Caschi Bianchi Zambia

Report dallo Zambia: cosa fare?

Nel grigio contesto zambiano, una casa per dare una famiglia a chi non ce l’ha, una scuola e un’azienda agricola per ragazzi disabili: storia e prospettive di chi cerca di portare un cambiamento.

Scritto da Angela Tiraferri e Eliana Storaci, Caschi Bianchi a Ndola

Situazione del Paese

Lo Zambia è un paese democratico dell’Africa sub Sahariana diviso in nove province. La popolazione è stimata essere di 11,3 milioni (1) di cui il 46,1% al di sotto dei quindici anni di età. Il 35,8% (2) della popolazione vive in zone urbane.

Lo Zambia è un paese povero che si trova al 166 posto tra i 177 Paesi considerati dal report annuale 2005 UNDP (Human Development Index pari a 0,394), l’87,4% della popolazione vive con meno di due dollari al giorno, il 63,7% con meno di un dollaro al giorno. Lo Zambia è potenzialmente un paese ricco, che non conosce il problema della guerra e dei conflitti tribali, la popolazione è giovane e vivace e la società civile è impegnata. Le risorse agricole e minerarie del paese, se sfruttate in modo appropriato possono garantire benessere alla popolazione.

Quando lo Zambia ottenne l’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1964 sembrava che i profitti derivanti dall’esportazione del rame potessero assicurare la prosperità al paese. Purtroppo contare solo sull’esportazione del rame, che ancora rappresenta tra il 70% e l’80% delle entrate, fu un errore che rese l’economia zambiana estremamente debole. Il declino economico iniziò già nei primi anni 70 quando il prezzo mondiale del rame si abbassò notevolmente e ci fu un significativo aumento del prezzo del petrolio. Il governo chiese enormi prestiti alle banche straniere e agli istituti finanziari internazionali: a fronte degli aiuti finanziari offerti, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale imposero alcune riforme e una politica di privatizzazione, che si sono poi rivelate disastrose per l’economia del paese, ed in particolare della provincia del Copperbelt. Il tenore di vita della popolazione si abbassò in modo drammatico, e il debito estero crebbe in maniera esponenziale. Nel 1991 si svolsero le prime elezioni democratiche, passando da un sistema di partito unico ad uno multipartitico. L’UNIP, il partito unico che aveva governato il paese sin dall’Indipendenza fu sconfitto e il Presidente Kaunda dovette lasciare il posto di guida del paese al Presidente Chiluba, leader del partito di opposizione MMD. Il vecchio regime si lasciò alle spalle un’economia in terribile crisi, uno stato schiavo di un sistema burocratico inefficiente e corrotto, un debito enorme e le istituzioni ospedaliere e scolastiche al collasso. Il nuovo Governo, in seguito ad enormi pressioni, introdusse cambiamenti radicali, inclusa la scelta del libero mercato, la privatizzazione di quasi tutti i settori dell’economia ed un processo di decentralizzazione che ha toccato tutto il settore pubblico. I risultati a breve termine di questo processo si sono rivelati disastrosi e la popolazione ha conosciuto un livello di miseria mai sperimentato prima. L’inflazione ha fatto lievitare i prezzi dei generi di prima necessità.
Le elezioni del 2001 hanno portato alla vittoria Levy Mwanawasa, candidato del MMD (Movimento per la Democrazia Multipartitica). Tale vittoria è ancora oggi oggetto di discussione a causa di sospetti brogli elettorali.
Tutti i problemi economici finora descritti sono stati inaspriti da fatti recenti. Un esempio è il ritiro della Anglo-American Corporation dalla miniera di rame di Chingola, acquistata soltanto un anno prima in seguito alla politica di privatizzazione imposta al paese dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale. Un’altra ragione della povertà estrema in cui vive la maggioranza degli Zambiani è la siccità che ha colpito il paese durante la stagione agricola del 2001/2002.
La popolazione ha cominciato a vivere l’incubo della fame: la malnutrizione colpisce soprattutto i bambini, ma anche le donne, gli anziani e le persone malate. La speranza di vita che nella prima metà degli anni Settanta era di 50,2 anni, è ora di 37,4 (3). Nonostante le stime siano approssimative, si pensa che meno della metà della popolazione giovane frequenti la scuola. L’educazione scolastica ha avuto un grave calo anche per quanto riguarda la qualità dell’insegnamento.

