Caschi Bianchi Perù
Donde están tus hermanos?
Riflessioni di una volontaria italiana in servizio civile a Lima, mentre si celebra il processo all’ex presidente e dittatore Alberto Fujimori.
Scritto da Elisa Semperboni
Mentre siamo in cammino verso Ate Vitarte, Lima si sveglia pigramente.
Tutto é come sempre, come ogni mattina dai chioschi pendono le prime pagine dei quotidiani e i cobradores urlano dalle combi (1) il loro percorso, acrobati temerari nel traffico della capitale.
Nessuno sembra essere cosciente del momento storico che sta vivendo il Paese: ci stiamo dirigendo verso la DINOES, centro militare, nel quartiere di Ate Vitarte, Lima, Perú. Qui sta volgendo al termine il processo all’ex presidente e dittatore Alberto Fujimori, iniziato piú di un anno fa. L’accusa: crimini di lesa umanitá in quanto mandante intellettuale dei massacri della Cantuta e di Barrios Altos.
La Cantuta, universitá di Lima: alba del 18 luglio 1992, membri del Servizio di Intelligenza dell’Esercito irrompono nei dormitori e sequestrano nove studenti e un professore. Nessuno di loro é piú tornato.
Un nome su tutti: Raída Condor. Madre coraggio, in lotta da vent’anni, ha visto i suoi capelli imbiancare giorno dopo giorno senza trovare un corpo su cui piangere. Ha saputo che Armando era tra quei nove studenti perché il mazzo di chiavi trovato nella fossa con altri resti umani, ha aperto la porta di casa sua. Posso solo intuire quanto le spalle di Raida si siano fatte pesanti in quell’istante. Voglia di chiudere gli occhi e riaprendoli trovarsi ovunque nel mondo ma non lì, non in quel momento.
Barrios Altos, quartiere di Lima: ore 22:30 del 3 novembre 1991, agenti del Servizio di Intelligenza dell’Esercito assassinano a colpi di pistola 15 persone durante una pollada, tipica festa con musica e grigliata organizzata tra vicini per raccogliere fondi.
Un nome su tutti: Rosa Rojas, madre di Javier, 8 anni, ucciso con suo padre Manuel Isaías, 33 anni. Uno skateboard il ricordo piú caro, il gioco preferito. 130 le pallottole trovate nel luogo del massacro; quattro i feriti, di cui uno condannato a trascorrere il resto dei suoi giorni su una sedia a rotelle, con varie pallottole nel corpo.
La lotta ha il volto di donna. Madri, sorelle, mogli.
La domanda imperativa, pronunciata per loro dall’avvocato Gamarra, a pochi passi da Fujimori : “Donde están tus hermanos?“ “Dove sono i tuoi fratelli?”. Impassibile l’ex presidente, viso di pietra chinato sul foglio, sul tavolo una penna e due evidenziatori, scrive senza sosta. Cosa scrivi presidente? Nessun moto d’emozione, nemmeno quando Gamarra fa scorrere le foto delle vittime; né uno sguardo né un impercettibile movimento.
Tra il pubblico invece la commozione scorre palpabile e incontenibile: numerose le lacrime che scorrono sui volti coraggiosi di Raída, Rosa, Gisella, Pilar, Carmen, Norma. Mani che si stringono, abbracci che consolano e che danno forza, carezze di chi prova il tuo stesso dolore. Senza veritá non ci sará giustizia. Presidente, donde están tus hermanos?
Frazione, porzione minima di una tragedia di tanti, sto avendo l’occasione di vivere da vicino; 69 mila le vittime fatali e i desparecidos in vent’anni di conflitto interno, qui in Perú, tra il 1980 e il 2000.
Numero infinitamente superiore ai desparecidos di Argentina e Chile messi insieme, eppure il mondo non sa, non conosce, ignora.
Un popolo in ostaggio tra due fuochi, l’esercito e le forze armate da un lato e l’organizzazione terroristica Sendero Luminoso-PCP Partito Comunista del Perú dall’altro.
Violenza selettiva, iniqua, mirata: il 40% delle vittime viveva nel dipartimento andino di Ayacucho, il 79% in zone rurali, il 75% parlava solo quechua (2); il conflitto ha esasperato le disuguaglianze etniche e culturali che ancora dividono il paese. Un popolo che si accorge della tragedia solo quando la capitale ne é colpita, nel cuore della sua classe medio alta, come svegliandosi da un sogno. Non tutte le vittime hanno lo stesso peso.
Non chiedono molto Raìda e Rosa, solo giustizia. Nessuna delle vittime di Cantuta e Barrios Altos era terrorista, ingiustamente sono stati strappati dai loro letti, ingiustamente sono stati torturati, ingiustamente i loro corpi sono stati bruciati, ingiustamente hanno sparato sui loro volti, ingiustamente le loro famiglie stanno soffrendo la loro assenza.
Le Forze Armate, nell’affrontare le offensive dei gruppi terroristi, hanno ceduto a una pratica sistematica e indiscriminata di violazione dei diritti umani: esecuzioni extra giudiziali, sparizioni forzate, torture, massacri, violenze sessuali. Abuso di potere, rabbia cieca, necessità di colpire el mucchio, spesso con il benestare di gran parte della popolazione.
Armando e Javier non erano terroristi.
Momento storico quello che sta vivendo il Perú, quasi senza accorgersene; occasione incredibile la mia, essere presente qui ed ora.
Che le vittime trovino riposo, che le loro famiglie trovino pace, che il Perú faccia giustizia, che io possa tornare in Italia orgogliosa di esserci stata quel giorno in cui, in uno dei tanti paesi che siamo soliti chiamare in via di sviluppo, fu condannato un ex dittatore, e con lui il suo governo corrotto e violento.
Note:
(1) Tipico mezzo di trasporto locale.
(2) Lingua originaria delle Ande.
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