Sono arrivato a Buenos Aires nel novembre 2008 per un’esperienza di servizio civile presso Acceso Ya, Ong che si occupa di fornire assistenza legale gratuita ai disabili fisici per risolvere i problemi legati all’accessibilità. Un problema, quello dell’accesso ai disabili, che interessa tutte le realtà urbane del mondo contemporaneo, in Italia come in Argentina, dove la presenza di barriere architettoniche discriminano brutalmente le persone con problemi motori, rendendo loro impossibile la realizzazione anche delle più piccole attività quotidiane, come ad esempio prendere un bus o uscire di casa a fare la spesa.
Dopo pochi giorni in città, però, se non ci si limita a fare il turista ma ci si guarda intorno, si è perfettamente in grado di capire il senso delle parole di Nacho, volontario di Acceso Ya, quando dice che quello che affronta Acceso Ya è sì un problema importante, ma un problema da “primer mundo”(da primo mondo).
In un Paese dove 2 argentini su 5 vivono sotto la soglia di povertà, infatti, non passa giorno senza constatare una situazione di bisogno e di indigenza diffusa.
Ovunque si vada, dal centro moderno e contemporaneo dove risplendono le insegne dei negozi e le foto dei personaggi famosi, così come nei quartieri medi o nelle periferie, sono innumerevoli gli insediamenti di emergenza, chiamati villas miserias o barrios cadenciados. Realtà, queste, sorte un po’ ovunque in epoche diverse a seguito delle svariate crisi economiche e che sono ormai circondate da palazzi, insediamenti di lusso e da negozi. (1)
Il più vecchio insediamento di emergenza è la Villa 31, nata nel 1929, situata tra il Rio de la Plata e i binari del treno della stazione di Retiro, dove è vivamente sconsigliato avventurarsi da soli anche di giorno e dopo vivono circa 70.000 persone in condizioni di povertà estrema. Pochi metri più in là si apre agli occhi un altro mondo, in cui i simboli dell’economia capitalista fanno sfoggio della propria ricchezza e indifferenza!
Davanti a questa realtà il mio anno di servizio civile mi è sembrato fin da subito insufficiente. Come potevo rispondere con orgoglio alla domanda “Che sei venuto a fare in Argentina?”, se io stesso provavo un po’ di vergogna nell’essere web master per Acceso Ya, arrivato direttamente dalla ricca Europa al continente latinoamericano …per svolgervi un servizio che potevo fare in qualsiasi angolo del mondo?!
Il bisogno di dare un senso più profondo alla mia presenza a Buenos Aires è diventato in poche settimane una necessità.
Fin dai primi giorni nel Paese sono venuto a conoscenza
di diversi soggetti che cercano di portare aiuto
alle realtà drammatiche degli insediamenti di emergenza.
Incuriosito dal racconto di diverse persone che hanno partecipato
ad una “costruzione”, ho rivolto
la mia attenzione all’ONG Un Techo Para Mi Pais – Argentina.
Un Techo è una ONG che porta avanti
un progetto pan-latino americano,
presente in 15 paesi dell’America del Sud (2),
e che ha come obiettivo quello di aiutare nell’immediato
e ridurre nel lungo periodo la povertà in quei numerosi contesti
fin troppo spesso abbandonati a loro stessi e sfruttati a scopi propagandistici dal governo di turno.
L’attività iniziale del Techo consiste nella costruzione di case di prima necessità per gruppi familiari che vivono realtà di estrema povertà.
A far parte della struttura di questa ONG sono per lo più giovani tra i 18 e i 30 anni – con qualche eccezione si eccede anche la soglia dei trenta – per la maggior parte studenti all’università, un vero lusso in un paese come questo.
É fantastico vedere che grazie ad Un Techo le diverse classi della società argentina possano incontrarsi e conoscersi, arricchirsi a vicenda, abbattere i pregiudizi e cercare insieme una risoluzione al problema della povertà.
La costruzione di case è pertanto la fase culminante di un processo di analisi rigorosa del territorio e dei gruppi familiari residenti nel quartiere, attività che impegna nella sede di un Techo a Buenos Aires solo 10 persone stipendiate e poco più di 100 volontari fissi, ma che al bisogno riesce a mobilitare anche 3000 persone per realizzare una colletta in città.
Le casitas sono costruite da gruppi di volontari, in genere una decina di persone, con cui collaborano i futuri abitanti. Le case hanno pareti e pavimento in legno prefabbricato di 18 mq che poggiano su 15 piloni in legno di 80 cm che, a loro volta, entrano per 60 cm nel suolo; hanno un tetto di lamiera e due finestre di plastica sul davanti. Davvero il minimo indispensabile per vivere in maniera dignitosa, non bagnarsi quando piove e non dormire nel fango.
Personalmente ho avuto modo di partecipare a due costruzioni dopo mesi di collaborazione spesi visitando diverse parti molto povere della periferia di Buenos Aires con l’obiettivo di svolgere interviste e conoscere i gruppi familiari residenti nelle villas, al fine di costruire una scala di urgenza nell’assegnazione delle case. Dal momento che non si hanno mai i fondi per costruire la casa a tutti coloro che ne hanno bisogno, infatti, si costruiscono 10-15 case nello stesso quartiere dando priorità alle famiglie più bisognose. Ogni casa costa all’incirca 4-5000 pesos (1000-1200 euro) e viene donata alla famiglia, che ne paga il 10% e si impegna ad aiutare nella costruzione.
