Caschi Bianchi Ecuador

L’Ecuador dice basta al Plan Colombia

Il Presidente della Repubblica dell’Ecuador, Rafael Correa, alle ore 11:00 del 24 aprile del 2007 ha presentato al mondo intero il Plan Ecuador

Scritto da Alfonso Zappone

Il Presidente della Repubblica dell’Ecuador, Rafael Correa, il 24 aprile del 2007 alle ore 11:00 ha presentato al mondo intero il Plan Ecuador. Questo progetto ha l’obiettivo di contrastare gli effetti negativi provocati nel paese da quando nel 2000 la vicina Colombia decise di attuare con il beneplacito e il finanziamento degli U.S.A. il Plan Colombia che, concepito per contrastare il narcotraffico e i gruppi illegali armati nel proprio paese, da subito si rivelò essere un progetto fomentante violenza, disordine e dalle conseguenze negative anche nel vicino Ecuador. Numerose, infatti, sono le richieste di rifugio inoltrate al governo ecuadoriano da colombiani in fuga dal conflitto armato (secondo i dati ONU, 14 mila i colombiani rifugiati, 25 mila in attesa di rifugio e 250 mila a rischio di violenze) ed in continuo aumento sono le irruzioni di forze statali della Colombia e di gruppi d’opposizione armata in territorio ecuadoriano. Inoltre, a causa dello spargimento aereo di diserbante (glifosato) per distruggere le piantagioni di coca colombiane sono riportati danni a persone, allevamenti e coltivazioni anche nelle province ecuadoriane di frontiera. Come afferma la Consultoría para Derechos Humanos y el Desplazamiento (CODHES) della Colombia, questo Plan è da dichiararsi un fallimento perché ha riacceso la guerra interna e la fuga di numerosi cittadini. La stessa CODHES sostiene che quando fu presentato il Plan non si consultò né i paesi confinanti né la cittadinanza colombiana.

Ormai da tempo in Ecuador si pensa di opporre ad un progetto di violenza e di violazione dei diritti umani, che non tiene conto delle conseguenze del proprio conflitto interno sui paesi confinanti, un progetto di pace qual è il Plan Ecuador. Il Premio Nobel per la Pace Adolfo Pèrez Esquivel tramite una lettera al Presidente Correa ha espresso il suo appoggio al Plan per il “contenuto sociale ed economico, senza necessità d’impiego di forze di polizia, militari o di gruppi armati irregolari che generano maggior violenza e mettono in pericolo la vita della popolazione”. Dello stesso parere è il Segretario delle Nazioni Unite, il coreano Ban Ki-moon, che, riconoscendo la situazione in cui versano le regioni di frontiera, inviò un messaggio al Governo ecuadoriano sottolineando che l’Ecuador è il paese Americano che ospita il maggior numero di rifugiati ufficialmente riconosciuti e dichiarando il proprio appoggio non solo finanziario ma soprattutto di sensibilizzazione della comunità internazionale. L’ONU, che opera in questa zona tramite l’Alto Commissariato per i Rifugiati, già dal 2004 aveva segnalato la necessità di un piano speciale e dell’aiuto della comunità internazionale.
Come dichiarato dal Ministro Coordinatore della Sicurezza Interna ed Esterna, Fernando Bustamante, il Plan Ecuador è un progetto di difesa dei confini nazionali non attraverso la militarizzazione del territorio bensì con il rafforzamento della presenza dello Stato nella creazione di lavoro, nel miglioramento delle infrastrutture, nella protezione ambientale, nell’amministrazione della giustizia e nel rispetto dei diritti umani e della sovranità territoriale. E’ quindi un progetto di pace e di sviluppo che si oppone palesemente all’azione violenta e arrogante del Plan Colombia ma il Governo ecuadoriano tuttavia non esclude un dialogo con il paese confinante, soprattutto per richiamare al rispetto dei trattati di sicurezza esistenti tra i due paesi. Un punto importante dei trattati impone di non spargere glifosato nelle zone distanti meno di 10 km dalla frontiera colombo-ecuadoriana ma, dopo la dichiarazione del dicembre 2005 del governo colombiano di sospendere lo spargimento aereo per procedere a sradicare manualmente le piante di coca, a dicembre del 2006 gli aerei si sono rialzati in volo per l’ennesima volta. La conseguenza è che nella parte ecuadoriana ultimamente sono stati avvistati aerei per lo spargimento del glifosato e fonti della BBC sostengono che sono mezzi pilotati da personale civile statunitense.

Il Plan Ecuador sarà gestito dal Ministero Coordinatore della Sicurezza Interna ed Esterna, coadiuvato dal Ministero delle Relazione Esterne, quello della Difesa e il Governo. Inoltre, andranno a costituire il direttivo numerosi rappresentanti delle istituzioni locali. Avrà una vita di 11 anni (fino al 2018) ed attività programmate con scadenza quadriennale. Sarà attuato nelle province di frontiera di Esmeraldas, Carchi, Imbabura, Sucumbios e Orellana. Si orienterà su sette punti: 1) Rafforzare le istituzioni statali. Circa 1100 milioni di persone vivono in queste province dove è evidente l’abbandono dello Stato. Oltre il 50% della popolazione sopravvive con due dollari al giorno e le proprie necessità di base non sono soddisfatte. 2) Riattivazione economica ed occupazionale. Si darà credito alle microimprese per diminuire il fenomeno della disoccupazione il cui valore medio nelle cinque province è del 68,5%. 3) Miglioramento delle infrastrutture sociali. Trascurare quest’aspetto ha comportato fino ad ora il radicarsi di fenomeni illegali e delittuosi. 4) Gestione sostenibile dell’ecosistema. Si vuole rimediare agli effetti dello spargimento del glifosato usato per distruggere le coltivazioni di coca. 5) Miglioramento nell’amministrare la giustizia e controllo delle attività illecite. 6) Diritti umani e assistenza ai rifugiati. 7) Protezione della sovranità dello stato e relazioni bilaterali.
S’inizierà con un finanziamento del governo ecuadoriano di 135 milioni di dollari, in seguito si pianificherà una piattaforma di donanti tra i quali già si sono proposti Canada (5 milioni di dollari), Corea (900 mila dollari) e c’è molto ottimismo sull’appoggio delle Nazioni Unite e del Governo Norvegese, l’obiettivo sarà raddoppiare la cifra iniziale che sembra non bastare negli undici anni di vita del Plan, ma l’Ecuador ripone la propria fiducia nell’appoggio della comunità internazionale.

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