Italia
La nonviolenza oggi. Intervista ad Angelo Cavagna
Intervista a uno dei padri dell’obiezione di coscienza e del servizio civile in Italia: ripercorrendo le tappe della nonviolenza e i suoi fondamenti, per scoprire la trasversalità della nonviolenza ad ogni ambito dell’agire umano. Infine la denuncia contro una politica pubblica che distrugge oggi un modello di servizio civile copiato anche all’estero, e aumenta i fondi per le spese militari.
Scritto da Paolo Arena e Marco Graziotti
Padre Angelo Cavagna è religioso dehoniano, prete operaio, presidente del Gavci (gruppo di volontariato con obiettori di coscienza), obiettore alle spese militari, infaticabile promotore di inizative di pace e per la nonviolenza. Tra le opere di Angelo Cavagna: Per una prassi di pace, Edb, Bologna 1985; (a cura di, con G. Mattai), Il disarmo e la pace, Edb, Bologna 1982; (a cura di), I cristiani e l’obiezione di coscienza al servizio militare, Edb, Bologna 1992; I malintesi della missione, Emi, Bologna; (a cura di), I cristiani e la pace, Edb, Bologna 1996.
Ringraziamo Paolo Arena (paoloarena at fastwebnet.it) e Marco Graziotti (graziottimarco at gmail.com) per averci messo a disposizione questa intervista a padre Angelo Cavagna che pubblichiamo pressochè integralmente. Paolo Arena e Marco Graziotti fanno parte della redazione di “Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta”, un’esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo.
Come è avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza?
Fin dal 1977 avevo iniziato il Gavci (Gruppo Autonomo di Volontariato Civile in Italia), in alternativa al servizio militare, che durava 8 mesi in più del militare. Avevo intenzione di avviare anche il Gavce (Gruppo Autonomo di Volontariato Civile all’Estero). Ma incontrai per caso il senatore Giovanni Bersani di Bologna, che aveva già fondato il Cefa (Comitato Europeo di Formazione e Agricoltura), che sviluppa progetti rurali nel terzo mondo, con il minimo di due anni interi di servizio volontario, e con l’obiettivo, dopo due o tre anni, di lasciare tutto in mano ai locali ben preparati per continuare da soli con tutto l’occorrente: realtà dimostratasi valida. Personalmente, adesso, ho solo l’incarico di assistente spirituale del Cefa. Per ora, invece, continuo ad essere presidente del Gavci.
Per quanto riguarda il Gavci mi sono sempre ispirato a don Milani, per la nonviolenza, oltre a Gandhi, Martin Luther King, S. Francesco d’Assisi, che si oppose alle crociate e ando’ da solo dal capo dei musulmani ottenendo libertà piena di aprire i suoi monasteri nei loro territori, cosicché nella regola del Terz’ordine di S. Francesco (i laici) c’è (o c’era) scritto, tra l’altro: “Non accettino e non portino seco armi micidiali contro alcuno”, ecc.
Quali personalità della nonviolenza hanno contato di più per lei, e perché?
Devo essere sincero: coloro che mi convincono di più sul valore e la necessità della nonviolenza sono stati i soldati e i generali.
Sono stato con i cinquecento dei “Beati i costruttori di pace” di Padova a Sarajevo, in piena guerra, contro tutte le previsioni. Ma il generale dei serbi che controllava quella parte della città non ci lasciava entrare. Nel secondo giorno di blocco il generale accetto’ una delegazione di dieci persone, fra cui il sottoscritto, per dialogare con lui. Diverse persone fecero delle domande gentili, per non urtarlo, e anche lui rispose gentilmente. Ad un’ennesima domanda gentile scoppio’ in un urlo che l’interprete non voleva tradurre. Noi, al contrario, eravamo curiosi di sapere cosa avesse detto. Dopo un po’ fece segno all’interprete di tradurre, che disse: “Ma la guerra è sporca”, come dire: “È inutile fare domande gentili sulla guerra: la guerra è sporca!”. Poi però il generale aggiunse: “Se ho ben capito vi rimane un giorno solo di permanenza a Sarajevo: cosa pensate di risolvere in un giorno solo?”. Mi venne di botto la risposta: “Noi non abbiamo nessuna velleità o presunzione di risolvere i vostri problemi. I vostri problemi ve li risolverete voi. Ma siamo qui a dirvi due cose: non li risolverete con la guerra! Dicendo cosi’ fui facile profeta: dopo poco tempo i serbi dovettero lasciare Sarajevo e portarono con sé anche le ossa dei loro morti, inoltre abbiamo portato con noi una proposta di patti di pace preparata con l’aiuto del professor Antonio Papisca docente del dipartimento dei diritti civili all’Università di Padova, con la proposta di invitare a tali patti anche un Premio Nobel per la pace. Ora io le consegno una copia di tale proposta di pace e, se permette a noi di entrare in città, ne consegneremo copia ad ognuna delle altre parti in conflitto”.
Il generale rispose: “Adesso ho capito il vostro progetto: potete entrare! E io parto subito a dare ordine ai miei soldati che nessuno vi spari”.
Un’altra lezione di nonviolenza me la diedero gli Alpini. Una canzone diceva “Prendi il fucile e vattene alla frontiera. Là c’è il nemico, che alla frontiera aspetta”. Un tempo facevo il prete operaio in agricoltura. In due mungevamo sessanta vacche. Una volta, per passare il tempo, io cantai quella canzone. Intervenne il mio collega: “Vuoi sapere come la cantavano gli Alpini durante la seconda guerra mondiale?”. Io risposi: “Si’, mi interessa”, e lui: “Prendi il fucile e gettalo giù per terra: vogliam la pace, vogliam la pace, vogliam la pace e non mai più la guerra!”.
