Ma cosa ci veniamo a fare noi wasungu (bianchi) qui in Africa? Ci sono già abbastanza problemi da risolvere in Italia, e senza andare troppo distanti, nelle famiglie di ognuno di noi.
In questi giorni se n’è parlato con alcuni volontari che sono venuti per fare un’esperienza. Agosto è sempre stato il mese in cui Baba Yetu (la nostra casa) si popola maggiormente di visitatori ed è diventata un’Italia in miniatura. Ora siamo in circa 30 persone. Le Marche quest’anno ci hanno regalato molti di questi amici, ma anche altre regioni si battono bene. Nonostante questa varietà di provenienze alcune domande e provocazioni sembrano essere state poste in modo identico. “Che ci vai a fare in Kenya? Anche qui in Italia ci sono problemi!”; “Non penserai di andare a salvare il mondo?”; “Con tutte le malattie che ci sono, perché ci vuoi andare? Non pensi alla tua famiglia che ti vuol bene e ti vuol vedere sano”. E altri 1000 consigli per restare nella nostra cara nazione, così bella e sicura.Allora la sera, chiacchierando attorno al tavolo ci rendiamo conto che ognuno di noi ha ricevuto le stesse domande, provocazioni, accuse. Chi più, chi meno siamo riusciti a dare delle risposte ed ora ci ritroviamo tutti qui a condividere per un po’ questo posto, queste persone, questa realtà. Purtroppo il nostro colore chiaro della pelle non ci farà mai scoprire fino all’osso le sofferenze e le condizioni miserabili degli abitanti delle baraccopoli. E nonostante la nostra condivisione rimanga sempre superficiale, ne veniamo sconvolti, scioccati, delusi. Malattie, violenze, incomprensioni sono all’ordine del giorno. Ma allora chi ce lo fa fare? Non avevano ragione i genitori ad essere preoccupati? In questo momento potremmo essere con la nostra fidanzata, amici a passare momenti sereni e piacevoli….perchè qui? Perchè molti prolungano la data di rientro? Di sicuro qui non è più bello, comodo, conveniente. Ma questo turbine di emozioni piacevoli o meno riesce ad entrare dritto in fondo al cuore e a porci mille domande. Ed è di questo che tutti sono assetati. Il sopravvivere pieni di tutto non ci accontenta. E questo schiaffo alla dignità dell’uomo che qui la gente vive ci trattiene, perchè vogliamo vedere ancora, sentire ancora, chiedere ancora scusa all’uomo per come tratta il suo fratello.
E così ci si rende sempre più conto di quanto siamo fortunati ad essere stati istruiti in una scuola, educati da una famiglia, curati negli ospedali e a conoscere quella parola chiamata “pace”. E allora cari mamme e papà, lasciateci scoprire questo mondo al di fuori della nostra culla di bambagia, perché siamo assetati di conoscere cosa accade ai nostri fratelli quaggiù, ed una volta rientrati a casa il nostro punto di vista su alcune realtà sarà forse un po’ cambiato, cresciuto, maturato. L’augurio è che il nostro piccolo cuore si senta più umile di quando siamo partiti. E questo miracolo qui è possibile che accada e ciò non ha prezzo. Quindi i “rischi”, ingigantiti in Italia, li vediamo rimpicciolirsi man mano che conosciamo meglio questa realtà, perché una volta che uno sconosciuto diventa amico non c’è più timore, una volta che di una strada se ne conosce la direzione non ci si può perdere. Se nel vivere tutto questo siamo sereni, nonostante quello che accade, lasciate che il nostro cuore si riempia di tutto questo turbine di sentimenti. E ringraziamo anche Colui che ci ha fatto il dono di poter assaporare questi momenti indimenticabili.
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