Caschi Bianchi Kenya

Maratona conclusiva

Una maratona di 14 km attraversa Nairobi per concludere il social forum. Per la gente delle baraccopoli una giornata diversa, tra falsi sorrisi e tanto trucco, e tante domande che rimangono aperte

Scritto da Gian Paolo Chiecchi, Casco Bianco a Nairobi

L’occasione è ghiotta. Per soli 10 scellini (l’equivalente dei nostri 10 centesimi) ci si può portare a casa una maglietta. Ed appena entriamo a Koroghocho, baraccopoli di 130.000 abitanti in 1 km quadrato il cui nome significa “confusione”, notiamo che nessuno si vuole far sfuggire questa opportunità. La scia di persone conduce solo in un posto: la chiesa di Saint John. E’ proprio da lì che avrà inizio la maratona nel giorno conclusivo del Social Forum. Alcuni atleti magri e alti si preparano per la gara. Si scaldano e fanno dei grandi respiri profondi. L’adrenalina sale per chi vuol fare una bella figura in questo evento. Ci sono 14 km per raggiungere l’Uhuru Park, un grande parco in centro città, dove si concluderà questa festa. La maratona passerà attraverso alcune baraccopoli prima di raggiungere il centro, forse è questo che rende tanti bianchi restii a parteciparvi, forse è il sole di mezzogiorno, forse è la fatica. 

Noi comunque ci siamo, accompagnati da una cinquantina di amici di Soweto, che si sono alzati alle cinque di mattina per poter arrivare in tempo. La coda per ritirare la maglietta è lunga infinita. C’è chi segue l’ordine, chi spinge, chi si inserisce negli spazi vuoti per arrivare prima. Ma tutti ad un certo punto si trovano pressati come sardine in una scatoletta, per più di mezzora. Sommata all’ora di attesa in fila, non è mica male. Il tempo africano è sempre il nostro, ma elevato al quadrato. Comunque va bene così. Indossata la t-shirt bianca, uguale per tutti, di taglia large, ci raduniamo in un grande spiazzo aspettando il momento del via.
Mi guardo intorno…per alcuni la fila per il ritiro della maglietta è appena iniziata e mi vien male per loro, altri chiacchierano e ridono, alcuni bimbi con gli occhi lucidi sfilano tra queste migliaia di magliette bianche sniffando colla, alcuna mamme, ricevuta la maglietta, se ne tornano a casa infischiandosene della maratona.

Noi di Soweto abbiamo il nostro maratoneta d’eccezione, Paul, un masaai venuto da lontano per poter gareggiare oggi. Promette bene, e il ricordo più bello di lui è già nei nostri cuori per la settimana appena trascorsa a casa nostra. Questa vittoria non gliela toglierà nessuno. Lui si appresta al via, mentre tutto il nostro gruppo rimane in fondo, per camminare e non per correre questa gara. A volte il fisico non permette certi sforzi.
Tra un pensiero e l’altro il via viene dato e questa enorme massa bianca di 15.000 persone comincia a muoversi. La testa della massa si allontana velocemente dal corpo che lentamente rimane più compatto. Bancarelle di ogni genere affiancano il nostro percorso: cianfrusaglie arrugginite e introvabili ammassate una sopra l’altra. Dopo pochi metri una mamma vende banane e manghi a prezzi stracciati. E dopo alcuni km e varie di queste mamme, decido anch’io di fermarmi a promuovere la loro attività. Per terra le immondizie ci fanno zig-zagare di qua e di là. Ai bordi delle viuzze molti si fermano a guardare lo scorrere della macchia bianca, come un evento inaspettato ma simpatico.

Improvvisamente sento pronunciare la parola “ladro” da alcune donne dietro di me. Mi allarmo e tengo vicina al corpo la mia borsa con due spiccioli per tornare a casa. Una gran confusione di persone si mette in cerchio per poter vedere cosa accade dietro una macchina della polizia. Ci sono due corpi senza vita stesi a terra in una pozza di sangue. Uno con la divisa, l’altro senza. Al fatto appena accaduto hanno certamente assistito le persone che mi precedono. Ci allontaniamo prima che la situazione possa degenerare., ma la mente non si allontana, resta là, ferma a terra. Questo è il vero social forum, è la quotidianità nelle strade e nelle baraccopoli di Nairobi. E mi viene rabbia pensando che la maggior parte delle persone venute da tutto il mondo per parlare dei bisogni dei poveri abbia alloggiato negli hotel più lussuosi del centro. Mi viene rabbia pensando che in questi giorni i kenyoti hanno dovuto pagare per partecipare agli incontri in cui vengono prese decisioni sulla loro pelle. Allora sarà sempre il mondo ricco a decidere su tutti gli altri, facendosi addirittura la bella faccia nel dire di aiutare i più emarginati, vivendo però comportamenti contraddittori. Il sudore della fronte scende, ma non mi pesa, perché questo è il modo per testimoniare la mia presenza fino alla fine, anche nella fatica di una “lunga passeggiata”.

Manca solo un km all’arrivo ed ecco che una macchina davanti ai miei occhi investe un bambino di circa 10 anni che camminava fuori dal marciapiede. La maglietta da bianca cambia colore e subito viene accompagnato in ospedale dalla stessa persona che l’ha investito. Per lui il social forum è finito e pochi minuti ancora di cammino lo fanno concludere anche per noi. E all’arrivo ci accorgiamo che i bianchi sono tutti li, per dimostrare di esserci stati ed aver “partecipato” anche loro. Foto, interviste, video…falsi sorrisi e tanto trucco. Io rifiuto un’intervista per un canale nazionale italiano. La mia mente è schizzata da altro sangue. Piano piano il gruppo di Soweto si ricompatta, l’eccitazione per la giornata, lo scambio di opinioni, la stanchezza distolgono la mente da quegli eventi. Un po’ di musica “yo-yo” cerca di mascherare la dura realtà delle baraccopoli appena viste. Tutti gli organizzatori sembrano felici di quella cuccagna, ma le persone stasera se ne torneranno nelle baracche felici solo di aver vissuto un giorno
diverso e più vivace degli altri.

Ora sta a chi tiene i fili delle marionette dimostrare concretamente se questa è tutta una grande illusione per mettersi a posto la coscienza o se si vuole tirar veramente fuori dalla merda questa gente col rischio di sporcarsi le mani.

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