Altra lezione contro la guerra l’appresi da mia cognata; suo papà era stato soldato in Abissinia al tempo del duce. Una volta tornato diceva: “Alla partenza i comandanti ci dicevano che andavamo a portare la civiltà… Erano gli africani che ci insegnavano la civiltà!”.
Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica?
Al primo posto metterei senz’altro il Vangelo. Ho scritto anche un articolo su “Il Vangelo della pace”. Per lo più non si ha idea della rivoluzione di pace portata da Gesù nel mondo. Al suo tempo a Roma su dieci persone che nascevano otto erano già schiave dalla nascita e per tutta la vita. Gesù disse: “Voi siete tutti fratelli”.
All’inizio del cristianesimo era nato un movimento di giovani obiettori, di cui faceva parte San Massimiliano martire, da me lanciato come martire obiettore, protettore degli obiettori. Ci sono gli atti del processo in cui venne condannato a morte, ripetendo insistentemente: “Sono cristiano, non posso fare il soldato”. Il Gavci ha ancora un buon numero di libretti stampati con gli atti di un convegno nazionale su di lui tenuto al santuario “Madonna della pace” di Albisola superiore, di cui furono promotori Gavci, Caritas Italiana, Pax Christi, Dehoniani, Salesiani. Su S. Massimiliano si veda il libro di P. Siniscalco, Massimiliano, un obiettore di coscienza del tardo impero, Paravia. Gli Atti del martirio di San Massimiliano di Tebessa, sono rintracciabili nella rete telematica.
Altri libri molto interessanti sono: Alberto Trevisan, Ho spezzato il mio, fucile storia di un obiettore di coscienza, Edb (Edizioni Dehoniane Bologna); Erna Putz, Franz Jagerstatter un contadino contro Hitler, Editrice Berti; don Primo Mazzolari, Tu non uccidere, San Paolo edizioni; don Lorenzo Milani, L’obbedienza non è più una virtù, Libreria editrice fiorentina; Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Feltrinelli; Jean-Marie Muller, Lessico della nonviolenza, Ega; Martin Luther King, Io ho un sogno, Scritti e discorsi che hanno cambiato il mondo, Sei; Gandhi: Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; Ernesto Balducci, L’uomo planetario, Ecp; mons. Tonino Bello: Diario della marcia di Sarajevo; Scritti di pace, Edizioni Luce e vita; Dizionario di teologia della pace a cura di Luigi Lorenzetti, Edb; Autori vari, Il disarmo e la pace, Edb.
Personalmente ho curato anche i seguenti volumi che reputo interessanti: Nuove mete dell’azione sociale; I cristiani e la pace; I cristiani e l’obiezione di coscienza al servizio militare. Tutti per Edb (Edizioni Dehoniane Bologna).
Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con più impegno?
Certamente sono tante le lotte nonviolente che vanno sostenute in Italia e nel mondo.
Anzitutto, per l’Italia, il Governo sta letteralmente distruggendo il servizio civile. Ce lo stanno invidiando e imitando altri paesi e noi continuiamo ad aumentare le spese militari e tagliando le spese per il servizio civile, come pure la sanità, la cooperazione internazionale, la scuola, ecc.
Quanto al servizio civile non è che manchino i giovani disponibili, semplicemente si tagliano i soldi e gli ammessi al servizio civile sono già ridotti dai 40.000 di pochi anni fa ai 18.000 previsti quest’anno.
Inoltre va rilanciata con forza la via istituzionale alla pace. Ossia un vero governo continentale e uno mondiale, con il principio di sussidiarietà.
Ciò è già previsto nell’articolo 11 della Costituzione Italiana, che nella prima parte afferma “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, e nella seconda parte: “L’Italia consente, in condizioni di parità con gli altri stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Al contrario, incominciando con la Thatcher del governo inglese, seguita poco dopo da Reagan del governo statunitense, si è data libertà alle multinazionali di fare cio’ che vogliono, ossia i propri interessi, nei loro paesi e nelle altre nazioni. Il che significa l’impero del potere economico-finanziario a livello mondiale e la distruzione del governo civile politico.
Il liberismo economico-finanziario è la vera crisi mondiale di oggi, è la crisi anche del capitalismo, di cui per fortuna si comincia a parlare apertamente.
I problemi di giustizia e di solidarietà oggi sono mondiali e cio’ esige un vero ordine mondiale con il principio di sussidiarietà. È la via istituzionale alla pace. Senza questa il mondo va nella miseria totale.
Cosi’ pure merita un’attenzione particolare la lotta nonviolenta in atto in Palestina con la collaborazione tra gruppi israeliani e palestinesi. Vi sono gruppi, da una parte e dall’altra, che sono contrari alla guerra e lavorano insieme pacificamente per una soluzione nonviolenta: due popoli e due stati, con rispetto reciproco.
Nel Gavci è presente il signor Mauro Lamberti che è stato più volte in Palestina incontrando i vari gruppi, e poi ha organizzato qui in Italia incontri di informazione e formazione su tale questione, con la presenza contemporanea di rappresentanti sia israeliani che palestinesi i quali si esprimevano in modo meravigliosamente consenziente.
