Caschi Bianchi Tanzania
Adesso ho un nome!
I punti di vista cambiano con la conoscenza, quando i bambini del centro nutrizionale non sono più volti senza un nome. Le relazioni, piano piano, crescono e portano a cambiamenti inaspettati.
Scritto da Chiara Avezzano
La prima volta che sono entrata nel centro nutrizionale ero in compagnia di Silvia, la volontaria che in pratica mi ha passato il testimone, che dopo mesi e mesi vissuti qui ad Iringa, qualche settimana fa è rientrata in Italia.
Il centro nutrizionale di Ngome offre tre volte a settimana il pranzo ad una decina di bambini dei quartieri vicini, tutti di età al di sotto dei cinque anni. Bambini malnutriti, almeno fino a quando non sono entrati per la prima volta nel centro, perché ormai il loro peso è tenuto sotto controllo e si segue attentamente la loro crescita e sembra che, almeno per alcuni di loro, questo piccolo centro abbia fatto miracoli.
Ricordo che la prima volta che ho varcato la porta del nutrizionale, io e Silvia siamo entrate in questa piccola sala; ho visto delle donne sedute per terra su questa stuoia di paglia, accanto ad ogni donna uno o due bambini, accanto ai bambini dei piatti pieni di riso, fagioli, carne, una banana. I bambini stavano mangiando, si sono girati nella mia direzione curiosi di capire chi c’era quel giorno ad accompagnare Silvia, ma sono tornati subito seri al loro piatto e non mi hanno detto nulla. Ricordo che mi ha stupito quella loro serietà, io sorridevo ma loro non rispondevano al sorriso come più o meno fanno tutti i bambini che di solito incontro per strada. Forse erano troppo impegnati a mangiare, o forse per loro non ero che una bianca qualsiasi passata di lì chissà a far che, e non avevano molto interesse a conoscermi o ad accogliermi in maniera particolare. E non potevo biasimarli.
Per me al tempo quei bambini non rappresentavano che un gruppo di persone di cui avrei fatto fatica a ricordare i nomi, degli esserini di cui non conoscevo le storie e che facevano fatica a capire e a ricordare persino come mi chiamavo.
Ce n’era uno che mi aveva colpito particolarmente. Io ero seduta vicino alla porta, e lui mi guardava da lontano quasi intimorito. Per uscire dalla stanza, prese la rincorsa e poi mi passò accanto velocemente, probabilmente per non rischiare di essere toccato. Sembrava che questa bianca sconosciuta gli facesse anche un po’ di senso, chissà, pallida pallida com’era, forse pensava fosse il caso di starle lontano.
In generale mi sembrava mi guardassero tutti con sospetto, forse cercando di capire le mie intenzioni, forse chiedendosi quanto sarei rimasta assieme a loro.
Ora sono passati due mesi dal mio arrivo in Tanzania.
Vado al nutrizionale tutte le settimane, tre giorni a settimana.
Conosco i nomi di tutti i bambini del centro, e conosco le loro madri, le loro nonne, e loro conoscono me, sanno chi sono. So dove abita ognuno di loro, e sono stata anche a trovarli a casa.
Ogni volta Tabitha mi vede e trova sempre un momento, a fine pasto, per venire ad abbracciarmi e per scherzare un po’ con me. Maiko non ha più paura di me, anzi, prima di andare a casa con sua nonna si avvicina e sorridendo mi chiede di prenderlo in braccio e di fargli fare quelle due o tre capriole, come al solito. Poi mi saluta da lontano con la mano e ci diamo un silenzioso appuntamento alla volta successiva. La mamma di Tabitha mi chiama per nome, e Julieta si nasconde dietro il vestito della nonna e mi sorride, giocando a nascondino. Andrea mi fa vedere quello che si è fatto cadendo durante un gioco e Johnny litiga col fratello per venirmi in braccio.
Ho imparato così quanto un posto possa cambiare aspetto se solo vi trascorriamo del tempo, e ho capito che basta poco per sentirsi vicini a delle persone, di cui fino ad un paio di mesi fa non conoscevo nemmeno l’esistenza.
Ormai l’appuntamento del centro nutrizionale è diventato per me un compito piacevole, e sento di essere già legata a quel posto in maniera particolare. Forse perché so che trascorrerò tra quelle mura ancora un bel po’ di mesi, e se in due mesi è già avvenuto in me e nelle persone che frequentano il centro un cambiamento simile rispetto al nostro rapporto, mi chiedo cosa potrà succedere ancora lì dentro nel mio futuro più prossimo.
Per ora sono contenta del lavoro che mi è stato assegnato, e sono curiosa di conoscere quei bambini e le loro mamme ancora meglio di quanto sia riuscita a fare finora.
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