Caschi Bianchi Sri Lanka

Sri Lanka: un inizio d’anno spaventoso

Dopo gli ultimi attacchi dell’esercito al territorio del gruppo separazionista delle Tigri Tamil, peggiora la situazione della popolazione.

Scritto da Valentina Ferraboschi

57 persone di 18 diverse famiglie sono arrivate il 31 dicembre a Vannamoddai. Credendo di essere finalmente salvi e di poter festeggiare un inizio d’anno speranzoso.

Non stiamo parlando però di El Dorado o di un Eden sri lankese, parliamo di un edificio, che l’esercito ha adibito a rifugio temporaneo per queste famiglie fuggite, tra le bombe, da un incubo che dura da settembre. Vannamoddai è una paese a Nord Ovest dello Sri Lanka, in una zona recentemente rioccupata dall’esercito. Il conflitto ventennale che consuma l’isola di Ceylon tra l’esercito governativo e il gruppo separazionista delle Tigri Tamil (LTTE) è arrivato ad un apice di crudeltà e alle sue battute finali. Le tigri sono costrette ormai in un piccolo lembo di terra a Nord-Est, nel distretto di Mullaitivu, ultima roccaforte dei ribelli. Insieme a loro, un numero non inferiore a 300,000 civili che continua, da settembre scorso, a spostarsi ripetutamente alla ricerca di un cielo che non sia graffiato dai fumi dei cannoni. L’esercito lanciato nell’offensiva finale per catturare tutto il paese e riportarlo, dopo un ventennio, sotto il controllo dello stesso governo non può e non vuole fermarsi davanti alla richiesta di un corridoio umanitario per le migliaia di civili sotto incessante attacco. Le immagini che alcuni siti riescono a pubblicare, sembrano le medesime da mesi: carovane di famiglie che si spostano tutte verso la stessa direzione, in attesa del prossimo spostamento.

A settembre 2008 il Governo ha chiesto e imposto a tutte le agenzie delle Nazioni Unite e alle ONG nei territori occupati (a Nord-Est del paese) di evacuare le area controllate dai ribelli, perché era impossibile garantire l’incolumità degli operatori. Da quel momento è iniziata l’ultima battaglia secondo l’esercito, che dovrebbe portare alla tanto agognata pace nel paese.
Lo scenario terroristico che potrebbe delinearsi è agghiacchiante. Più drammatica è la crisi umanitaria che il paese vive, queste migliaia di sfollati sono tutti considerati correlati ai gruppi dei ribelli del LTTE. Non appena usciranno dalle zone controllate dai ribelli e raggiungere quelle governative, creandosi da soli un corridoio umanitario (anche se si spara sui civili senza grosse precauzioni), veranno sottoposti a screening e perquisizioni continue. “Va eliminato il pericolo di possibili relazioni con i ribelli”, questo dicono il Presidente e il Segretario alla Difesa, due fratelli.
L’LTTE, le tigri d’altro canto, hanno perso il controllo della situazione, invece che difendere i diritti della minoranza tamil, si arroccano sulle loro posizioni. Hanno continuato in tutti questi mesi a reclutare minori (ragazzi e ragazze, senza distinzione di sesso e dai 13-14 anni di età) per farli unire ad una lotta disperata. Hanno contribuito a mettere in ginocchio un etnia, che ora e’ lantentemente considerata nemica dalla maggioranza della popolazione. I tamil, i civili, quelli che sono solo nell’etnia sbagliata al momento sbagliato, che scappano per non farsi prendere i figli dall’LTTE e che scappano dai controlli incessanti di esercito e polizia in tutto il paese, sono le vittime di un conflitto che non accenna a finire. Dopo la tempesta qui c’è sempre un’altra tempesta, l’arcobaleno non vuole spuntare. E la gente muore. Nei distretti del Nord in questione piu’ dell’80% delle case ricostruite dopo la tragedia dello Tsunami è ora distrutto o danneggiato dai bombardamenti e il 100% di queste abitazioni e’ ora disabitato.

Vannamoddai è il terzo campo di “detenzione” che è stato costruito nella regione di Mannar, Nord Ovest. Queste persone che hanno camminato per giorni, tra le mine, e tra i cannoni, seppellendo famigliari durante il cammino, ora si ritrovano chiusi dentro ad un campo di concentramento fatto di tende e di un edificio dell’esercito. Recinzioni e l’esercito gestisce il campo, le organizzazioni umanitarie possono entrare solo se ottengono il persmesso e per portare il cibo. L’arcobaleno ancora non arriva.

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