Inoltre il Gavci aderisce alle seguenti campagne di lotta nonviolenta: Comitato “Energia e democrazia – No al nucleare”; “Io sto con la pace”, campagna per la pace in Palestina e contro il blocco di Gaza, inaccettabile e controproducente; Marcia per la Pace Perugia- Assisi, “Una nuova marcia per l’Italia” – Comitato nazionale per il L anniversario della Marcia per la Pace Perugia-Assisi. Gli obiettivi e i programmi. Quello che faremo insieme fino al 25 settembre 2011; “Italia: manovra iniqua”, petizione di Sbilanciamoci per tassare le rendite (“La manovra finanziaria,approvata in Consiglio dei Ministri e successivamente in Parlamento è fortemente iniqua, e avrà conseguenze gravissime per i soggetti più deboli”. Lo afferma una nota inviata alla stampa della campagna “I diritti alzano la voce”. La campagna, promossa da 25 organizzazioni del volontariato e del terzo settore italiani, al pari della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, boccia senza mezzi termini la manovra varata dal Governo).
In quali campi ritiene più necessario e urgente un impegno nonviolento?
Come ho già detto: in una riforma radicale dell’Onu e anche dell’Unione Europea.
L’Onu attuale è ancora quella costruita dai cinque paesi vincitori della seconda guerra mondiale sotto la guida degli Stati Uniti. Hanno fatto l’assemblea con i rappresentanti di tutti i governi del mondo, ma che non possono fare la minima legge; votano solo delle dichiarazioni, al massimo delle raccomandazioni, ma che non obbligano nessuno. Anzi, hanno creato, invece, il Consiglio di Sicurezza, l’unico che decide qualcosa, dove si sono messi solo i rappresentanti del cinque paesi vincitori per di più con il diritto di veto singolo. In pratica l’Onu spreca soldi e chiacchiere inutili. L’ha confermato l’ex segretario generale dell’Onu Boutros-Boutros Ghali, in un articolo che lessi su “L’Unità”, mentre aspettavo il mio turno dal barbiere, che concludeva con questa frase che dice tutto: “Le istituzioni internazionali, che dovrebbero garantire giustizia e pace per tutti i popoli, sono a uno stato poco più che embrionale”. In pratica non funzionano.
Lo stesso criterio, finora, vale anche per qualsiasi istituzione sovranazionale, come quella dell’Europa. Al tempo in cui, alcuni anni fa, Berlusconi era coordinatore dell’Europa, il Parlamento Europeo stava costruendo una Costituzione Europea. Si discusse anche se concedere all’Europa una qualche vera autorità continentale, sovranazionale. La conclusione fu: no. Berlusconi si alzo’ dalla sua poltrona centrale e scese in platea ad abbracciare Fausto Bertinotti di Rifondazione comunista esclamando: “Abbiamo fermato il superstato!” Cosi’ il potere continentale, come quello mondiale, non è politico, ma economico-finanziario, guidato dagli interessi privati.
Molte persone ritengono velleitarie queste idee di nonviolenza e di diritto internazionale. Al contrario, ormai molti Premi Nobel per la Pace hanno scritto pagine storiche magnifiche. Si pensi a Nelson Mandela che, dopo 27 anni di carcere per la sua lotta contro l’apartheid in Sudafrica, è stato liberato ed eletto a capo del governo. Si pensi all’Italia prima dell’unità politica, piena di eserciti cittadini e regionali. Fatta l’unità politica nazionale: via tutti questi eserciti, salvo un esercito nazionale.
Oggi tutti si fanno belli dicendo che il mondo è diventato un “villaggio planetario”. Ma io dico che questo villaggio è ancora senza Sindaco e senza un vero Consiglio Comunale, per cui è pieno di problemi e di divisioni culturali, sociali ed economiche. Da qui la necessità di un minimo di vera autorità sovranazionale, per garantire giustizia e pace per tutti gli uomini. Al contrario, un vero villaggio planetario permetterebbe di eliminare tutti gli eserciti (= uso omicida della forza), e sostituirlo con un “Corpo di polizia internazionale” (= uso non omicida della forza), alle dipendenze dirette di un vero governo democratico internazionale, secondo il principio di sussidiarietà, come indicato dal Papa nell’Enciclica “Caritas in veritate” con chiarezza e forza: “Urge la presenza di una vera autorità politica mondiale”, “Occorre realizzare un opportuno disarmo integrale” (nn. 38 e 77).
Quali centri, organizzazioni, campagne segnalerebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia?
Gavci, via Scipione dal ferro 4, 40138 Bologna; Caritas italiana, regionale, diocesana; Loc (Lega obiettori di coscienza), via Pichi 1, 20143 Milano; Associazione Papa Giovanni XXIII, caschi bianchi, via Dante Alighieri, 61013 Mercatino Conca (Pu); Cefa (Comitato Europeo di Formazione e Agricoltura), via Lame 118, Bologna, tel. 051520285; Cipax (Centro Interconfessionale per la Pace) via ostiense, 152, 00154 Roma, tel. 0657287347; Beati i costruttori di pace, via Antonio da Tempo 2, 35131 Padova, tel. 055631629 – 3483323254.
Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali?
Escludere sempre e in ogni caso l’uso omicida della forza. Come ha detto Gesù Cristo a S. Pietro che, nel giardino degli ulivi, aveva tentato di uccidere uno di coloro che erano venuti per arrestare Gesù. Anzi fece subito il miracolo di riattaccare e guarire l’orecchio, dicendo a Pietro: “Metti via la spada, perché chi di spada ferisce di spada perisce”.
