“Entérese de la verdad, sin odio ni venganza, con profundo rigor histórico” (conosci la veritá, senza odio né vendetta, con profondo rigore storico). É questo l’invito recitato nella locandina pubblicitaria del film-documentario “Pinochet”, proiettato durante l’homenaje ad Augusto Pinochet realizzato lo scorso 10 giugno presso il teatro Caupolicán di Santiago del Cile. L’evento ha visto la partecipazione di circa un migliaio di sostenitori del dittatore, nonostante per diverso tempo molte associazioni civili e politiche avessero sollecitato il governo affinché proibisse quest’atto di esaltazione alla memoria del dittatore.
L’evento, organizzato dalla Corporación 11 de Septiembre e dalla Unión de Oficiales en Retiro de la Defensa Nacional, due piccole e poco note associazioni di ammiratori del generale deceduto nel 2006, ha sollevato forte dissenso e indignazione tra i cittadini, sfociando in accesi scontri tra Carabineros e manifestanti, rappresentanti di organizzazioni per la difesa dei diritti umani e l’Associazione dei familiari dei detenuti e scomparsi (AFDD).
Il film, che celebra la dittatura militare del generale (1973- 1990), prende in esame le circostanze politiche che hanno preceduto il colpo di Stato appoggiato dagli USA contro l’allora presidente socialista Salvador Alllende, l’11 settembre del 1973.
Secondo l’autore del film, Ignacio Zegers, Pinochet non è stato semplicemente un dittatore spietato, come viene raccontato nella storiografia ufficiale, ma una figura piú complessa che con il suo golpe avrebbe salvato il Cile dal comunismo. “Siamo felici perché siamo stati in silenzio per 20 anni, ascoltando travisare la storia” afferma Juan Gonzáles, uno degli organizzatori dell’incontro, il quale nega perfino le violazioni dei diritti umani avvenute durante il regime.
Entrate tra i 6 e i 24 euro, per assistere alla proiezione, la prima in Cile. Tra i più illustri invitati all’evento l’ex ministro della dittatura Alfonso Márquez de la Plata e i nipoti del dittatore Rodrigo García Pinochet, il quale era con suo nonno il giorno dell’attentato del 1986, e Augusto Pinochet Molina.
Mentre fuori circa tremila manifestanti scandivano slogan come ‘Assassini, assassini”, all’interno del teatro il gruppo di nostalgici si fomentavano alla vista di un film che decanta i meriti e i fasti della sanguinaria dittatura di Pinochet, morto di vecchiaia nel suo letto, a 91 anni senza mai essere stato punito per i suoi crimini.
Il Presidente della “Associazione 11 settembre, ha sottolineato che obiettivo del documentario di Ignacio Zegers è “mostrare la verità al Cile” ed evidenziare che il regime di Pinochet aveva “ristabilito pace e libertà, facendo fallire il terrorismo”. ”E’ un atto per rendere onore alla storia” ha affermato invece il nipote del dittatore, Augusto Pinochet Molina, in compagnia di circa tremila militari, ex militari e appartenenti ai settori dell’estrema destra. Tra i vari invitati stranieri che hanno assistito alla celebrazione presente anche Miguel Méndez, nipote di Blas Piñar, ex ministro del dittatore fascista spagnolo Francisco Franco e Joseph Torres, cosiddetto “presidente della gioventù cubana in esilio”.
La proiezione, apparsa come una provocazione al popolo cileno, vittima di una dittatura feroce durata 17 anni, ha riacceso molti animi, scatenando non solo l’ira degli oppositori ma anche quella dei sostenitori di Pinochet che con questo evento hanno rivendicato il diritto alla libertá di espressione, in forte contrasto con i parenti delle vittime che avrebbero invece voluto che l’evento fosse vietato.
Ai settori più combattivi dell’antifascismo cileno, in seguito alla posizione presa dalle istituzioni, non è rimasta altra opzione che quella di tentare di contestare, di disturbare l’oltraggiosa cerimonia protetta da centinaia di Carabineros in assetto antisommossa. Centinaia di manifestanti hanno tentato di scavalcare le transenne poste intorno al perimetro del teatro ma i celerini hanno risposto con violenza dando inizio a violenti scontri che si sono protratti a lungo.
