Editoriali

Il grido di pace e nonviolenza di don Lorenzo Milani riecheggia ancora

Il primato della coscienza, posto da don Milani, come luogo supremo dove si vive l’obbedienza alla legge di Dio, di fronte alle leggi violente degli uomini, rimane una consegna sulla via della pace, invito ad attuare una svolta nonviolenta fatta di gesti attivi, quale la costruzione di una difesa popolare nonviolenta.

Scritto da P. Angelo Cavagna (Presidente del Gavci – Gruppo Autonomo di Volontariato Civile Italia*)

Don Lorenzo Milani (1) nel febbraio 1965, si misurò direttamente con il tema della pace allorché scoppiò la polemica attorno al primo giovane cattolico, Giuseppe Gozzini, che si dichiarò obiettore di coscienza al militare.
Gozzini venne condannato l’11 gennaio 1963. Successivamente venne condannato padre Balducci che ne aveva preso le difese, con una sentenza confermata dalla Cassazione nel giugno 1964.
Ciò che fece scattare don Milani fu soprattutto un comunicato diffuso al termine di una riunione della sezione toscana degli ex-cappellani militari che così concludeva: “Consideriamo un insulto alla patria e ai suoi caduti la cosiddetta obiezione di coscienza che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, è espressione di viltà”.
Fu allora che don Milani inviò una lettera aperta agli ex-cappellani militari, in cui denunciava il fatto che fossero stati attaccati “dei cittadini che noi e molti altri ammiriamo”. Poi polemizzava con l’uso del concetto di patria, che ha legittimato armi “che sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove”, rivendicando la lotta nonviolenta dei poveri. Ripercorse le guerre combattute dall’Italia, dove, in nome della patria, si sono permesse tante morti e massacri, servendosi del concetto di obbedienza: “Quella obbedienza militare che voi cappellani militari esaltate senza nemmeno un distinguo che vi riallacci alla parola di san Pietro: «Si deve obbedire agli uomini o a Dio?». E intanto ingiuriate alcuni pochi coraggiosi, che sono finiti in carcere, per fare come ha fatto san Pietro…Aspettate a insultarli. Domani forse scoprirete che sono dei profeti. Certo il luogo dei profeti è la prigione, ma non è bello stare dalla parte di chi ce li tiene”.

La lettera, pubblicata su Rinascita, determina la denuncia di don Milani e del direttore della rivista da parte di un gruppo di ex-combattenti. Il processo si tiene alla fine del 1965. Don Milani non vi partecipa per motivi di salute e invia una lettera ai giudici, di straordinaria densità. Egli motiva la sua posizione come maestro e come prete; sostiene che “l’obbedienza non è più una virtù”, dove l’obbedienza è la giustificazione usata dai militari di fronte all’olocausto degli ebrei e al lancio della bomba atomica su Hiroshima; afferma che di fronte all’altissimo potenziale atomico, dispiegato dalle grandi potenze, “la guerra difensiva non esiste più. Allora non esiste più una guerra giusta né per la chiesa né per la costituzione”. La lettera così conclude: “Poi forse qualche generale troverà ugualmente il meschino che obbedisce e così non riusciremo a salvare l’umanità. Non è un motivo per non fare fino in fondo il nostro dovere di maestri. Se non potremo salvare l’umanità, ci salveremo almeno l’anima”. In realtà la vera questione, che viene posta dalla lettera ai giudici, a partire dal problema dell’obiezione di coscienza, è il rapporto tra legge e coscienza… “Sarebbe fondamentale che tutti i soldati avessero la coscienza di giudicare gli ordini che ricevono. Farebbero saltare tutti gli eserciti”. Il primato della coscienza, posto da don Milani, come luogo supremo dove si vive l’obbedienza alla legge di Dio, di fronte alle leggi violente degli uomini, rimane una consegna sulla via della pace.

Questa presa di posizione di don Milani è un patrimonio preziosissimo soprattutto oggi. Il relativo crollo dell’elettorato del centrosinistra nelle recenti votazioni amministrative lo si deve in parte alle aperture legislative sui e le , quando, come ha detto recentemente mons. Caprioli vescovo di Reggio Emilia, “per la tutela dei conviventi bastano modifiche della normativa civilistica” (2); ma forse più va attribuito alle e all’. Le popolazioni si ribellano all’ampliamento delle basi militari, alla diffusione delle bombe atomiche e in genere alle armi di distruzione di massa. Sono realtà che vanno condannate come irrazionali e anticostituzionali, e tanto più dal lato evangelico.
E’ in pericolo addirittura la sopravvivenza dell’umanità, come dicono ripetutamente gli scienziati.
Cosa aspettiamo ad attuare la svolta nonviolenta (che non è passività!) e a costruire una ?

Note:1. Nella presente presa di posizione mi rifaccio in buona parte alle informazioni contenute in uno scritto di Massimo Toschi, pubblicato nel mio libro I cristiani e la pace, EDB 1996, pp. 41 s.
2. Avvenire, 30 maggio 2007, p. 12.

*Vedi anche: http://www.gavci.it

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