meritato diploma, per poi occuparsi della distribuzione dell’Huracán agli 800 ragazzi del centro!
L’ultima sfida è trovare, prima di andar via, nuovi volontari che possano continuare il corso, e fare sì che tutto non si fermi alla prima edizione. Sarebbe bello ricevere ulteriori uscite dell’Uragano in Italia, al mio ritorno!
Leggi e scarica la prima copia di El Huracan, realizzato dai ragazzi del Centro Juvenil de Diagnostico y Rehabilitación di Lima.
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