In altra circostanza Gesù disse: “Amate i vostri nemici, pregate per i vostri persecutori, non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva”.
Giunto in cima al Calvario, sempre Gesù disse alle sue donne che piangevano su di lui: “non piangete su di me, ma su di voi e sui vostri figli, perché se cosi’ avviene del legno verde, che ne sarà del legno secco?”. Una volta in croce disse al ladrone pentito: “Oggi stesso sarai con me in Paradiso”.
E mentre stava per morire, per coloro che l’avevano fatto condannare a morte (”Crocifiggilo!”) e ancora lo deridevano dicendo: “Tu che ti credi il figlio di Dio scendi dalla croce poi ti crederemo”, Gesù prego’: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello fanno!”.
Eppure un certo uso della forza lo fece anche Gesù quando, presa una frusta, caccio’ i ladroni dal tempio: “Della mia casa di preghiera ne avete fatto una spelonca di ladri”. Ma non uccise nessuno.
E su questo mi diede una bella lezione il generale Bruno Loi, che di “missioni (cosiddette) di polizia internazionale” se ne intendeva (in Libano, in Somalia, ecc.) e mi disse: “Non si possono mandare gli eserciti a fare azioni di polizia internazionale, perché l’esercito, quando parte, va allo sbaraglio: o io sbaraglio te o tu sbaragli me, e il soldato, per formazione e mezzi, deve essere addestrato ad uccidere e ad uccidere bene, altrimenti come soldato non vale. Invece la polizia non ha lo scopo di uccidere, anzi dovrebbe essere dotata di armi intrinsecamente non letali”. Da qui la distinzione essenziale tra esercito (= uso omicida della forza) e polizia (= uso non omicida della forza).
Nell’antico testamento Dio aveva dato come comandamento: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Nel nuovo testamento ha detto: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi e do’ la mia vita per voi”.
È ciò che Gesù ha fatto e hanno fatto con lui tanti martiri della fede e dell’amore.
La definizione della nonviolenza è innanzitutto esclusione di ogni uso omicida della forza, compresa la pena di morte, che già si sta affermando in varie nazioni.
Ma è soprattutto un impegno positivo e fattivo di amore per ogni persona umana. Odio, vendetta, abbandono di chi è nel male e nella miseria non fanno altro che aumentare il male. Non si deve rispondere al male con altro male, si peggiora soltanto il male. Il male va combattuto con il bene, con il dialogo fiducioso, con il perdono, con la solidarietà, con la giustizia, con l’amicizia, con la correzione fraterna.
Quali rapporti vede tra nonviolenza e femminismo?
L’essenzialità della nonviolenza vale sia per l’uomo che per la donna. In genere l’uomo è più grossolano e andante sia nel bene che nel male, la donna, invece, è tendenzialmente più sottile, sia nel bene che nel male.
Quali rapporti vede tra nonviolenza ed ecologia?
Strettissimi! Il Nuovissimo dizionario della lingua italiana, seconda edizione, di Fernando Palazzi, edito dalla casa editrice Ceschina di Milano, dà il seguente significato della parola “Ecologia”: (da casa e discorso) = “Studio della vita degli organismi animali o vegetali rispetto all’ambiente”. Quella che è la natura e l’ambiente degli esseri spirituali, animali e vegetali è la casa degli esseri vitali.
Distruggere le regole della natura e l’ambiente significa distruggere la stessa vita umana, animale e vegetale. Purtroppo sono gli stessi scienziati che da tempo stanno avvertendo che ci stiamo avvicinando a situazioni tali da far sparire la stessa vita umana dalla faccia della terra.
Le stesse bombe atomiche sono ormai distribuite su gran parte della faccia della Terra. America e Russia sono almeno vent’anni che stanno studiando le “Bombe meteorologiche”, ecc.
Gli stati fanno addirittura delle leggi che permettono, e a volte incoraggiano, l’aborto, ecc. Siamo fuori di testa.
Quand’ero più giovane, mi trovavo a Modena e feci per circa cinque anni il prete operaio in agricoltura. Tra l’altro, insieme ad un altro, dovevamo mungere le vacche (una sessantina). Un mattino arrivai alla stalla e cosa vidi? Tutte le vacche in cerchio, una dietro l’altra. Non ne mancava una. Corsi a vedere cosa fosse successo. Al centro vidi una vacca che aveva fatto un vitellino e lo accudiva. Attorno ad essa, alla distanza di due metri, il primo cerchio e dietro tutte le altre in perfetto ordine.
Un’altra mattina, vicino alla stalla c’era il gabbione del toro (un bestione canadese) fatto con spranghe di ferro. Guardando vidi che era entrato un vitellino appena nato che a mala pena stava sulle gambine. Corsi là perché solo che lo toccasse lo avrebbe ammazzato. Cosi’ vidi che il vitellino cercava di avvicinarsi al toro, ma quello si tirava indietro per paura di fargli del male. Entrai, portai via il vitellino e lo ricondussi da sua madre, che continuo’ a curarlo per bene.