Non so bene quali siano le parole giuste per descrivere cosa si prova dopo giorni di lavoro con la consapevolezza che alcune famiglie avranno l’opportunità di dormire in una casa non umida e più calda di quella in cui stavano prima.
Provo ancora un brivido se penso agli occhi delle bambine che dormiranno nella casetta costruita a Escobar, sapendo che i loro primi anni di vita sono stati spesi in una casetta traballante, in cartone e tavole di legno marce per l’umidità. In particolare ricordo con commozione infinita gli occhi di Norma (una delle persone destinatarie di una casina) bagnati dalle lacrime, mentre realizzava finalmente il suo sogno di possedere una casa dove non entri la pioggia e dove vivere più degnamente con i suoi tre figli, a Malvinas Argentinas, zona molto povera proprio nel mezzo dei quartieri residenziali più esclusivi della città. Suo figlio Pablo di 15 anni ha lavorato per mettere da parte qualche centinaio di pesos e ha costruito personalmente con noi volontari senza sosta la sua nuova casa. Nei suoi occhi la dignità e la soddisfazione di aver fatto tutto con le sue mani.
Queste casette rappresentano solo una piccola goccia nel mare, eppure cambiano davvero la vita di chi ci entra, dando loro più speranza per il futuro! L’assistenzialismo e la compassione caritatevole non sono caratteristiche del Techo, il cui modo di agire è volto a far si che l’esperienza della costruzione sia una “spinta” per la famiglia a credere nella possibilità di poter migliorare la propria condizione senza perdere la fiducia in se stessi.
E allo stesso tempo si offre al volontario un’esperienza che travolge, che violenta l’anima, ridimensionando il modo di vedere ciò che si fa e che si possiede, perdendo ogni pregiudizio riguardo a una realtà “altra” e prendendo consapevolezza dell’ingiustizia che si nasconde dietro la povertà.
L’energia e la voglia di fare è fortissima! Appena si finisce di costruire viene voglia di passare al terreno affianco e di iniziare tutto di nuovo…si fa esperienza che tutto è possibile, che ciascuno può combattere la povertà. E’ una questione di volontà. Nulla più.
L’impegno del Techo non si ferma a questo, la casita è solo l’inizio, la fase Uno…
La fase Due è chiamata “Abilitazione Sociale” e si lavora per fare in modo che queste persone acquisiscano i mezzi per poter uscire dalla loro attuale condizione svantaggiata, stimolando il confronto e la cooperazione tra gli abitanti della stessa area perché siano loro stessi a indicare quale è la direzione da prendere. Un altro aspetto fondamentale della fase due si concentra sulla educazione, sul creare spazi di incontro comunitario, progetti di microcredito e altre attività di utilità sociale, che insieme concorrono a migliorare le condizioni di vita nel barrio.
A tutte queste iniziative, segue la fase Tre, ovvero la costruzione di una casa di mattoni vera e propria dove la famiglia possa insediarsi in maniera ancora meno precaria. Per farlo i fondi di cui si ha bisogno aumentano considerevolmente e al momento solo in Cile (dove è nato Un Techo nel 1997) si è arrivati a questo punto, dopo 12 anni di esperienza e la costruzione di 32.000 case di prima necessità. Grazie a politiche statali più favorevoli ed una diversa situazione politica, si sta cercando di eliminare la povertà estrema entro la fine del 2010!
Questa è la mia testimonianza di oggi: comunicare il piacere di una stanchezza fisica profonda nata dal privilegio di aiutare gli altri, di costruire insieme il futuro al fianco di chi ha preso a cuore in prima persona le condizioni di vita della sua gente scegliendo di essere protagonista del cambiamento sociale, senza delegare ad altri, senza “ma” o “però” che intrappolano i pensieri e impediscono di passare all’azione.
Invito tutti voi a dare un’occhiata alla web www.untechoparamipais.org.ar (3) e a diventare soci del Techo (anch’io lo sono per la modica cifra di 20 euro al mese). Per altre informazioni sul lavoro di un Techo, guardate il video su Youtube di Un Techo Para Mi Pais. Vedrete i volti delle persone che mi hanno spinto ad assumere questo piccolo grande impegno (4).
Note:
(1) Negli ultimi anni il fenomeno degli insediamenti si è intensificato, dopo la crisi argentina del 2001 e a maggior ragione ora con la crisi economica mondiale, che come ogni crisi colpisce più duramente quei contesti già afflitti dalla povertà.
(2) L’ONG declina il proprio nome in base al paese in cui opera, pertanto si ha Un techo por mi pais – Argentina; Un techo por mi pais- Ecuador; Un Techo por mi pais – Perù etc…
(3) Per diventare donatore basta accedere alla sezione “hacete socio” sulla sinistra, visibile nella pagina principale.
(4) Per farsi una idea della attuale situazione economico-sociale dell’Argentina suggerisco la visione de “LA DIGNIDAD DE LOS NADIES”, documentario di Pino Solanas, o altri documentari dello stesso regista (“Argentina latente”, “Memoria del saqueo”).
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!