Caschi Bianchi Tanzania

La torcia olimpica

La torcia olimpica è transitata in Tanzania, come unica nazione africana. Nazione pacifica, dicono i media. Una pace costruita sulla libertà o sulla repressione e sull’ignoranza?

Scritto da Giuseppe Falcomer

La torcia olimpica è transitata in Tanzania.

Poiché è stata la sola nazione africana insignita di quest’onore l’evento ha ottenuto nei media un’ampia eco e copertura. Il fatto che “ha ospitato con successo e senza problemi la torcia olimpica” e che “nessuna protesta è stata registrata(1).” ha sottolineato ulteriormente l’unicità di questo stato.
La Tanzania è un paese pacifico: probabilmente in questo senso è lo stato africano per eccellenza. In passato, dalla sua indipendenza in poi, non ha avuto nessuna guerra civile né scontri tribali e ha armato l’esercito solamente una volta per autodifesa.
Ha avuto un ruolo importante nella ricerca di pace in Rwanda e Darfur e nelle settimane scorse il presidente Kikwete, presidente in carica anche dell’Unione Africana, ha dato un contributo essenziale alla risoluzione dei problemi in Kenia(2). Infine ha spento l’impeto dei protestanti tenendo viva e splendente la fiaccola.
Il carattere pacifico e l’ospitalità dei tanzaniani sono proverbiali, quasi quanto il valore dei guerrieri Masai, temuti anche dai leoni. E ancora una volta queste caratteristiche sono state confermate.

Un proverbio od un luogo comune, pur contenendo un fondo di verità, nasconde anche dettagli importanti o generalizza in modo fuorviante.
Dopo tre anni vissuti in Tanzania non posso dire di conoscere completamente quella che ritengo ormai essere la mia casa. Ancora non comprendo totalmente la lingua e le sue sfumature, così come molti aspetti culturali continuano a sfuggirmi. Ma qualche piccola convinzione me la sono creata,. È vero che i tanzaniani sono persone pacifiche, dignitosi di fronte alle difficoltà, che sono docili in molte situazioni. Ma in altre diventano estremamente violente.
Gruppi di persone comuni non di rado linciano ladri colti in fragrante(3). Anche nella mia città, Iringa, molte volte mi capita di ascoltare i resoconti di atti di percosse che conducono alla morte. Anche a causa di furti in cui la merce rubata non raggiunge il valore di cinque Euro.
I maestri delle elementari picchiano in maniera sistematica gli studenti e li usano per lavori che sono definibili senza alcun dubbio sfruttamento minorile, violazioni dei diritti dell’uomo e dell’infanzia.
In questi casi tutti stanno zitti: sia gli uccisori del ladro, chi materialmente l’ha picchiato e chi ha solamente osservato, sia i genitori degli studenti. Questi contribuiscono a tramandare il concetto ‘se non picchi non imparano’. Non si tratta delle bacchettate sulle mani e delle altre punizioni degli austeri collegi europei di decenni fa: i maestri che picchiano il più delle volte si limitano a scrivere le lezioni sulle lavagne e poi se ne vanno, l’apprendimento che offrono ai loro allievi è il semplice copiare. E poi bastonare.
Il rispetto e l’autorità, in ogni età e a ogni livello sociale, mi sembrano concetti tanto travisati da essere privati del loro significato, ed il loro potere risulta essere moltiplicato.

A volte il carattere pacifico dei tanzaniani sembra essere sottomissione. A volte il loro silenzio, con le parole e con gli atti, non sembra essere diplomazia ma impotenza. Una sorta di sudditanza a quello che tutti si aspettano da loro. Le tradizioni, la cultura, i loro oppressori e loro stessi.

Se è plausibile affermare che la libertà e la pace viaggiano in coppia, è altrettanto plausibile sostenere che la repressione e l’ignoranza possono portare alla pace. Ma ad una pace apparente, ben fotografabile e narrabile in tutti i continenti: in Italia le immagini della fiaccola le hanno sicuramente trasmesse alla Tv e descritte nei giornali.
Ad una pace che se pur effimera sembra bastare a tutti: ai tanzaniani stessi e al mondo intero.

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