A causa dell’impossibilità per i contestatori di accedere al teatro, alcuni gruppi di manifestanti hanno allargato il raggio della protesta a tutto il centro di Santiago, affrontati dai reparti antisommossa che hanno usato abbondanti dosi di manganello, gas lacrimogeni e cannoni ad acqua. Alla fine della giornata numerose persone sono state arrestate , circa 64 i detenuti , e molti manifestanti sono stati feriti, alcuni in modo serio. Anche alcuni uomini dei reparti speciali della Polizia e dei Carabineros hanno dovuto farsi medicare.
Da parte loro gli estremisti di destra hanno avuto grosse difficoltà ad abbandonare il teatro una volta finito l’omaggio: la maggior parte sono stati evacuati sotto scorta in autobus messi a disposizione dalla Polizia oppure hanno dovuto aspettare parecchie ore per andarsene. Non sono mancati neanche scontri diretti tra oppositori e partecipanti all’evento: qualcuno tra questi ultimi non ha esitato a sparare in aria colpi da arma da fuoco per farsi strada in mezzo alla folla, senza preoccuparsi troppo delle possibili conseguenze.
Ma era prevedibile che tale omaggio non potesse essere accettato dalle famiglie delle vittime del regime, per le quali non é mai stata fatta giustizia. Piú di 350 casi di sparizioni, torture, detenzioni illegali e cospirazione avvenuti nel periodo dittatoriale sono infatti ancora aperti.
Secondo i documenti ufficiali durante la dittatura di Pinochet ci furono 3.225 tra morti e desaparecidos, e quasi 40 mila vittime di prigionia e tortura. Non tutti i responsabili hanno risposto per le proprie azioni, dato che solo 76 agenti delle Forze di sicurezza sono stati condannati per violazioni dei diritti umani.
L’homenaje del 10 giugno ha generato un profondo dibattito all’interno della societá cilena riguardo i limiti alla libertá di espressione. Se infatti l’AFDD, insieme ai principali dirigenti dei Partiti di opposizione ha chiesto senza esito che l’atto fosse proibito, l’amministrazione dell’attuale presidente Sebastián Piñera non ne ha invece impedito lo svolgimento, argomentando che in Cile “esiste il legittimo diritto ad esprimersi”, ma prendendo allo stesso tempo le distanze dalle celebrazioni. “Non sosteniamo né osteggiamo la manifestazione” ha detto il premier, affermando che non vi sono leggi che possano impedire a qualcuno la libertà di espressione in democrazia. Gli ha fatto eco il ministro Andres Chadwick, portavoce del governo ed ex collaboratore di Pinochet, affermando che “nel nostro Paese ed in democrazia esiste il legittimo diritto ad esprimersi”.
Va sottolineato peró che se il sistema legislativo in Cile non impedisce questi atti di apologia alla dittatura pinochetista è proprio perché lo stesso governo a suo tempo non presentò i voti necessari al Congresso per approvare una specifica norma in materia.
Nel video “incriminato”, infine, appaiono immagini dell’attuale presidente Piñera risalenti al 1998, periodo in cui Pinochet era detenuto a Londra per un ordine di cattura internazionale emesso dal giudice spagnolo Baltasar Garzón, che provó ad imputarlo per crimini contro l’umanitá. “Non possiamo permettere che oggi un giudice spagnolo, domani un giudice del Mozambico o di qualsiasi altra parte del mondo, assuma una giurisdizione che non gli corrisponde”, erano state all’epoca le parole di Piñera, che sostenendo ció esplicitava chiaramente la sua posizione riguardo importanti tematiche di diritto penale internazionale.
In tal modo infatti egli negó l’importanza di riconoscere una giurisdizione universale per particolari crimini che per estensione ed efferatezza offendono l’intera comunitá internazionale, come appunto i crimini contro l’umanitá, riaffermando invece il principio della sovranitá nazionale e della competenza statale in materia.
“L’omaggio a Pinochet é un omaggio alla tortura, alla sparizione delle persone e alla distruzione dello stato di diritto” ha affermato senza mezze parole il Premio Nobel per la Pace argentino, Adolfo Perez Esquivel, il giorno precedente alla proiezione. “Il fatto che il governo e altri settori della società civile permettano di rivendicare l’immagine di repressore, torturatore e golpista di un dittatore, dimostra lo scarso interesse a metter fine alla impunità per la violazione dei diritti umani” recita invece un comunicato diffuso dal Servicio Paz y Justicia en America Latina (SERPAJ-AL), l’organismo presieduto dal premio Nobel, che in questi giorni è riunito proprio a Santiago per la sua dodicesima Assemblea continentale.
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