Sempre a Modena avevamo un prato con una stalletta dove tenevamo due o tre pecore e anche un caprone. Ogni tanto andavo a vederli; in particolare portavo con me un pezzo di pane e alzavo la mano per farlo vedere al caprone che, come mi vedeva, mi correva incontro, prendeva il pane e lo mangiava. Una volta feci come al solito e il caprone mi corse incontro, ma non guardo’ nemmeno il pezzo di pane, invece mi prese a cornate respingendomi indietro. Non capivo perché facesse cosi’. Guardai intorno e vidi la capra che aveva partorito un caprettino e lui, il caprone, a distanza di sette metri, teneva lontani tutti, persone e animali, mentre la capra accudiva il suo caprettino. Quale lezione di rispetto della vita nascente! È una lezione della natura animale soprattutto per gli esseri umani, che si fan belli a legittimare e, a volte, addirittura a costringere i papà e le mamme ad uccidere i loro figli ancora nel seno della mamma, ad uccidere gli anziani e comunque i parenti ammalati con l’eutanasia.
La nonviolenza, rispetto all’ecologia, esige leggi di giustizia per garantire a tutte le persone, di tutti i popoli, il cibo, l’acqua, la cura della salute, la scuola, l’informazione e l’attuazione di tutti i diritti umani dei singoli, delle famiglie e di tutti i popoli. Occorre unire i popoli nella verità e nell’amore.
Quali rapporti vede tra nonviolenza, impegno antirazzista e lotta per il riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri umani?
Credo di aver già detto tutto rispondendo alla domanda precedente.
Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotta antimafia?
Non sono uno specialista della questione. Ho sentito pero’ persone del sud parlare della mafia come “difensori delle loro famiglie, del loro territorio, della loro vita, mettendo a rischio la propria vita”. Ma i mafiosi fanno un uso omicida della forza armata, lo facessero anche con le migliori intenzioni. E si sa che lottano per i loro interessi, e non per la “difesa” di altre persone.
Sono quindi da incoraggiare i gruppi nonviolenti che lottano contro la mafia con tecniche pacifiche e a beneficio della popolazione civile del territorio. Questi sono da incoraggiare e sostenere.
Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotte del movimento dei lavoratori e delle classi sociali sfruttate ed oppresse?
Credo di poter rispondere positivamente, anche in quanto membro dell’Istituto dei sacerdoti del Cuore di Gesù, fondato dal prete francese padre Leone Dehon, perciò detti “Dehoniani”. Laureato in diritto civile alla Sorbona, si è dedicato con tutta l’anima a promuovere un movimento di giustizia nel mondo del lavoro. Nello sfruttamento non c’era un limite di età: mandavano a lavorare i bambini, per pochi soldi, nelle miniere, 16 ore al giorno; non c’era la pensione, ecc. Non basta qualche elemosina, occorre un pacchetto di leggi di giustizia; mando’ i primi padri del suo istituto a lavorare dove c’erano gli stabilimenti, sia in Francia che nelle missioni. Era un conferenziere molto rispettato e ben documentato. Diceva al clero: “Andate al popolo”. E lascio’ scritto nel suo diario, verso la fine della sua vita, questa frase straordinaria: “Ho partecipato a tutti i convegni sociali (sulla questione operaia) come altrettanti ritiri spirituali, perché non avevo in mente altro che l’elevazione dei piccoli e dei poveri, secondo le esigenze del Vangelo”. Nei suoi libri e nelle sue conferenze denunciava i ricchi che sfruttavano i poveri, in particolare i lavoratori… Purtroppo, dopo la sua morte, quando venne iniziata la pratica di beatificazione, vi sono state proteste verso i vescovi francesi per alcune sue prese di posizione ritenute antisemite, e la beatificazione venne bloccata… Ma padre Dehon non era contro il popolo ebraico…
Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotte di liberazione dei popoli oppressi?
Da tutto il sin qui detto è chiaro che nonviolenza non significa passività di fronte alle ingiustizie, ma esclude l’uso della violenza omicida.
Quali rapporti vede tra nonviolenza e pacifismo?
Non esiste contrasto. La nonviolenza non è passività di fronte alle ingiustizie, ma esige metodi pacifici come ormai dimostrato possibile e fruttuoso da tanti Premi Nobel per la pace.
Quali rapporti vede tra nonviolenza e antimilitarismo?
L’unione politica di una nazione o di un continente rende possibile l’eliminazione della guerra in terra. A chi viene in mente oggi di fare una guerra tra una città e l’altra o tra una regione e l’altra?
Ecco allora la necessità di avere una vera unità politica continentale e mondiale (= via istituzionale alla pace), su cui ha tanto insistito anche l’ultima enciclica di Papa Benedetto.
Quali rapporti vede tra nonviolenza e disarmo?
C’è una risposta molto netta e radicale nella enciclica “Caritas in veritate”, che dice: “Per il governo dell’economia mondiale, per realizzare un opportuno disarmo integrale…, per garantire la salvaguardia dell’ambiente…, urge la presenza di una vera autorità politica mondiale” (nn. 38 e 77).
Appunto perché è necessario riformare l’Onu, attribuendole un minimo di vera autorità sopranazionale, democratica e secondo il principio di sussidiarietà, è l’occasione buona per sciogliere tutti gli eserciti del mondo!
Occorre al contrario istituire, un corpo di polizia internazionale (= uso non omicida della forza), pure articolato in modo sussidiario. È proprio l’occasione buona per sciogliere tutti gli eserciti del mondo, con un risparmio di soldi enorme, soldi da usare per fare vivere bene la gente e non per farla morire, come avviene ancora oggi nelle cosiddette “missioni di pace” degli eserciti.
Quali rapporti vede tra nonviolenza e diritto alla salute e all’assistenza?
