Ora che vivo in qui sarei curiosa di domandare a quanti sono in Italia un commento, un pensiero sull’Albania. Alla partenza in molti mi hanno chiesto: “ma perché proprio in Albania?”, lasciando trapelare un certo pregiudizio verso un Paese che, a mio parere, non potevano dire di conoscere. Ebbene, la mia partenza voleva servire anche a questo: toccare con mano una realtà che non conoscevo, vedere con i miei occhi e cercare di confutare i pregiudizi verso la diversità che l’Albania rappresenta per molti Italiani. Dentro di me ci sono riuscita, la missione è fare capire a chi non vive in Albania quanto di bello ha questo Paese.
La sede della Comunità Papa Giovanni XXIII si trova nel nord dell’Albania, una zona molto vicina alla parte montuosa del Paese e soggetta ad una forte migrazione interna. Un gran numero di famiglie, infatti, si è spostato dalle montagne in città o in periferia per cercare migliori condizioni di vita. Purtroppo la realtà si è mostrata diversa dalle espirazioni iniziali e un grave stato di emarginazione e povertà caratterizza la maggior parte delle famiglie che hanno deciso di affrontare questo cambiamento.
È con queste famiglie che lavora il progetto “Incontriamo la povertà”, e dunque anche io. La condivisione, di cui ci hanno tanto parlato in formazione, non potrebbe essere più diretta. Ogni saluto, ogni sguardo è fonte di gioia per chi lo dona e chi lo riceve: a fine giornata, nonostante la stanchezza fisica, c’è una soddisfazione nel sapere di essersi dati completamente. Non sto parlando in termini di autocelebrazione, anzi le domande sono continue e la messa in discussione credo debba essere un elemento costante per ognuno di noi. Non so se riesco a spiegarmi, ma ogni volta che visito le famiglie mi sento a casa e da molte di loro sento vera stima.
Una delle caratteristiche dell’Albania che da subito mi ha “travolto” infatti, è stato lo spirito di ospitalità. C’è un’attenzione particolare per la persona che entra in casa, forse a volte anche molto rituale, ma venendo dalla frenesia italiana mi è sembrata una tradizione positiva. Anche il senso della famiglia è forte: i nuclei sono piuttosto numerosi, ma si respira un legame profondo, radicato e principalmente basato sulla presenza di un capofamiglia. Sottolineo che si tratta di una figura maschile perché la donna ha, purtroppo, un ruolo piuttosto marginale rispetto all’uomo, nonostante sia la colonna portante della famiglia. È lei, infatti, a crescere i figli, ad occuparsi della terra e della casa e spesso mantiene tutti lavorando fuori casa, in fabbrica o come aiuto cuoco in qualche ristorante.
Il riscatto della donna albanese sta cercando di farsi strada a piccoli passi; la legislazione in sua difesa si sta ampliando, nonostante il gap tra norma e applicazione. Nel nord dell’Albania sono molteplici le associazioni che si occupano della difesa dei diritti delle donne e molte delle conquiste fatte si devono proprio a loro.
Anche la Comunità Papa Giovanni XXIII si occupa di donne, cercando di incentivarne il ruolo e l’autonomia attraverso un progetto che promuove il lavoro artigianale. Le donne delle famiglie più povere, infatti, sono chiamate a realizzare in casa loro borse con stoffe tradizionali, tessute al telaio da donne altrettanto bisognose.
La Comunità sta lavorando anche per aprire un centro polivalente in cui coinvolgere le donne e creare un vero e proprio laboratorio che permetta di rendere più sistematica e formalizzata l’attuale attività produttiva. Questi prodotti, infatti, piacciono molto in Italia, ma per ora vengono venduti principalmente tramite canali informali costituiti da amici e conoscenti: avviare un “piccolo business” sarebbe un grande incentivo per le donne, un passo in avanti per il loro status e l’attività della Comunità.
Nel progetto del centro sono compresi anche spazi per momenti di condivisione e aggregazione in cui le donne possono ritrovarsi, confrontarsi e scambiarsi esperienze di vita.
Per me è una grande gioia assistere e, a volte, collaborare alla crescita di queste attività; tengo molto alla questione di genere che la Comunità sta seguendo e spero che nel futuro il percorso intrapreso possa dare grandi frutti.
I futuri Caschi Bianchi avranno parecchio lavoro da fare e molto altro li attende perché la zona Albania è in continuo fermento e lavora con grande passione.
Da come parlo sembra quasi che il mio mandato stia per concludersi, ma è impressionante come voli il tempo! Mi capita di pensare a come sarà lavorare qui quando tutti i progetti, ora su carta, diventeranno realtà. A chi ha anche solo un briciolo di curiosità dico di provare: è una realtà bellissima quella dell’Albania e della Comunità in Albania.
L’importante è essere motivati e aver voglia di fare, il resto sarà pura scoperta.
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