Caschi Bianchi Zambia

Lungo il cammino

Quando potremo camminare insieme per la stessa strada, con la stessa dignità? Scegliere di percorrere un pezzo di strada a piedi può rivelare nuovi orizzonti e aprire nuove relazioni…

Scritto da Davide Donnola, Casco Bianco a Ndola

“Oggi si cambia, oggi ho voglia di camminare”. Mi sono detto quella mattina.
Mi trovo in Zambia, e ogni giorno percorro la stessa strada in macchina per andare ad incontrare i 140 ragazzini scatenati che mi aspettano presso il centro di prima accoglienza del progetto “Speranza”, in lingua bemba Cicetekelo, rivolto al recupero dei bambini di strada.
Era un sabato mattina e quella stessa strada stavolta l’avrei percorsa a passo d’uomo, lasciando andare il mio sguardo sulle mille cose che i miei occhi incrociavano durante il cammino: 4 kilometri che separano il luogo in cui vivo, nelle campagne intorno alla città di Ndola, dai primi centri abitati, anzi dai primi compound delle periferie.
Gli alberi, le distese d’erba e i giganteschi fiori che costeggiano la strada sono interrotti solo da alcuni ingressi di grandi fattorie (per lo più di gente straniera), da piccoli “chioschi” di legno e paglia che vendono un po’ di tutto.

Mi fermo a guardare le rotaie, dove tante persone camminano, utilizzandole come sentiero. I bambini invece ci giocano, e fanno a gara a chi è il primo a sentire il treno arrivare…e poi tutti di corsa dietro ad inseguirlo. A dire il vero i treni qui non sono molto frequenti, e vanno molto molto piano, quindi per metri la corsa dei bimbi regge la potenza delle vecchie locomotive diesel!
Il treno, anche qui come in Italia per me è luogo di riflessione. Questi binari corrono lungo la valle e arrivano in Tanzania, passando fra miserie e baraccopoli tutte uguali fra loro. Vorrei che fosse una strada che porta alla speranza, e che la corsa veloce di quei bambini portasse ad un futuro migliore anche per loro. Ma il mio è solo un pensiero, peccato che di mezzo ci sia questo mondo che fa una fatica boia a cambiare e ad aprire gli occhi e i cuori.
Ma i bambini no, loro aprono gli occhi e le bocche al sorriso!

Con questi pensieri continuo il mio cammino. Incrocio tante persone. Donne con grossi cesti in testa che solo loro sanno tenere in equilibrio, decine di uomini con le bici cariche di carbone di legna che ogni giorno lasciano le loro gocce di sudore su quella strada, che per me, con il solo peso del marsupio, sembra già dura!
Dopo un po’ passa un camion, forse arriva da qualche miniera di rame, che estrae il prezioso metallo che serve per fabbricare un sacco di belle cose, delle quali tra l’altro anch’io sono pieno. Peccato che qui restino pochi spiccioli, e le scorie!La nube nera che esce dallo scarico per un attimo mi fa chiudere gli occhi e il naso. Pochi istanti e l’aria diluisce tutto, e la natura anche per questa volta vince!
E di nuovo rivedo alla mia destra la grande vallata che arriva fino a delle colline verdi che si perdono nel cielo. Si perchè qui siamo a 1200mt, tutto lo Zambia si sviluppa su altipiani.
Ricevo alcuni sorrisi. Rispondo dicendo “Mulishani”(che vuol dire: buon giorno, come va!).
Dall’altra parte due donne mi sorridono, quasi sorprese di sentire un bianco che le saluta così, e mi rispondono “bwuino”(che vuol dire: bene grazie).

Ora il verde si dirada e lascia spazio alle prime “case”, muri di terra, e tetti di pezzi di lamiera, quando va bene. Comincia il compound di Nkwazi, e dalla strada asfaltata partono decine di sentieri-torrenti da cui entano ed escono gli abitanti di quei luoghi. E ancora bambini, ragazzine incuriosite mi guardano, altri ragazzi con lo sguardo minaccioso mi scrutano, come per vedere quanti soldi ho in tasca, oppure pensando a come sia strano vedere un bianco a piedi per quella strada….avrà rotto la sua jeep?