La piaga dell’HIV/AIDS in Zambia

Lo Zambia è tra I paesi più colpiti al mondo dall’epidemia HIV. Nel 2003, secondo le stime dell’UNDP, il numero delle persone colpite dall’infezione era pari al 16,5% della popolazione. Invece secondo i dati contenuti nel report “Situation Analysis of Orphans and Vulnerable Children, 2004” sono 920.000 le persone colpite, di cui il 10% bambini. L’epidemia da HIV/AIDS ha conseguenze devastanti su tutte le fasce della popolazione:

– Nel 2002 il 15% dei bambini zambiani sotto i 14 anni era orfano di uno o entrambi i genitori, per la maggior parte morti per l’epidemia di hiv/aids. Si prevede che questa cifra aumenterà nei prossimi anni(4). I bambini che hanno perso uno o ambedue i genitori sono quelli più predisposti alla malnutrizione e alle altre malattie infantili
– In particolar modo le vedove sono colpite dalle conseguenze dell’epidemia: spesso, dopo la morte del marito, I parenti di questo reclamano gli averi della famiglia lasciando la vedova senza nulla, a volte essa è privata pure dei figli. In molti casi, per sopravvivere non ha altra scelta che vendersi per procurare di che vivere alla famiglia.
– Il numero degli anziani costretti a prendersi cura dei nipoti orfani è in costante aumento, la maggior parte di questi anziani è costretta a vivere in condizioni di estrema povertà.
– Le persone colpite dall’HIV/AIDS sono spesso stigmatizzate, perdono il posto di lavoro e rimangono senza alcun tipo di reddito, spesso sono abbandonate dalla famiglia.
– Tutti I settori dell’economia sono colpiti pesantemente dall’aumento dei costi e diminuzione delle entrate. L’aumento dei costi è dovuto a:
1. costi delle medicine
2. pagamento delle indennità per malattia, termine del lavoro, morte
3. spese per i funerali
4. costi del training per i nuovi assunti
5. assenteismo dovuto alla malattia, all’assistenza ai famigliari malati, ai funerali
6. riduzione della produzione
– Il settore agricolo sta attraversando una gravissima crisi dovuta alla mancanza di manodopera qualificata, alla diminuzione delle terre coltivate e quindi della produzione. Tale crisi ha fatto sì che paradossalmente gran parte dei beni essenziali siano oggi importati dall’estero, a fronte di un clima e di un terreno ideali alla produzione agricola.

