Bolivia Caschi Bianchi
Viaggio in Bolivia
Un viaggio a La Paz per studiare il sistema di scambio dei mercati locali e capire le radici della grande adattabilità e inventiva di un popolo.
Scritto da Alberto Albano (Casco Bianco a Corumbà – Brasile – con l’Ong CISV)
Corumbá é una cittadina che sorge sul confine tra il Brasile e la Bolivia, nel bel mezzo del Pantanal, una delle zone con maggior biodiversitá del mondo.
Il progetto in cui sto prestando servizio si occupa di microcredito per agricoltori assentados: sono famiglie che hanno vissuto tutta la lotta per la terra, dall’occuppazione illegale all’assegnazione della proprietá, e che cercano di far fruttare al meglio i loro 15-20 ettari per assicurarsi una vita dignitosa.
Proprio in Corumbá ho avuto il primo impatto con la Bolivia. La maggior parte delle bancarelle dei mercati rionali e della ferina (mercatino fisso) di questa cittá di frontiera sono gestite da boliviani e sempre loro, i boliviani, sono i maggiori compratori dei prodotti dei nostri agricoltori. Gli agricoltori non riescono ad andare in cittá a causa delle lunghe distanze e della mancanza di mezzi di locomozione, e i boliviani vanno a casa loro a comprare i prodotti a prezzi decisamente ridotti per poi rivenderli in cittá.
E da qui la curiositá di conoscere questo popolo al di lá del confine, che sembra avere una grande capacitá nell’adattarsi alle situazioni difficili ed uscirne con pieno merito.
Cosí compro un biglietto di sola andata per La Paz, sapendo solo che due settimane dopo sarei dovuto essere di ritorno.
Al mio arrivo a La Paz era mezzanotte e mezza e mi sono fatto portare da un taxi a casa di Nicola, un altro casco bianco, avendo così il primo impatto con la città; l’aeroporto si trova a El Alto, una città di 800mila persone situata sull’altopiano di La Paz, quindi scendendo ho avuto di fronte un paesaggio notturno incredibile! È una città allucinante che si trova in un buco a 4200 metri di altezza, circondata da montagne le cui pareti sono interamente riempite di case una sull’altra fino a perdita d’occhio…
È molto movimentata, molto caotica e molto trafficata e io avevo proprio bisogno di catapultarmi nei ritmi di una grande cittá, dopo tre mesi di tranquillitá corumbaense.
E poi è piena di gente con i vestiti tradizionali… l’impatto visivo con una cultura differente e tutta da scoprire!
Ci sono mercati e mercatini ovunque, bancarelle ad ogni angolo che vendono più o meno qualunque cosa (compresi feti di lama). Comincio a capire l’arte dell’arrangiarsi!
In quei giorni c’era la festa das Alasitas: tutti i bolviani che vogliono qualcosa per l’anno futuro lo comprano in miniatura: macchine, case, soldi (anche le miniature degli euro), giochi, bambole… è un delirio di bancarelle piene di miniature. Una volta comprate le fanno benedire, sennò non funziona!
Lunedì 22 era il primo anniversario del governo di Evo Morales e ho assistito al suo discorso in piazza: una giornata intera di festa, nonostante la stabiltá politica sia un concetto pressoché sconosciuto al popolo boliviano.
Ho girato anche un pò attorno a La Paz: sono stato alla Valle de la Luna, un posto pieno zeppo di formazioni calcaree che sono dei canyon in miniatura e con un silenzio surreale.
Poi Copacabana, un paesino che sorge a 150 km da La Paz, ma per arrivarci ci vogliono 4 ore! C’è un punto in cui bisogna attraversare un lago e quindi pullman e passeggeri si separano su due barche diverse.
Già, il lago! Trattasi del lago Titicaca, il lago più grosso del mondo all’altitudine di 3800 metri. Non si vede l’altra sponda, sono in montagna ma mi sembra di essere al mare. È un lago magico, molto importante per la cultura Inca e degli indios.
