È lunedì. Sono passati solo due giorni dal terremoto. Santiago oggi ha tentato di ricominciare la sua vita normale, con il trambusto del traffico, la gente che va al lavoro, il pane appena sfornato, ma l’aria e’ pesante e in fondo nessuno riesce davvero a ripartire. Gli sguardi sono appicciati alla televisioni, perennamente accese. I piccoli cumoli di macerie, i vetri rotti, le crepe nei muri ti ricordano che non e’ un lunedí come tutti gli altri, come potrebbe esserlo?
Il dolore e la paura sono presenti. non appartengono a nessun passato…..
Mentre la terra continua a tremare, sono incominciati i saccheggi dei supermercati e di seguito il coprifuoco nelle regioni del Maule e del Bio Bio. Certo, in quei luoghi c’é disperazione, fame, sete, pero’ la situazione ha incominciato a precipitare e a fianco di chi cercava acqua e beni di prima necessitá sono apparsi gruppi organizzati che hanno incominciato a rubare scarpe, cibo, materassi, vestiti, televisioni, frigoriferi e cellulari.
Sono le persone di cui il Cile non parla mai. Tantomeno quando siede al tavolo con le grandi potenze internazionali nascondendo la disuguaglianza nella distribuzione delle ricchezze dietro la maschera dell’inarrestabile crescita economica. Molta di quella gente vive vite di violenza, con stipendi da fame (se hanno la fortuna di avere un lavoro), senza accesso a una salute e una educazione dignitosa, e approfitta del caos post terremoto per far esplodere una rabbia e una disperazione antica e quotidiana. Atti ingiustificabili, ovviamente, pero’ mi sembra che questo terremoto stia portando a galla situazioni che in realtá, troppo spesso, il Cile fa finta di non vedere.
Chissá, in fondo le grandi catastrofi hanno il potere di tirar fuori il meglio e il peggio dell’essere umano. Ci sono le immagini di sciacalli che rovistano nelle case distrutte e rubano nella disperazione della gente. Peró io vedo anche un paese intero che prova a rialzarsi, che solidarizza, che si stringe attorno a chi ha perso tutto, riconoscenedo quel dolore come propri.
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