Povertà e HIV/AIDS sono interconnessi. La popolazione povera corre maggiori rischi di contagio se esposta al virus HIV. Anche la malnutrizione e le frequenti malattie che indeboliscono l’organismo, lo rendono più esposto all’infezione da HIV. La già critica situazione socio economica accresce le possibilità di infezione tra la popolazione; è ciò che sta accadendo in Zambia, e in particolare nel Copperbelt, dove la percentuale delle persone affette da HIV è pari al 26,3%.
La percentuale altissima di bambini rimasti orfani di uno o ambedue i genitori ha messo in crisi la “extended family” (famiglia estesa) che nel passato, fino ai primi anni dell’epidemia, era in grado di farsi carico dei bambini rimasti orfani facendo sì che la stragrande maggioranza dei bambini senza genitori continuasse a vivere nella famiglia estesa. Purtroppo negli ultimi anni la “famiglia estesa” sta diventando incapace di prendersi cura del numero sempre crescente di bambini orfani e anche se questa istituzione continua ad essere un valore, è però economicamente incapace di rispondere ai bisogni dei bambini orfani. Questo anche perchè l’economia è in rapido e costante declino e la maggior parte delle famiglie che accoglie bambini orfani vive sotto la soglia della povertà.
Se nel passato non era neppure immaginabile che la famiglia estesa potesse rifiutare di accogliere bambini orfani, alcune rilevazioni fatte nel Compound di Chipulukusu (Ndola) dall’Apg XXIII, mai pubblicate, rivelano che oggi meno della metà delle famiglie è disponibile ad accogliere bambini orfani. Questo fatto dà un quadro molto chiaro della disgregazione che la crisi economica e l’epidemia da HIV/AIDS hanno portato nella società zambiana.
La gran parte delle famiglie che ha accolto bambini orfani lamenta poi di avere gravi problemi a causa delle ristrettezze economiche e della mancanza di cibo.
Gli orfanotrofi, che dovrebbero essere l’ultima risorsa, stanno invece spuntando come funghi. Nella provincia del Copperbelt, fino al 1990 esisteva un solo orfanotrofio a Kitwe con non più di venti bambini, una casa di pronta accoglienza del Child Care and Adoption Society e la Casa Famiglia dell’Apg XXIII. Dal 1990 le istituzioni sono diventate cosi numerose che neppure i Servizi Sociali hanno un quadro esatto del loro numero e di quanti siano i bambini accolti
Una parte dei bambini rimasti orfani viene accolto dai nonni o dai parenti nelle zone rurali, altri rimangono in città, finendo col diventare ragazzi di strada.
I malati terminali tendono a tornare al villaggio, le mamme spesso lasciano il compound portando con sé i figli più piccoli che, per le condizioni di assoluta povertà della famiglia, o perchè anch’essi sieropositivi, rischiano di ammalarsi e morire prima di raggiungere i cinque anni di età.
Pur non avendo statistiche esatte, pare che la mortalità tra i bambini sotto I cinque anni, negli anni ‘80 fosse ferma all’1 per 1000, nel 1989 era già salita al 9 per 1000 per arrivare al 102 per 1000 nel 2003.

La provincia del Copperbelt

La provincia del Copperbelt (Cintura del rame) deve il suo nome al fatto che è uno dei più ricchi depositi di rame del mondo. Questo deposito è condiviso con la regione del Katanga nella Repubblica Democratica del Congo. Lo sfruttamento dell’enorme quantità di rame nella parte Zambiana, comincia nel 1920.
Ben presto vengono creati sei grossi centri per l’estrazione e la produzione del rame tra miniere a cielo aperto e miniere nel sottosuolo.
Gli abitanti originali di questa zona, un altopiano attraversato dal fiume Kafue, erano tribù Bantu che vivevano di caccia, pesca e agricoltura. Lo sviluppo delle miniere attrasse nella zona lavoratori da tutto il paese, e anche dai paesi vicini.
Oggi la popolazione delle città di Kitwe, Ndola e delle altre città originate dai primi centri di estrazione del rame, è formata da diverse etnie, nazionalità, culture e lingue.
La densità della popolazione nella provincia del Copperbelt, che è la più piccola fra tutte le province, è la più alta dello Zambia e raccoglie circa un terzo della popolazione nazionale.
Il Copperbelt è anche la provincia più urbanizzata delle nove province dello Zambia.
Le sue città sono composte generalmente da un centro formato da case in buono stato, separate, per mezzo di una sottile “cintura verde”, da un anello di quartieri popolosi chiamati “township” o “compound” che consistono per lo più di case costruite con mattoni di fango. I compound, che hanno di solito una popolazione che va da 10.000 a 40.000 abitanti, erano in origine degli insediamenti illegali ed ancora soffrono della mancanza di infrastrutture necessarie quali: acqua potabile, rete fognaria, strade adeguate, scuole e presidi sanitari.
Molti compound sono stati censiti nel corso degli anni e legalizzati, ma tanti altri continuano a sorgere a causa dell’abbandono da parte della gente dei villaggi nelle zone rurali, in cerca di una vita migliore e di possibilità di lavoro. Questi compound, chiamati “shanty compounds” sono agglomerati fatiscenti di baracche, dove le condizioni di vita sono sub-umane
Anche nel Copperbelt, così come nella gran parte delle altre province zambiane, la Chiesa ha un ruolo estremamente importante nel sostenere spiritualmente e materialmente la popolazione, nell’educazione alla pace e alla giustizia. Un fatto rilevante è che i rapporti tra le varie denominazioni religiose (chiese) sono cordiali e di collaborazione costruttiva. Più di ogni altra istituzione la chiesa ha la possibilità di raggiungere la popolazione a tutti i livelli. I vari programmi di assistenza a domicilio sono un aiuto validissimo ai malati, alle famiglie, agli orfani e alla società stessa che è stimolata a non chiudersi in sé stessa ma a prendersi cura di chi è nel bisogno anche quando ci si trova in condizioni di estrema povertà e malattia.

