• Caschi Bianchi Apg23, 2012

Brasile Caschi Bianchi

Camminando su strade di terra rossa

Suoni, odori, colori, sapori, tocchi: un viaggio attraverso i cinque sensi nell’esperienza come Casco Bianco in terra Brasiliana

Scritto da Roberta Gallo, CB Apg23 a Castanhal

Il mio viaggio come Casco Bianco in una Comunità Terapeutica in Brasile voglio raccontarlo attraverso i 5 sensi che ancora percepiscono vive le innumerevoli e contrastanti sensazioni che quella meravigliosa Terra ha saputo regalarmi.

Sono sulla rua, la strada. Malmessa, sporca, non asfaltata. Trafficata, colorata, chiassosa. E’ qui che mi incanto ad osservare i bambini che giocano con qualsiasi cosa; qui che ammiro splendide ragazzine già grandi perché madri, non per loro volontà ma perché il caso le ha portate a subire violenze, abusi, sottomissioni, soprattutto all’interno del nucleo familiare.
La famiglia: estesa, destrutturata, promiscua. E’ la donna il suo pilastro portante, assieme ai tanti figli che crescono senza una figura paterna di riferimento.
E’ in strada che mi accorgo della facilità di relazioni ma purtroppo anche degli abbandoni.
Mi rendo conto che qui si vuole ad ogni costo vivere a mille ed è così che sotto incantevoli tramonti e cieli infiniti e stellati si comincia in tenera età a bere, assumere ogni tipo di droga, inalare e “sballarsi” con qualsiasi sostanza si riesca a trovare. Ci si prostituisce e si ammazza per trovare il denaro necessario a mettere fine alla dignità, alle relazioni, al senso dell’esistenza in un circolo vizioso che non ha fine e che porta alla depressione e al rischio di lasciarci la pelle.

Sto camminando su una strada di terra rossa, cercando di non scivolare nel fango che la pioggia quotidiana ha formato e odo il mio nome. Mi volto e dei bambini mi stanno venendo incontro: mi emoziono quando mi accompagnano alla fermata dell’autobus dopo un pomeriggio trascorso assieme in un centro in cui possono sperimentarsi in qualcosa di buono e alternativo alla strada. Posso percepire pura vita sentendo le loro risate, le loro curiose domande sull’Italia, la loro consapevolezza di vivere in un quartiere pericoloso e degradato a cui cercano di voltare le spalle.

Ci troviamo di notte tra le strade di Castanhal, 70 Km dalla capitale Belèm, a nord del Brasile. Il mio stomaco si chiude nel sentire l’odore di vomito, di fogna, di sudore, di cachaça, un distillato ottenuto dalla canna da zucchero. Coi ragazzi della Comunità Terapeutica che sono a metà del proprio percorso si porta la sopa, una minestra di carne e verdure, e una parola amica a chi in strada ha deciso di viverci, rimanendo con la sola compagnia di una bottiglia e della droga. Qui, ai margini della società e lontano dalle responsabilità si sopravvive.
Tu “dall’alto” assisti a coloro che a terra si lasciano spegnere dal crack, inorridisci di fronte a volti gonfi e sanguinanti, sguardi persi nel vuoto, piedi inguardabili e malformati, e odori, tanti odori che entrano in te violentemente, sconvolgendoti. Ogni cosa del “tuo” mondo e del “loro” mondo viene messa in discussione, manca il terreno sotto ai piedi, non si comprende il perché di tutta questa desolante esistenza.

C’è una mano che stringe la mia, così forte e decisa che mi trasmette una scossa vitale. E’ la stretta che ogni giorno ci scambiamo tutti in CT: preghiamo o semplicemente ringraziamo tenendoci per mano l’un l’altro. E’ in questi attimi che sento un profondo senso di fratellanza: siamo tutti accomunati da un cammino da percorrere insieme e non importa dove ci porterà, ma come decidiamo di faticare, gioire, condividere, sollevarci, conoscerci durante questa scarpinata.
Convivere… vivere con: giovani ragazzi che cercano di dare un senso alla loro vita uscendo dal buio delle dipendenze e anche tu fai un pezzo di percorso terapeutico, scrollandoti di dosso tutto ciò che nella normalità di tutti i giorni a casa tua, ti opprime, ti spegne, ti risucchia, ti omologa.

Siamo a tavola pronti per gustare l’immancabile riso e fagioli e mi sento un’ospite che con estrema delicatezza e doveroso rispetto mi pongo a fianco di questi fratelli. Ci si osserva, si critica, si chiacchera, si ride e curiosamente ci si avvicina sempre più alla conoscenza di chi è l’altro, ma soprattutto di chi sono io.

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