Vorrei narrare del sorriso di un bambino in un paese che lotta per crescere.
Vorrei narrare di famiglie che non hanno soldi per mangiare e dell’immensa dignità delle persone povere.
Vorrei narrare di case senza tetto né pavimento e di bambini sporchi di fango.
Vorrei narrare di latte e uova venduti dai contadini agli angoli delle strade e di bar e locali in cui solo gli uomini possono entrare.
Vorrei narrare di tombini aperti e di case che si allagano quando piove.
Vorrei narrare di calzini bucati e di piedi sporchi, di vestiti stesi ad asciugare in mezzo alla strada.
Vorrei narrare di un paese che ha una moneta nuova, ma ragiona ancora con i soldi vecchi.
Vorrei narrare di famiglie sotto vendetta e di persone che girano per strada con in tasca una pistola.
Vorrei narrare di vedove emarginate dalla società, costrette a tirar su i figli completamente da sole.
Vorrei narrare di strade non asfaltate e di suv da migliaia di euro.
Vorrei narrare di un paese che guarda con gli occhi sbarrati una donna alla guida di un furgone.
Vorrei narrare di bambini che non riceveranno nessun regalo per Natale, anche se hanno fatto i buoni, e di padri che buttano i soldi nell’alcool.
Vorrei narrare di famiglie che non hanno nulla, ma quando le vai trovare aprono una nuova bottiglia solo per te.
Vorrei narrare di persone che, quando sognano una vita migliore, sognano ancora l’Italia.
Vorrei narrare di un paese che vuole entrare a far parte dell’Unione Europea e di un primo ministro che all’Onu afferma che il fenomeno della Gjakmarrje è quasi completamente estinto.
Vorrei narrare di uno stato che festeggia cento anni di indipendenza, ma se parli coi giovani ti dicono “…e ancora stiamo messi così”.
Vorrei narrare del cielo dell’Albania e delle stelle che a Milano non si vedono più.
Vorrei narrare di un paese dove la statua dei cinque eroi nazionali è stata tolta dal centro di Shkoder per essere messa vicino a una discarica.
Vorrei narrare di uno stato che riempie le strade e le piazze di luci natalizie e poi toglie la corrente nelle case di chi paga la bolletta ogni mese.
Vorrei narrare di me che cammino per strada fumando una sigaretta e a braccetto con una ragazza con grave ritardo mentale.
Vorrei narrare dello sguardo della gente che ti giudica, nell’ordine, una prostituta, una poco di buono, una ragazza facile, una che dovrebbe vergognarsi di quello che fa e della gente con cui si accompagna.
Vorrei narrare dello sguardo di altre persone, che ti fanno capire che quello che stai facendo forse poi così male non è.
Vorrei narrare di bariste che non hanno la minima idea di chi tu sia, ma quando paghi il conto ti abbracciano e ti baciano come se fossi loro figlia.
Vorrei narrare di persone che riescono a farti sentire a casa, anche quando a casa non sei.
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