Il giorno 08/01/2007 si è tenuta nella città di Ambato, capitale della Provincia del Tungurahua, la prima marcia del popolo ecuadoriano, per chiedere al Congresso la costituzione dell’Assemblea Costituente.
La manifestazione si è conclusa in Plaza Montalvo con il discorso al popolo del neo eletto presidente Rafael Correa.
La nascita dell’Assemblea Costituente era un punto fondamentale della campagna elettorale di Correa, che sul modello venezuelano di Chavez e boliviano di Morales, si propone di applicare il principio di democrazia e sovranità popolare.
In Ecuador, vivono 11 differenti nazionalità indigene (ciascuna delle quali comprende decine di sottogruppi etnici), che insieme rappresentano circa il 30% dell’intera popolazione.
Il resto della popolazione è formato per il 50% da meticci, un 10% di afro-discendenti ed un 10% da bianchi.
Nonostante i numeri, sono proprio i bianchi a detenere la parte più consistente della ricchezza del Paese e ad occupare le principali cariche pubbliche.
Anche se l’Ecuador si definisce una Repubblica democratica, che non fa distinzione di razza, religione, lingua o sesso, di fatto le popolazioni indigene e afro-discendenti, sono relegate ai margini della società, costrette a vivere in situazioni di indigenza, che non permettono loro l’accesso ai servizi di base, quali educazione, salute, alimentazione di sussistenza, acqua.
L’uguaglianza proclamata dalla Costituzione è rimasta sino ad oggi sulla carta.
La cultura fortemente maschilista, poi, fa sì che vittime predilette di questo sistema ingiusto siano le donne, costrette ai lavori più pesanti nelle zone rurali e alla mendicità nei grandi agglomerati urbani.
I settori più importanti e fragili della società sono quindi sempre stati emarginati: indigeni, donne e giovani.
Nell’Assemblea Costituente si garantirà la partecipazione degli indigeni, delle donne e dei giovani (uomini e donne). Nella legge di convocazione dell’Assemblea costituente si dice che sono tre i rappresentanti delle circoscrizioni territoriali; obbligatoriamente devono essere una donna, un uomo e un giovane: questo garantisce la rappresentanza di tutti i settori importanti del Paese.
Il primo importante compito, a cui sarà chiamata la Costituente, sarà quello di riformare la Costituzione; poi una volta che saranno realizzate le riforme, queste dovranno essere approvate da un’altra Consulta popolare: “Los cambios van a ser aprobados por los ecuatorianos, no hay nada màs democratico” (I cambiamenti saranno approvati dagli ecuadoriani, non c’è nulla di più democratico), ha affermato Correa nel pubblico discorso.
La data del referendum, per l’integrazione dell’Assemblea Costituente, non è ancora stata fissata, ma il Presidente si è dichiarato fiducioso nel fatto che gli ecuadoriani voteranno a favore dell’Assemblea, nonostante l’ostilità della destra Parlamentare, capitanata da Alvaro Noboa, suo avversario politico nelle elezioni.
Correa ha ribadito più volte, ai cittadini accorsi, che la consulta popolare sarà per lui il primo passo verso il cambiamento strutturale del paese: “Privilegiaremos las inversiones y no el pago de la deuda” (Privilegeremo gli investimenti e la spesa sociale e non il pagamento del debito estero).
Gli investimenti riguarderanno in primis educazione, salute, incentivi per l’agricoltura e nuove imprese. “El petroleo es de los ecuatoriano” ha puntualizzato Correa, facendo chiaramente riferimento alla decisione di avviare il processo di nazionalizzazione del petrolio, dopo aver già bloccato e respinto ogni accordo di TLC (Trattato di Libero Commercio) con gli Stati Uniti.
Ora si attende l’insediamento ufficiale del nuovo governo, che avrà luogo lunedì 15 Gennaio. Domenica 14, a Zumbahua, piccola comunità indigena nella regione del Cotopaxi dove il presidente Correa ha realizzato un anno di volontariato in progetti di sviluppo, si terrà un atto simbolico di insediamento del nuovo capo dello Stato.
Alla cerimonia presenzieranno come testimoni Hugo Chavez e Evo Morales, presidenti di Venezuela e Bolivia, Lula sarà presente il lunedì a Quito.
La parola d’ordine, ora in Ecuador, è “cambiamento”. La vittoria di Rafael Correa sembra essere un altro tassello della svolta che tutta l’America Latina spera e attende e che, come diceva lo slogan della sua campagna elettorale “su cambio por el cambio” (“il vostro cambiamento per il cambiamento del paese”).
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