È proprio la domanda giusta per oggi. Ogni anno la Legge finanziaria aumenta la spesa militare e taglia le spese sociali. Questo avviene in Italia ma anche nel resto del mondo. Addirittura il Fondo Monetario Internazionale, quando dà qualche aiuto monetario ai paesi poveri, lo fa a condizione che i rispettivi governi attuino gli “aggiustamenti strutturali” = tagli alla sanità, alla scuola, al sociale in genere: un vero orrore!
In particolare, qui in Italia, il governo, che a suo tempo aveva fatto una discreta legge per gli obiettori di coscienza al servizio militare e poi per il servizio civile, in pratica di anno in anno ha fatto di tutto prima per distruggere l’obiezione di coscienza al servizio militare e, ora, per distruggere anche il servizio civile, con la scusa che non ci sono soldi. Per forza: aumentano la spesa militare ogni anno! I giovani in servizio civile sono stati ridotti da 40.000 annuali a 18.000. Non sono diminuiti i giovani disponibili per il servizio civile. Sono diminuiti i soldi, per cui il Governo taglia drasticamente il numero dei progetti, pure disponibili.
Quali rapporti vede tra nonviolenza e psicoterapie?
Su questo punto sinceramente non mi ritengo informato e competente.
Quali rapporti vede tra nonviolenza e informazione?
– Angelo Cavagna: Purtroppo, l’informazione a livello mondiale è molto controllata dal potere economico-finanziario, che di solito pensa di più ai suoi interessi che non alla verità, alla giustizia, alla solidarietà.
Con ciò non voglio dire che tutta l’informazione è di tipo disumano. Proprio recentemente ho partecipato ad un convegno su questo problema e diversi giornalisti hanno messo in comune le loro difficoltà ad informare l’opinione pubblica in modo onesto. Certo, alcuni giornalisti ce la mettono tutta per fare un’informazione onesta.
Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione filosofica?
Se non si sta attenti, la riflessione filosofica, ossia il lavoro del cervello umano, si lascia condizionare dai poteri umani che dominano anche sull’informazione, più che attenersi agli autentici valori umani e, particolarmente, ai diritti umani delle singole persone e di tutti i popoli.
La nonviolenza, invece, cerca di attenersi soprattutto alla verità intellettuale e storica, e di ricercare le soluzioni giuste dei conflitti nel dialogo sui diritti e i doveri umani, o con manifestazioni di interposizione nonviolenta, o al massimo, con un intervento di polizia internazionale, come precedentemente indicato.
Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione delle e sulle religioni?
Vi sono religioni che giustificano il “sistema di guerra”. Vi sono addirittura dei fondamentalisti che si fanno promotori di guerre. Ma bisogna anche riconoscere che vi sono religioni contrarie per principio ad ogni guerra, come ad esempio quella cattolica, dal momento che Gesù ha detto ai suoi discepoli: “Andate in tutto il mondo… Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”. Più nonviolenza di cosi’! Eppure si sono inventate le cosiddette “guerre giuste”. Addirittura un grande santo come S. Agostino ha scritto: “Pero’, il giudizio ultimo se la guerra è giusta va lasciato al principe”. Ma chi è quel principe che, se dichiara una guerra, non dica di aver ragione lui? Su tutta questa questione vi sarebbe molto da dire, motivo per cui rimando, per chi volesse, alla lettura di un mio libro dal titolo I cristiani e la pace. Rivivendo la “Pacem in terris” (Edizioni dehoniane Bologna), dove la tratto a fondo citando anche molti altri autori della storia religiosa.
Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull’educazione?
Purtroppo è una questione pressoché ignorata nelle famiglie, nelle scuole e nelle parrocchie (salvo rari casi!). È tempo di alzare la voce.
Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull’economia?
Il potere economico-finanziario è quello che, di fatto, sta alla base del “sistema di guerra”. Si pensi solo al titolo di un film di Alberto Sordi: “Finché c’è guerra c’è speranza”.
Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sul diritto e le leggi?
I diritti umani e le leggi di giustizia stanno alla base delle lotte nonviolente.
Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull’etica e sulla bioetica?
La nonviolenza è contro ogni violenza sulla vita umana, dal concepimento alla morte naturale, e contro ogni violazione della vita morale in generale.
Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sulla scienza e la tecnologia?
La nonviolenza , di per sé, non è contro la scienza e la tecnologia; anzi le orienta al servizio del bene e della pace personale e sociale.
Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione storica e alla pratica storiografica?
Anzitutto la nonviolenza ha già scritto pagine storiche magnifiche: Gesù Cristo, Gandhi, Nelson Mandela, ecc. Ma c’è ancora molta altra strada da compiere, per farla finita con tutte le guerre che sono ancora in atto e per costruire una mondialità di pace e fraternità.
Tra le tecniche deliberative nonviolente ha una grande importanza il metodo del consenso: come lo caratterizzerebbe?
Bisogna partire dal fatto che anche in situazioni di guerra esistono già diversi gruppi che, inorriditi dalle violenze belliche, stanno lavorando per costruire e promuovere gruppi e movimenti pacifici disposti a collaborare tra loro.
Ad esempio in Palestina, stanno già nascendo gruppi di israeliani e palestinesi che gi’ si incontrano tra loro, condividono proposte di soluzione politica pacifica e partecipano anche all’estero in iniziative di informazione unitaria su tali prospettive. Li ho visti personalmente anche qui in Italia.