Un’altra cosa molto famosa di Copacabana è la cattedrale con la statua della Madonna. Ci sono molte credenze e superstizioni in merito e tutti i giorni decine di famiglie vengono fin qui per far benedire l’automobile appena comprata. C’erano addirittura targhe argentine e cilene. Addobbano le macchine con festoni, aprono il cofano del motore e gli mettono statue della Madonna insieme alle miniature di cui parlavo prima, cibi e bevande. Dopo la benedizione le lavano completamente (dentro e fuori) spruzzandoci birra o spumante. E poi tutti a festeggiare con cibo e grandi bevute!
E L’isla del Sol? si trova a due ore di barca da Copacabana, un’isola piena di misticismo: ho camminato per delle ore in mezzo alle rovine Inca (templi semiscomparsi, altari sacrificali).
Il silenzio regnava sovrano, interrotto ogni tanto dalle mie esclamazioni alla vista del lago dal cui orizzonte sorgevano le Ande piene di neve. Uno spettacolo meraviglioso!
E da lí il ritorno a La Paz e la partenza per la Bolivia sud-orientale, alla conoscenza dei posti che hanno visto la morte di un idolo di molte persone in tutto il mondo.
01/02/07: questa giornata merita un capitolo a parte.
Alle sette di questa mattina sono partito da Vallegrande con un taxi perchè a causa delle piogge degli ultimi giorni i microbus non sarebbero riusciti ad arrivare a destinazione. Dopo due ore e 55km di strada completamente infangata e sotto una costante pioggia fino a dieci minuti dall’arrivo, abbiamo fatto la prima tappa. Da una curva si aveva una vista meravigliosa sulla sierra, con a valle il Rio Grande che si intravedeva in una gola formata da due montagne: la Quebrada del Yuro (o del Churo), il luogo in cui El Che fu catturato l’8 ottobre di 40anni fa. Dalla curva seguente si intravedeva la Higuera laggiù in basso, un paesino di ormai una ventina di case… tante sono le famiglie che vi abitano. Ogni casa porta il segno del pezzo di storia che è passata da li, il volto del comandante è onnipresente, è ovunque. Scendo e mi dirigo alla scuola in cui è stato tenuto prigioniero e poi ucciso il 9 di ottobre. Ora è un museo che riassume tutta la storia del Che e mostra tutti i dettagli della guerriglia in Bolivia.
Fotografo le due statue che ci sono nel paese e chiedo un caffé alla tenda “el Che” cominciando a scambiare due parole con un vecchio del posto, tale senhor Manoel. Quel 9 ottobre del ‘67 il senhor Manoel aveva 22 anni e abitava a La Higuera.
Comincia a raccontarmi, come avrà fatto milioni di volte in tutti questi anni, del 25 di settembre di quell’anno, quando El Che con la sua colonna entrò a La Higuera al calar della notte per fare rifornimenti di cibo spaventando tutti gli abitanti che credevano di avere davanti degli spietati assassini di gente comune. E mi racconta di come di minuto in minuto quella loro percezione cambiò, vedendo il comportamento e la giovialità dei guerriglieri. Ascolto il senhor Manoel per una mezz’ora, poi parto per il ritorno a Vallegrande.
Purtroppo il poco tempo a disposizione mi ha impedito di fermarmi una notte a La Higuera, ma ne sarebbe valsa la pena.
Nel pomeriggio la visita alla fossa in cui fu sepolto, insieme a 6 suoi compagni, accanto all’aeroporto di Vallegrande e alla lavanderia dell’ospedale San Josè de Malta, dove gli fecero l’autopsia, gli tagliarono le mani e dove ricevette i saluti del popolo contadino.
Grande emozione.
E da lí il ritorno a Corumbá via Santa Cruz: quasi mille km di cui almeno 900 su strada sterrata in un pullman con 42 posti a sedere, 45 passeggeri e senza il bagno.
Giá, se togli il bagno ci sono due posti in piú… l’arte dell’arrangiarsi!
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