La privatizzazione delle miniere del Copperbelt ha fatto perdere il lavoro a decine di migliaia di persone. Si calcola che attualmente l’82% della popolazione viva al di sotto della soglia della povertà; questo significa che queste persone non hanno la possibilità di nutrirsi, curarsi, avere un’educazione scolastica ed un tetto in grado di offrire un vero riparo.

Ndola è una delle sei città della Provincia del Copperbelt. Il livello di povertà di Ndola rispecchia quello dell’intero paese e nella maggior parte delle aree della città la gente vive in povertà estrema. Qui l’associazione Papa Giovanni XXIII (APG23) ha aperto la prima casa famiglia in zona di missione nel 1985. Uno degli obiettivi dell’associazione è aiutare la gente a migliorare lo standard di vita con progetti di condivisione, che la gente sceglie e a cui partecipa attivamente. Tra i vari progetti, sono presenti due classi speciali per bambini e ragazzi con difficoltà di apprendimento e handicap fisico.

Il progetto scuole speciali per bambini disabili

LA STORIA

La nascita delle scuole speciali per bambini con disabilità è strettamente legata all’iniziale progetto di fondare una casa famiglia su richiesta del defunto vescovo di Ndola, S.E. Denis de Jong. Quest’ultimo nel 1983 aveva visitato una delle case-famiglia della Comunità in Italia, e ne era rimasto colpito. Ben conoscendo la situazione dei bambini disabili nel suo paese vide in questa modalità di accoglienza una possibile soluzione. Chiese quindi a don Oreste la disponibilità a fondare una casa famiglia nella diocesi di Ndola.

Un’idea di missione nell’Africa sub-sahariana era già stata presa in considerazione negli anni precedenti; nell’agosto 1984 Tina, Andrea e Luigi partono per Ndola e nel 1986 viene inaugurata la Holy Family Home for Children.
I tre volontari iniziarono a conoscere la realtà delle famiglie residenti nel compound di Nkwazi (Signa): a quei tempi erano sostenuti dalle Suore Bianche missionarie africane. La condizione dei bambini con handicap sia fisico che mentale apparve molto complessa: venivano emarginati, spesso tenuti rinchiusi nelle case senza il permesso di uscire; venivano considerati una maledizione dalle loro stesse famiglie e per questo, se non erano stati uccisi alla nascita, venivano tenuti nascosti.
I volontari decisero prima di tutto di organizzare degli incontri di sensibilizzazione con i genitori.
Col passare del tempo questi si resero conto che anche i figli con disabilità erano un dono di Dio, con pari dignità; questa presa di coscienza li spinse a condividere la loro esperienza con altre famiglie del compound.
Come risultato non fu necessario accogliere alcun bambino presso la casa famiglia mentre emerse la nuova necessità di permettere un’istruzione anche a questa fascia più debole.
Quest’esperienza rese evidente anche un altro problema fondamentale: neanche ai bambini senza alcuna disabilità era garantita l`istruzione primaria. Si decise quindi di aprire, a fianco della scuola speciale per studenti disabili sette classi per i bambini del compound.

IL PROGETTO

Questi gli obiettivi delle classi speciali: educare gli studenti e farli crescere nell’autostima affinché possano sentirsi ed essere accettati come parte attiva della società; offrire loro i mezzi e le cognizioni per svolgere attività che li rendano autosufficienti o, comunque, in grado di sviluppare al meglio le loro capacità rispettando i loro tempi.

Holy Family School
E` la prima scuola speciale ad essere aperta. Viene inaugurata nel 1987, all’interno della stessa Holy Family Home, e successivamente verrà trasferita nell’edificio di fronte in Mukuni Road nella zona residenziale di Kansenshi.
Attualmente vi sono inseriti 17 bambini. Alcuni di loro abitano nel quartiere stesso e raggiungono la scuola a piedi, mentre gli altri provengono da aree più lontane dove non esistono scuole speciali. Questi ultimi vengono accompagnati quotidianamente con un pulmino acquistato grazie a finanziamenti provenienti dall’Italia.