Nel mio piccolo ho partecipato alla missione a Sarajevo di interposizione nonviolenta dei cinquecento organizzata da “Beati i costruttori di pace”, un gruppo nonviolento di Padova: al contrario di quanti ci volevano far desistere da questa iniziativa ritenuta impossibile, invece siamo arrivati e dopo l’incontro con il generale dei serbi siamo entrati senza che nessuno ci sparasse.
Non solo, ma dopo, sempre i “Beati i costruttori di pace” hanno creato in Sarajevo un gruppo permanente di una decina di persone che ogni tanto si scambiavano. Io pure vi partecipai e alcuni del gruppo andarono ad incontrare tutti i gruppi delle varie parti in guerra che pero’ facevano azioni positive di solidarietà. A quel punto proposi di invitare tutti quei gruppi insieme nella nostra sede e ne vennero una ventina che non finivano più di ringraziarci: “Questo è l’unico posto dove possiamo ancora guardarci in faccia!”. Prima di tornare a casa in Italia, il gruppo dei musulmani mi invito’ a tenere una conferenza nella loro sede, dove si erano riuniti un grande numero di ascoltatori e mi presentarono come teologo cattolico. Parlai in italiano con una traduttrice in lingua slava e andò bene.
Tra le tecniche operative della nonviolenza nella gestione e risoluzione dei conflitti quali ritiene più importanti, e perché?
Certo non basta una iniziativa sola. Bisogna essere costanti e fare come Nelson Mandela in Sudafrica contro l’apartheid, che fu addirittura messo in prigione e resistette 27 anni. Chissà quante volte gli amici gli avranno detto: “Ma cosa speri ancora?”. Ebbene, dopo 27 anni, fu liberato dal carcere, fu eletto a capo del governo del suo paese e abolì l’apartheid!
Non possiamo pretendere di risolvere tutto con una marcia della pace o altre iniziative. Bisogna fare come Gandhi, Nelson Mandela e altri: “col tempo e con la paglia maturano anche le nespole” dice un proverbio. Bisogna credere nella pace e avere costanza.
Come caratterizzerebbe la formazione alla nonviolenza?
Trovo difficile rispondere a questa domanda. Ci sono tante forme possibili. Importante è crederci e fare il possibile per trasmettere tale convinzione nel modo più sincero e coerente possibile.
Quali esperienze in ambito scolastico ed universitario le sembra che più adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?
La cosa più conveniente mi sembra quella di chiamare un vero competente, convinto e insieme testimone della nonviolenza.
I movimenti nonviolenti presenti in Italia danno sovente un’impressione di marginalità, ininfluenza, inadeguatezza; è cosi’? E perchè accade? E come potrebbero migliorare la qualità, la percezione e l’efficacia della loro azione?
Io penso che tale impressione possa dipendere dal relatore, ma penso che tale fatto dipenda più dal pubblico. Oggi l’Italia ha raggiunto un certo benessere. Quando una nazione arriva a questo punto, io, da vari anni, penso che inizi la decadenza. E mi sento incoraggiato da un salmo il 49 (48) dell’Antico Testamento che dice questa frase: “L’uomo nella prosperità non comprende. È come gli animali che periscono”. Purtroppo siamo in questa situazione, sia dal punto di vista religioso che sociale. Si corre dietro alle stupidate e si perdono i valori.
I movimenti nonviolenti dovrebbero dotarsi di migliori forme di coordinamento? E se si’, come?
Senz’altro. Si può sempre fare più e meglio. Pero’ penso che vale anche qui la risposta alla domanda precedente.
I movimenti nonviolenti dovrebbero dotarsi di ulteriori strumenti di comunicazione? E con quali caratteristiche?
Penso che valga anche qui la stessa risposta.
Nonviolenza e istituzioni: quali rapporti?
È dal 1977, quando ho iniziato il Gavci (Gruppo Autonomo di Servizio Civile in Italia), che lotto con le istituzioni. Prima facevano di tutto per mettere in difficoltà gli obiettori di coscienza al servizio militare; ora per il servizio civile ogni anno in finanziaria diminuiscono i soldi, mentre aumentano ogni anno le spese militari.
Nonviolenza e forze politiche: quali rapporti?
Ci sono rapporti non difficili, anzi in alcuni casi buoni, con rappresentanti di forze politiche locali. È con quelle nazionali che non vanno bene, per i motivi suesposti. Anzi, la signora Draghetti, Presidente della provincia di Bologna, ci ha dato sala e patrocinio della Provincia per un convegno nazionale sui valori di “Pace e nonviolenza” contenuti nell’Enciclica del Papa “Caritas in veritate”. Ogni anno la Provincia di Bologna promuove il “mese della pace”; in pratica, quasi in ogni Comune, si tiene un convegno sulla pace e la nonviolenza. Anzi, lo scorso anno proprio la Provincia ha tenuto un convegno sulla nonviolenza e, in particolare, sulla “Via istituzionale alla pace”, da me sostenuta in un incontro.
Nonviolenza e organizzazioni sindacali: quali rapporti?
Non abbiamo particolari rapporti.
Nonviolenza e agenzie della socializzazione: quali rapporti?
Idem.
Nonviolenza e amicizia: quale relazione? E come concretamente nella sua esperienza essa si è data?
Di amici ne ho tanti, anche per quello che riguarda la mia attività nel campo della pace e della nonviolenza.
Nonviolenza e percezione dell’unità dell’umanità: quale relazione e quali implicazioni?
È un tema che mi sta molto a cuore e che realizzo nel campo della cooperazione internazionale con i paesi in via di sviluppo. Personalmente (come ho detto nella prima risposta) lavoro con il Cefa nella realizzazione di progetti di cooperazione con le modalità precedentemente esposte.
