Argentina Caschi Bianchi

La forza di una madre

Un incontro toccante in un ordinario giorno di servizio.

Oggi il mio lavoro per Accesso Ya consisteva nel visitare e rilevare un condominio in Conesa 775, vicino a una delle arterie più trafficate di Buenos Aires, avenida Cabildo.
E’ un pomeriggio caldo, con un cielo bianco d’opale. Il caos incredibile della città mi confonde i pensieri: Cabildo è un fiume di auto, bus, giacche, scarpe, pantaloni, gonne, volti…

Sta per giungere l’ora dell’appuntamento con la signora Angelina, che ha chiamato Accesso Ya per denunciare il fatto che suo figlio non può entrare e uscire dall’edificio dove abita. L’unica cosa che riesco a pensare è domandarmi se ho preso tutto il necessario per il rilevamento: metro, macchina fotografica, matita, quaderno degli schizzi…Penso: devo fare in un attimo, prendo le misure, faccio lo schizzo, scatto un po’ di foto. Sarei dovuta tornare ad Acceso Ya a terminare la documentazione tecnica per l’inoltro della denuncia all’amministrazione del Parque Tres de Febrero.

Giunta finalmente all’indirizzo datomi dall’avvocatessa, citofono. Viene ad aprirmi una signora di mezza età, piccolina, con un sorriso meraviglioso e due grandi occhi blu, pieni di speranza. Mi aiuta a prendere le misure, a scattare le foto. Quando sto per riporre tutto il materiale nella borsa, mi invita in casa. “Così puoi conoscere Mariano”, mi dice accompagnandomi lungo il corridoio che conduce al suo appartamento. “E’ una casa luminosa”, penso, “abbastanza grande, carina…” Mi guardo intorno curiosa, cercando, allo stesso tempo, di non dare nell’occhio.

Ad un certo punto mi colpisce l’immagine di un ragazzino su una sedia a rotelle, di spalle, con il volto verso la finestra che incornicia un bel giardino, con accanto una signora anziana, con un fazzoletto in testa, il viso antico, senza tempo…Sta dando da mangiare al ragazzo con una pazienza incredibile. Lui non vuole mangiare. “Acà està Mariano, con l’abuela…” mi dice Angelina, “luchando con el nieto…” 1)
Saluto la nonna di Mariano e Mariano. Mariano mi guarda con i suoi occhi blu, pieni di speranza, come quelli della madre, di un blu profondo.
La mamma mi guarda. “Es para el que estoy luchando…”2). Mi mostra la nuova camera di Mariano, l’hanno inaugurata il 14 dicembre. “Dà sul giardino” mi fa notare, “Qui c’è una pace”. D’improvviso mi accorgo che il rumore assordante di Cabildo non c’è più. Sembra un’altra città, un luogo lontano: il luogo che una madre ha creato per suo figlio. “Yo quiero que el tenga todo lo que el merece”. 3)
Mariano non può nè comunicare nè mangiare solo. Sua mamma sta facendo di tutto affinchè a lui sia garantita un minimo di autonomia. In quel momento guardando negli occhi quella madre, che mi parlava, mi sono sentita impotente. Come fa questa madre ad agire con tanto coraggio, tanta forza? Ad un tratto ho capito che forse quello che faccio non è molto…probabilmente è poco, non è tutto…forse qualcosa…
Ancora nella mia mente risuonano le parole della mamma “para que Mariano tenga todo lo que merece…”

Note:

1) ” Qui c’è Mariano, con la nonna…lottando il con il nipote”
2) “E’ per lui che sto lottando”
3) “Io chiedo che egli ottenga tutto quello che egli merita”

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