I bambini sono segnalati per la maggior parte dalle 17 parrocchie di Ndola che contattano i responsabili del progetto, mentre altri vengono indirizzati dalle scuole governative perchè non in grado di seguire i normali programmi educativi.

Nkwazi school
La scuola speciale collocata nel compund di Signa prende avvio nel 1991 e attualmente conta 23 iscritti. Tutti i ragazzi abitano nel compound e raggiungono la scuola a piedi.
Ba John, fratello di comunità che vive nel compound stesso, si occupa oggi di mantenere i contatti con le famiglie dei ragazzi che frequentano le classi speciali.

I bambini che frequentano le due scuole speciali hanno un’età compresa tra i 7 e i 15 anni. I posti sono limitati per problemi di trasporto, per la capienza degli stabili, per i limiti finanziari.

Sin dall’avvio del progetto ci si accorse che la gran maggioranza di loro arrivava a scuola senza aver mangiato, e non tutti avevano garantito un pasto al giorno. Per questo si è deciso di offrire a ciascun bambino il pranzo alla fine delle lezioni.
Con questo servizio i costi sono inevitabilmente aumentati: per far fronte alle nuove esigenze è stata attivata una rete di adozione a distanza che assicura la copertura del servizio, ma soprattutto crea un ponte che svela agli occhi del mondo occidentale una problematica altrimenti dimenticata.

I ragazzi frequentano le scuole fino ai 16/18 anni, a seconda dei singoli casi.
Al termine del percorso scolastico i ragazzi sono comunque esclusi dal mondo del lavoro sia per la poca sensibilità al problema, sia perchè, vista l’attuale grave crisi economica, le prime aziende ad essere colpite sono quelle più piccole, le più disposte ad assumere persone disabili.
Fino al 1995, grazie a finanziamenti esteri, il Ministero dell’Educazione e alcune ONG offrivano corsi di avviamento al lavoro ai giovani studenti con difficoltà di apprendimento (corsi di falegnameria, agricoltura, tessitura ed economia domestica). Purtroppo, a causa della scarsità dei mezzi economici, il governo è oggi in grado di offrire questi corsi soltanto a giovani con gravi handicap fisici.
Si è reso quindi necessario pensare ad un ulteriore progetto che potesse permetter loro di concludere l’iter formativo. Nasce così il progetto Ukubalula.
Lo scopo è tentare di avviare i ragazzi ad una professione, in particolare nel campo dell’agricoltura.
Attualmente sono 12 i ragazzi che lavorano nella piccola farm della Holy Family Home for children; il numero è limitato per motivi di carattere finanziario e organizzativo (e la proposta non è estesa alle ragazze).

Situazione scolastica governativa e relazioni con l’amministrazione pubblica

Le scuole governative(5) vivono una situazione problematica: inserite in un contesto economico e sociale di profonda crisi, esse soffrono sia per la mancanza di fondi, sia a causa della scarsa preparazione degli insegnanti.
Gran parte dei bambini che esce dalla scuola pubblica non ha acquisito una sufficiente istruzione nè un’adeguata formazione che li inserisca nel mondo del lavoro.
Queste scuole sono gratuite: tuttavia il governo non copre tutte le spese, e per questo ogni istituto deve trovare delle strategie per autofinanziarsi, imponendo delle tasse alle famiglie. Per far fronte alle carenze finanziarie sono stati creati i PTE, gruppi in cui collaborano genitori e insegnanti. La grande corruzione di molti dirigenti scolastici e dell’amministrazione contribuisce a peggiorare questo panorama già drammatico.
Nelle classi normali l’inserimento è precluso ai bambini con problemi di handicap fisico o psichico. Per questo il Ministero dell’Educazione, consapevole del gran numero di soggetti con problemi di ritardo mentale impossibilitati a frequentare le poche classi speciali esistenti, ha accettato di buon grado la proposta avanzata dai responsabili della comunità APG XXIII.
La stessa amministrazione ha selezionato e stipendia 5 insegnanti che hanno frequentato corsi di aggiornamento per lavorare con ragazzi disabili. I maestri sono affiancati da alcuni collaboratori e volontari.
I programmi di insegnamento sono decisi dal governo ed è teoricamente prevista una supervisione statale delle attività svolte, che è in realtà molto rara e va sollecitata.
Tali programmi prevedono lezioni didattiche, attività di socializzazione e legate alla cura della persona, sport, attività di conoscenza dell’ambiente che circondante e di crescita spirituale; nel retro della struttura scolastica di Mukuni road è presente un orto che viene sfruttato per attività pratiche dagli alunni più grandi.