Finalmente arrivo al tratto di strada costeggiato dagli “spaccatori di pietre”. Oggi è giorno di carico! I mucchi di sassi che costeggiano la strada stanno per essere caricati sul camion che in precedenza mi aveva superato. Così il lavoro di giorni e giorni porterà finalmente il suo (misero) frutto. Dalle grosse pietre prese da un monte vicino, una moltitudine di donne e bambini piccolissimi ricava sassi che poi vende come materiale edile.
Io guardo incuriosito la scena già vista altre volte dalla macchina e solo di sfuggita. È per questo che stavolta sono lì, fermo a osservare la fatica di queste operazioni.
Alcune donne mi chiamano:”mzungu!”(che significa: uomo bianco). Mi avvicino e mi danno la pala in mano, sorridendo. Così mi metto a riempire uno dei contenitori, usato come misura, che poi passo ad un’altra donna sopra al cassone del vecchio camion. Faccio un po’ il “pirla”, comunicare non si riesce! Così faccio finta (..ma un po’ è vero), di fermarmi ad asciugarmi i sudori sbuffando!
Le donne ridono, i bambini pure, sono riuscito a comunicare!
Le ultime due spalate e poi stop. Per un attimo sono entrato nelle loro fatiche, e mi sono sentito così nudo di fronte a questa gente, misera ma pronta al gioco e al sorriso, nonostante le tribolazioni!
Così saluto, gonfiando qualche palloncino che avevo nel marsupio (dimenticavo i palloncini…quelli non mancano mai) per i bambini che mi si sono fatti intorno, portandomi via la strana sensazione che ho vissuto. Come avrei voluto parlare la loro lingua, e magari fare una foto con loro, ma davvero mi pare di offendere la dignità che provano a conquistarsi ogni giorno spaccando pietre.

Qualche centinaia di metri ancora e cominciano le prime costruzioni in muratura: è la città.
Le prime ville con muri di cinta alti due metri, filo spinato con tanto di corrente elettrica da restare fulminati, guardiani ai cancelli: chi ci vivrà? A destra la fabbrica della birra Castle, grandissima e sempre aperta. Qua c’è tanta sete o si usa l’alcol per dimenticare le amarezze della vita! Poi il deposito della Coca Cola, anche questo grandissimo. Si trova anche nei compound: la Coca Cola e la birra, magari le medicine no, ma pazienza!
Cominciano a spuntare i palazzoni del centro, lo ShopRite, un mega supermercato all’europea, le mega banche etc. Ed ecco Ndola, con tutte le contraddizioni di una grande città.
Provare a camminare e a soffermarsi con la gente è stato davvero un’esperienza unica. Per qualche istante sono riuscito ad ascoltare la loro voce, e a vedere la loro condizione da un altro punto di vista.
Di certo le distanze fra me e la moltitudine di persone che ogni giorno si sbatte per arrivare a sera in maniera dignitosa sono immense. E ne ho avuto la dura prova dopo pochi giorni, quando ho ripercorso la stessa strada con la mia bici.
Lo stesso asfalto, lo stesso passaggio a livello, la stessa moltitudine di persone che ho incrociato, e gli stessi bambini. Stavolta ero un po’ di fretta ma proprio da quei bambini mi sono fermato. A parte i soliti sorrisi e saluti mi hanno fatto un coretto gridando “Hungry! Hungry!”. E poi “Thousand kwacha!” (1000 kwacha, la moneta locale).
Stavolta non bastavano nè il mio sorriso, nè i palloncini!! Bianco+bici=soldi!?
Poi le donne e i bambini delle pietre e anche qui sosta.
Una di loro si è messa a brontolare contro di me qualcosa e ad indicare la mia bici per poi dire “give me fifty thousands kwacha!”. Ho spiegato che non lavoravo, che ero giusto un volontario del progetto Cicetekelo, tra l’altro molto conosciuto ed apprezzato qui. Una ha tradotto per le altre e la situazione si è un po’ calmata, anche grazie alle caramelle che ho dato a loro!
Che profonda tristezza, che dolore dentro, davvero difficile da digerire e da spiegarvi!

Certo una caramella non risolve i problemi, ma davvero ci si sente impotenti davanti a queste situazioni, e viene tanta rabbia per l’ingiustizia quotidiana che vive questa gente, e che io ho appena sfiorato per qualche secondo sulla mia pelle.
Altro che pietà, solidarietà, sorrisetti. Queste situazioni ti mettono a nudo, e ti lasciano disarmato.
Ma da dove bisogna partire? Chi deve dare le risposte a questa gente? Quando potremo camminare insieme per la stessa strada, con la stessa dignità?
Tante domande, ma nessuna risposta. Quelle le dovremo trovare insieme, mettendo da parte molte delle nostre cose, e scendendo più spesso in quei sentieri dove ogni giorno gli ultimi in ogni parte del mondo rivendicano giustizia e speranza per il futuro…e non solo caramelle e palloncini.

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