Caschi Bianchi Cile
Il “Rapporto di Cheyre” anticipa il duro report sulla tortura
Dal quotidiano cileno “La Tercera”
Traduzione di Giuliano Cunico (Casco Bianco a Santiago del Cile)
Premessa: il 10 novembre è prevista la consegna, da parte della Commissione Nazionale sulla Detenzione Política e la Tortura, al presidente della Repubblica Ricardo Lagos, del documento conclusivo dei lavori che si sono svolti tra novembre 2003 e maggio 2004.
La commissione aveva il compito di raccogliere denunce da parte di persone torurate, imprigionate o perseguitate per il loro credo político negli anni della dittatura.
In questi mesi, da maggio ad ora, la Commissione ha elaborato i dati raccolti e le testimonianze consegnate dalla gente preparando un rapporto per il Capo dello Stato. Il 5 di novembre, Cheyre, comandante dell’Esercito, ha pubblicato un suo documento che da quasi tutti gli schieramenti politici, è stato riconosciuto come un atto di coraggio, di riconciliazione e di onestà storica. Il titolo del documento, “La fine di una visione”, si riferisce allo scenario storico in cui Cheyre vede radicata l’origine del golpe del 1973, scenario di piena Guerra Fredda e di contrapposizione tra U.S.A. e U.R.S.S.
“La fine di una visione”
Anticipare l’impatto político e pubblico che avrà la relazione elaborata dalla Commissione Nazionale sulla Detenzione Política e la Tortura, è stato l’obiettivo centrale del documento preparato dal generale Juan Emilio Cheyre ( intitolato “La fine di una visione”) dove il comandante dell’Esercito supera la tesi dell’eccesso e delle responsabilità individuali nelle violazioni dei Diritti Umani verificatesi durante il governo militare. Secondo fonti militari, la decisione di assumersi “la responsabilità” istituzionale nelle violazióni dei diritti umani cerca di giocare d’anticipo, poichè vorrebbe prevenire l’effetto della pubblicazione di più di 30.000 casi di torture che ha raccolto il documento preparato dal vescovo cattólico Sergio Valech.
Di questa strategia Cheyre informò in ogni momento Lagos e gli altri rami delle Forze Armate. Il comandante dell’esercito pretendeva che le altre istituzioni adottassero la sua strategia. Tuttavia, gli altri capi militari si limitarono a dare un appoggio pubblico mentre seguivano un cammino loro per affrontare il tema, affermando che ogni istituzione deve rispondere a circostanze distinte.
L’indagine della Commissione, consegna un riassunto storico di quello che è successo in Cile dopo il colpo di stato del 1973 per quanto riguarda i detenuti e i torturati, una realtà che si era evitata fino ad oggi, aspettando che lo Stato cercasse vie riparatorie per i detenuti scomparsi, per i politici giustiziati e anche per coloro che vennero allontanati dalla política. La commissione ha stabilito una mappa dei centri di detenzione e tortura in tutto il paese, tra i quali figurano reggimenti, distaccamenti militari, commissariati, centri di detenzione clandestini, campi di prigionia e navi. Secondo fonti del governo, il 60% dei casi corrisponde a detenzioni eseguite nel 1973, quando vennero arrestate 25.000 persone. Nel 1974 le detenzioni furono 6.000, nel 1975, 3000. A partire dal 1976 gli arresti diminuirono, però aumentarono le torture.
Il documento lascia intravvedere che ci fu una pianificazione nella detenzione di persone e una política sistematica di violenza.
Davanti alla commissione si presentarono 35.000 persone per testimoniare entro i termini di tempo stabiliti dalla legge.
Seguono alcuni paragrafi del documento del comandante dell’Esercito, Juan Emilio Cheyre:
1.”L’esercito del Cile ha preso la dura ma irreversible decisione di assumersi le responsabilità, che come istituzione gli competono in tutti i fatti punibili e moralmente inacettabili del passato”;
2.”Lo scenario di conflitto globale può scusare le violazioni dei diritti umani verificatesi in Cile? La mia risposta è un’inequivocabile no”;
3.”L’esercito non ha potuto sottrarsi alla voragine inappellabile di quella visione (la guerra fredda) e agli avvenimenti che a livello mondiale essa generò”;
4.”La verita libera e porta pace agli animi, però deve essere una verità completa e va compresa sempre nel contesto storico nel quale si verificarono i fatti”;
5.”L’Esercito ha riconosciuto in più di una occasione, le mancanze e i delitti commessi da personale di sua diretta dipendenza; ha fatto púbblicamente autocritica e ha cooperato permanentemente coi tribunali di giustizia per contribuire, nella misura in cui era possibile, alla verità e alla riconciliazione”;
6.”Per quanto riguarda le violazioni, l’esercito farà si, con sforzi concreti, che mai più tornino a ripetersi tali avvenimenti. Espressione di questa linea di condotta è stato il nostro apporto alla “tavola di dialogo” e allo sforzo di ricompilazione delle informazioni utili, sforzo condotto anche per stabilire il destino finale dei detenuti scomparsi. Allo stesso modo, l’esercito, ha posto la sua fiducia nei tribunali, unici incaricati di stabilire la verità giuridica e applicare la legislazione vigente”.
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