Spesso da chi mi è vicino arrivano curiosità, domande… come passi la tua giornata? che situazioni incontri? come è un paese del terzo mondo?
Mi viene da rispondere, con semplicità, che sto vivendo un’esperienza a 360°, che mi mette alla prova, che mi insegna, mi mette a nudo, cambia la mia visione di molte cose, e solo ora riesco a rendermene conto della fortuna che ho avuto ad aver messo piede in terra africana: Zambia, uno dei paesi più impoveriti al mondo, non solo materialmente ma anche socialmente, con pochissimi stimoli culturali come proiezioni di film, mostre, corsi formative, ma che al contrario presenta alcuni aspetti paese del primo mondo.
Alcune parole caratterizzano le mie giornate. Prima di tutto l’incontro: quello con la casa famiglia dove condivido la maggior parte del mio tempo, con una nuova cultura, con le persone del posto, con i bambini e i ragazzi dei progetti della comunità Papa Giovanni con i quali ascoltarsi, scambiare i pensieri, le provenienze, la cultura, il colore della pelle, e accettare tutte, le tante differenze che con il tempo diventano ricchezze.
Un’altra parola che sento molto è condivisione. Condivisione diretta con il popolo zambiano, con i ragazzi e bambini disabili a cui sono vicino, partecipando alle attività con empatia e attenzione alle piccole cose della vita quotidiana, per quanto possibile accompagnandoli, con umiltà.
E’ un camminare assieme, a contatto con la realtà, spesso fermandosi a pensare, metabolizzare e cercare le risposte che a volte fatico a trovare. Per questo ne parlo, rifletto, mi confronto con gli altri volontari e così si aprono nuovi confini, cammino e mi arricchisco, con nuove conoscenze, nuovi orizzonti.
Se all’inizio mi sentivo pronto, qui, davanti ad alcune situazioni non lo sono, ma ci credo e cerco in tutti i modi di adattarmi e non arrendermi, di guardare oltre le difficoltà che si presentano, oltre la pazienza, i miei limiti, senza scoraggiarmi, specialmente quando incontro sguardi spenti, occhi sofferenti, bambini malnutriti con livelli di povertà inverosimili.
Vivo con semplicità, assaporando l’essenzialità, il vero, l’amore che ci è stato donato, facendo anche i conti con la povertà, la diversità, la disparità di diritti che vedo incontrando le realtà di bambini orfani, entrando nei centri nutrizionali nei compound, nei villaggi di casette di terra. Entro lì, respiro a pieni polmoni e poi ritorno solo, magari davanti ad una pagina bianca di diario, su cui mi ritrovo a tirare le tue somme, a buttar giù i pensieri e a fare i conti con sensazioni ed emozioni che erano abituate ad una realtà occidentale.
Cammino e ogni giorno ci penso, “è una maratona, una bella maratona nell’arcobaleno” in cui gli incontri, i momenti di gioia, i sorrisi dei bambini, gli sguardi d’intesa che vanno oltre le parole, danno forza ai miei passi. Sono provato ma soddisfatto di aver conosciuto un altro angolo di terra da cosi vicino, di avere assaporato la nonviolenza e la solidarietà, donando un mio piccolo contributo. Grazie al Servizio Civile ho avuto la possibilità di viverli sulla mia pelle con i miei occhi ed è proprio vero che “una volta che hai visto non puoi fare finta di nulla”, e così diventa più forte quella voglia di rispettare i miei ideali, di lottare per la pace, convinto che al mondo si passi una sola volta, ed è necessario volersi bene come fratelli, ognuno con le proprie capacità e sogni, come mescolanza di stelle su questa terra.
Questa esperienza sarà per me una traccia indelebile nel cuore, un pezzettino di vita che rimarrà a lungo nella mia mente e di cui devo ringraziare i profumi, i colori, i sorrisi e l’umiltà che ho incontrato in Zambia e che mi ha dato la possibilità di tornare da dove sono arrivato, concludendo il mio viaggio, chiudendo il cerchio, con una valigia di emozioni e speranze.
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