Nonviolenza e politica: quale relazione?
Strettissima, nella direzione dell’articolo 11 della Costituzione Italiana, sia nella prima parte: “L’Italia ripudia la guerra” che nella seconda parte: “L’Italia consente, in condizioni di parità con gli altri stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”, che delinea la via istituzionale alla pace di cui ho già parlato prima.
Nonviolenza e vita quotidiana: quale relazione?
Strettissima, nel senso di tener vivo e attivo l’amore verso tute le persone del mondo: dal locale all’universale.
Nonviolenza e cura del territorio in cui si vive: quale relazione?
Pure strettissima, l’ho imparata dalle Acli: “Agire locale, pensare mondiale”.
Nonviolenza e cura delle persone con cui si vive: quale relazione?
Quale cristiano ho ben chiaro l’impegno centrale della vita di ogni giorno come ha detto Gesù: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato e do’ la mia vita per voi. Da questo comandamento dipende tutta la legge e i profeti”. Dopo, perfettissimi non siamo nessuno. Ma almeno cerchiamo di viverlo meglio che possiamo, e il Signore ci sa capire.
La nonviolenza dinanzi alla morte: quali riflessioni?
La nonviolenza, ossia l’amore verso Dio e verso il prossimo, compreso il perdono, è il modo giusto per star pronti alla morte: questa infatti è la fine della vita terrena, ma è insieme l’inizio della vita eterna, come ha detto Gesù al ladrone pentito, che gli aveva chiesto: “Ricordati di me quando sarai nel tuo regno”; a cui Gesù rispose: “Oggi stesso sarai con me in paradiso” per sempre.
Quali le maggiori esperienze storiche della nonviolenza?
Mi pare di averle già accennate nelle risposte precedenti.
Quale è lo stato della nonviolenza oggi nel mondo?
È ancora una prospettiva lontanissima, anche se vi sono realtà nonviolente in varie parti: occorre costanza e decisione.
Quale è lo stato della nonviolenza oggi in Italia?
Ci sono diversi gruppi e si comincia a parlare di nonviolenza anche nelle università. Non disperiamo.
È adeguato il rapporto tra movimenti nonviolenti italiani e movimenti di altri paesi? E come migliorarlo?
Non conosco bene la realtà degli altri paesi. Secondo me è necessario che il movimento nonviolento si estenda in tutto il mondo e soprattutto che venga riformata l’Onu in tal senso, cioè, attuare la via istituzionale alla pace, già presente nell’articolo 11 della Costituzione Italiana, come già chiarito.
Quale le sembra che sia la percezione diffusa della nonviolenza oggi in Italia?
Quasi completamente assente da radio, tv e giornali, viva in un discreto numero di gruppi, associazioni e centri culturali. Occorre, naturalmente, fare di più.
Quali iniziative intraprendere perché vi sia da parte dell’opinione pubblica una percezione corretta e una conoscenza adeguata della nonviolenza?
Mi congratulo innanzitutto con voi, autori di questa iniziativa, pensando che poi diffonderete ampiamente le varie risposte a questa serie di interviste, compresa questa mia.
Nonviolenza e intercultura: quale relazione?
Vedi il discorso sul “Villaggio planetario” affrontato in una precedente domanda.
Nonviolenza e conoscenza di sé: quale relazione?
Dentro ognuno di noi c’è la voce della coscienza, che ti suggerisce quello che devi fare o ti rimprovera se non l’ascolti, è la pace con se stessi, con la propria coscienza, dove il Signore fa conoscere la sua voce e senti la pace del cuore se l’ascolti e non fai violenza alla tua coscienza: è la nonviolenza più intima della tua coscienza.
Nonviolenza e scienze umane: quale relazione?
Anche le scienze umane non sempre sono in armonia con la propria coscienza, alla quale facciamo violenza quando non l’ascoltiamo.
Nonviolenza e linguaggio (ed anche: nonviolenza e semiotica): quale relazione?
Non comprendo bene la domanda; penso comunque si tratti sempre di armonia o contrasto tra voce della coscienza e linguaggio o semiotica.
Nonviolenza e stili di vita: quale relazione?
Uguale alla precedente.
Nonviolenza e critica dell’industrialismo: quali implicazioni e conseguenze?
L’industrialismo, spesso collegato oggi con il liberismo economico-finanziario, crea spesso oggi situazioni di disoccupazione, povertà e ingiustizie che sono autentiche violenze verso tante persone e anche verso l’ambiente.
Nonviolenza e rispetto per i viventi, la biosfera, la “madre terra”: quali implicazioni e conseguenze?
Idem.
Nonviolenza, compresenza, convivenza, scelte di vita comunitarie: quali implicazioni e conseguenze?
Idem.
Nonviolenza, riconoscimento dell’altro, principio responsabilità, scelte di giustizia, misericordia: quali implicazioni e conseguenze?
La nonviolenza esige questi valori.
Potrebbe presentare la sua stessa persona (dati biografici, esperienze significative, opere e scritti…) a un lettore che non la conoscesse affatto?
Nelle risposte precedenti mi sembra di essermi anche un poco presentato, come in un libro delle Edb, edizioni dove ce ne sono anche altri di miei.
C’è qualcosa che vorrebbe aggiungere?
No. Ringrazio di questa possibilità che mi avete dato di esprimermi sull’argomento della nonviolenza.
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