Caschi Bianchi Palestina / Israele
Dare alla Palestina un’opportunità
l sito di informazione palestinese Palestine Monitor, 28 gennaio 2006.
Traduzione a cura di Monica Incerti Telani, Casco Bianco a Ramallah
Negli ultimi tre giorni, la comunità internazionale si è chiesta: “Cosa rappresenterà la travolgente e democratica vittoria di Hamas per la pace?” Rispondendo a questa domanda, Americani, Europei e Israeliani hanno iniziato immediatamente a lamentare la perdita del “processo di pace”, la fine della road map, e la probabile ripresa della violenza. La sbalorditiva vittoria di Hamas, che ha conseguito 75 seggi al parlamento su un totale di 132, è stata interpretata come una chiamata dei palestinesi alla violenza, e pertanto un rigetto palestinese di tutto il progresso fatto con il ritiro da Gaza e delle prospettive per la ripresa del dialogo tra Israele e l’Autorità Palestinese.
Come risultato, appena tre giorni dopo le elezioni, i Palestinesi avevano già iniziato a ricevere accuse per tutti i futuri fallimenti sulla via della riconciliazione.
Ciò è estremamente problematico per due ragioni. Primo, il mondo ha interpretato queste elezioni in termini di pace, e ha perciò ignorato il fatto che queste elezioni fossero, in realtà, focalizzate di più sugli affari interni palestinesi, e secondo, la comunità internazionale sta lamentando la perdita di un processo che non esiste. Il processo di pace di Oslo è morto alla fine del 2000, e gli assassini mirati, lo stretto controllo sulla Cisgiordania, l’espansione delle colonie, e le tattiche unilaterali di Israele hanno minacciato la road map.
I palestinesi non sono uniti in tutto, ma sono uniti nell’opposizione e nella sofferenza subita durante quarant’anni di occupazione israeliana. La reazione predominante tra i palestinesi circa il ruolo di Israele in queste elezioni, è stata quella di alzare le braccia al cielo: la storia ha provato che tutte le iniziative dipendono da Israele, non importa quali azioni i palestinesi intraprendano. Negli ultimi quarant’anni l’occupazione è diventata solamente più profonda, e negli anni recenti le aperture israeliane al compromesso sono state accompagnate dal nuovo muro di separazione, dall’accaparramento di terre, da ulteriori violenze militari e dal controllo su tutti gli aspetti della vita civile. Nell’ultimo anno Israele ha abbandonato ogni nozione di negoziazione per muoversi unilateralmente in tutte le sue decisioni, specialmente in Gaza, impedendo qualsiasi spazio al governo palestinese, non importa quanto moderato esso sia.
Mentre aspettano una risoluzione riguardo all’occupazione, i palestinesi devono sopravvivere. Dodici anni con l’Autorità Palestinese sotto Fatah hanno contribuito estremamente poco a migliorare l’economia flagellata, o a costruire un’infrastruttura sociale che fornisca servizi medici, trasporti e educazione. L’occupazione israeliana può e dovrebbe essere incolpata per tutti questi fallimenti, ma senza alcuna possibilità in vista di produrre un cambiamento su tali condizioni imposte, i palestinesi contano sulla loro Autorità per fare qualcosa.
Alla fine del processo democratico, è chiaro che la maggioranza dei votanti in Palestina ha eletto Hamas, non perché sia con Hamas in tutte le sue convinzioni. Undici partiti differenti hanno concorso per i seggi in parlamento, ma alla fine queste elezioni sono diventate una competizione tra solo due, Fatah e Hamas – tra il partito al governo che ha dimostrato la sua incapacità di strutturare la Palestina in un modo sostenibile, e la sua opposizione, che aveva già avuto successo nel governare parte di Gaza e nel distribuire servizi sociali necessari ai disoccupati e ai più poveri.
In questo contesto locale, Hamas rappresenta una speranza nelle aree in cui è più importante la vita di tutti i giorni per il popolo palestinese, e soprattutto, ha la fama di saper portare cambiamenti. I palestinesi hanno vissuto con lealtà sotto Yasser Arafat per decine di anni, ma ora che lui non c’è più e che il suo partito offre poco più che un attaccamento alla sua eredità e affossa le promesse per aggiustare i propri errori, la loro lealtà se ne sta andando. Un voto per Hamas è diventato una punizione per Fatah e per tutti i suoi passati fallimenti, e una chiara preferenza per il cambiamento contro lo status quo.
La comunità internazionale stava aspettando e, da tanto tempo, stava spingendo per una reale democrazia in Medio Oriente, e ora ne ha una. Le voci del popolo comune palestinese sono state genuinamente ascoltate e rappresentate, e ora è il momento che la comunità internazionale confermi le sue convinzioni circa il processo democratico rappresentando queste voci. Se la risoluzione del conflitto deve avvenire ascoltando le due parti in causa, le prossime settimane dimostreranno quanto la comunità internazionale sia intenzionata a considerare la posizione palestinese. I mediatori della pace e Israele sono ora in grado di determinare se gli appelli palestinesi apriranno un reale dialogo per la pace o non troveranno ascolto.
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