Il materiale didattico è finanziato totalmente da donazioni private. Soltanto nel 2005 la Holy Family School ha ottenuto dei finanziamenti statali, con una bozza di progetto che dovrebbe continuare anche in futuro. Non esistono attualmente altre forme di finanziamento pubblico.

Limiti del progetto

I principali limiti del progetto riguardano la copertura finanziaria delle attività e i metodi educativi adottati, le cui carenze sono diretta conseguenza della scarsa preparazione degli insegnanti.
Questi ultimi non sempre sono in grado di gestire i diversi livelli di disabilità degli alunni: tentano spesso di proporre uno schema identico a quello applicato sugli studenti normali (ad esempio dividerli per grades, o assegnare alla classe un certo grade, confrontabile con le classi normali) faticando a elaborare un progetto educativo individualizzato. Inoltre è insufficiente il confronto con altre realtà che trattano con ragazzi disabili.
Gli scarsi risultati ottenuti e la difficoltà stessa di lavorare con questi ragazzi determina spesso una grande frustrazione nelle insegnanti.
In molti casi, avendo ottenuto una promozione legata all’abilitazione per insegnare a ragazzi disabili, i maestri spesso preferiscono abbandonare le classi speciali per occupare ruoli di maggior prestigio e responsabilità nell’amministrazione.

Alcune considerazioni
Il progetto delle scuole speciali si inserisce in un contesto socio-culturale estremamente complesso.
Oggi la tradizionale cultura zambiana, che è quella di villaggio, sta scomparendo a causa prima della colonizzazione inglese, quindi della cosiddetta neocolonizzazione culturale dei paesi ricchi.
Gli effetti sono stati una forte urbanizzazione, iniziata in seguito all’apertura delle miniere di rame e l’imposizione dei modelli economici, culturali e politici occidentali. La popolazione immigrata nei centri urbani, che si è concentrata nei compound, non è ancora stata in grado di rispondere in modo adeguato allo stile di vita urbano e ai nuovi ritmi di sviluppo.
Il sistema scolastico adottato in Zambia si basa sul modello inglese. Da un lato questo si è rivelato incapace di garantire alla gran parte della popolazione un’educazione adeguata, dall’altro ha fatto sì che le giovani generazioni si allontanassero dalla tradizionale cultura di villaggio. Quest’insieme di cause aumenta ulteriormente la disgregazione sociale.
L’impoverimento culturale non riguarda soltanto le classi più povere che vivono nel compound, ma anche la classe media che, pur vivendo in condizioni più dignitose, non può accedere alle strutture scolastiche e sanitarie private, più efficienti.
In questo contesto scolastico già precario è estremamente difficile riuscire ad attuare programmi educativi per ragazzi con disabilità sul modello occidentale, in grado di produrre risultati soddisfacenti documentabili nel breve periodo.
Nonostante queste difficoltà riteniamo sia importante continuare a lavorare a fianco di questi ragazzi tentando di integrare le nostre competenze alla realtà e alla cultura zambiana per far emergere i punti di forza da entrambe le parti.

Note:1. dato aggiornato al 2003, Fonte: UNDP report 2005.
2. dato aggiornato al 2003, Fonte: UNDP report 2005.
3. Fonte: UNDP report 2005
4. Fonte: Situation Analysis of Orphans and Vulnerable Children, 2004
5. La scuola zambiana è così organizzata: la Primary School copre i primi 7 grades, la Secondary School i successivi 5. I college e le università sono soprattutto privati.

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