Caschi Bianchi Palestina / Israele

Insediamenti, occupazioni e violazione dei diritti umani: dossier sull’attuale situazione della Palestina

Insediamenti israeliani, territori occupati, colonie by pass roads…: una panoramica introduttiva alle diverse problematiche legate alla corrente Intifada e alla Palestina in generale.

Scritto da Matteo Colpani

Che tu sia uno studente, l’attivista di una comunità, un politico o un comune cittadino, questi fogli di documentazione ti forniranno una panoramica concisa sulle diverse problematiche legate alla corrente Intifada e alla Palestina in generale. Sentiti libero di stampare e distribuire questo materiale fintanto che verrà accreditato al Palestine Monitor.

Insediamenti israeliani nei Territori Occupati Palestinesi
In origine il termine “insediamento” indicava qualsiasi tipo di sviluppo Ebraico in Israele, ma adesso indica comunemente quell’unità abitativa esclusivamente Ebraica esistente un po’ ovunque attorno a Gerusalemme Est e in altre zone strategiche della West Bank e della striscia di Gaza. Fin dall’inizio dell’occupazione Israeliana dei Territori Palestinesi nel 1967, i governi israeliani che si sono succeduti hanno favorito il proliferare di colonie sul territorio Palestinese, in aperta violazione del diritto internazionale. Molti ritengono che il fine reale che si cela dietro alla costruzione di questi insediamenti sia quello di colonizzare i territori palestinesi per poter assicurare a Israele il controllo di tali aree e prevenire la nascita di uno stato Palestinese.
Questo processo di colonizzazione è l’aspetto più visibile del Sionismo ed è stato portato avanti con la stessa determinazione sia durante i governi dei Laburisti che durante quelli del Licud.
Gli insediamenti e la vasta rete di strade “by – pass” che collegano gli insediamenti l’uno all’altro e a Israele sono costruiti illegalmente su territorio confiscato ai Palestinesi. Essi condizionano pesantemente la vita di ogni giorno dei Palestinesi e la loro prospettiva di sviluppo a lungo termine. La localizzazione degli insediamenti, all’interno e attorno ai centri abitati palestinesi, e la loro struttura rappresentano per il governo Israeliano e per il suo esercito, uno strumento efficace di controllo dei movimenti e dello sviluppo economico-sociale dei Palestinesi, dal momento che queste colonie frazionano e minano nel suo fondamento la società Palestinese.

Numero degli insediamenti.
– E’ difficile definire con precisione il numero esatto degli insediamenti e dei relativi abitanti. Stando ai dati pubblicati da Peace Now, un’associazione pacifista Israeliana, ci sarebbero 145 insediamenti ufficiali in Cisgiordania, cioè 145 entità municipali israeliane riconosciute e registrate dal Ministero degli Interni Israeliano (Peace Now, Settembre 2003). Secondo l’organizzazione “Land research center”, invece, il loro numero sarebbe di 198 unità (dati aggiornati a settembre 2003).

– Queste comunità di coloni hanno creato circa 130 “avamposti” sparsi per tutta la Cisgiordania (Land Research Center, settembre 2003). Essi si trovano normalmente lontani dai principali insediamenti e sono costituiti generalmente da roulotte o da tende, che possono essere anche disabitate. Alcuni dei precedenti avamposti sono diventati nel corso degli anni delle vere e proprie colonie. Amona, Horsha, Givat Harel e Zayit Ra’anan sono tutti ex avamposti che sono cresciuti nel tempo e sono diventati ora insediamenti permanenti (Nadev Shragai, Living with the consensus.

– Gli avamposti sono dichiarati illegali anche dal Governo Israeliano ma raramente vengono smantellati.

– In aggiunta a questi avamposti, il PCBS (Palestinian Center and Bureau for Statistics ) ha accertato l’esistenza di circa 258 aree edificate Ebraiche: 242 nella West Bank e 16 nella striscia di Gaza. Queste sono per lo più negozi e ristoranti che sono sorti lungo le strade “by-pass” (PASSIA 2003).

– Sulla base del Diritto Internazionale tutte le colonie e gli avamposti israeliani sono da considerarsi illegali (v. sotto, Contesto giuridico).

– Nella striscia di Gaza ci sono 20 insediamenti (Peace now, Settembre 2003).

– A Gerusalemme Est ci sono approssimativamente 12 insediamenti a cui spesso ci si riferisce impropriamente chiamandoli “quartieri”, come per esempio: Gilo, French Hill, Pisgat Ze’ev e Givat Ze’ev.

Popolazione dei coloni

– Negli insediamenti in Cisgiordania vivono circa 390 000 coloni, più della metà dei quali, tra 220 000 e 250 000, nella sola Gerusalemme Est.

– Nella striscia di Gaza (la zona a più alta densità del pianeta) dove più di un milione di Palestinesi vive in un’area di 360 km2 , 7500 coloni risiedono illegalmente e controllano il 30% del territorio.

– Qualcosa come 2,34 milioni di dunum (1 dunum=1000 mq), ovvero il 42% dell’intera Cisgiordania (esclusi il Mar Morto, Gerusalemme e la terra di nessuno), sono sotto la giurisdizione delle colonie. Di questi, 96 000 dunums si trovano all’interno di aree edificate, mentre i restanti serviranno per il futuro sviluppo degli insediamenti (PASSIA 2003).

– Dal Giugno 1967 ad oggi il Governo Israeliano ha confiscato quasi l’ 80% del territorio della Cisgiordania e della striscia di Gaza.

– I coloni rappresentano 8% della popolazione ebraica Israeliana, il 10% di quella dell’intera Cisgiordania e lo 0,6% di quella di Gaza (PASSIA 2002).

– Molti coloni sono stati incoraggiati dal Governo Israeliano a muoversi nei Territori Occupati attraverso incentivi economici, incluse abitazioni a prezzi molto vantaggiosi e concessioni ipotecarie che arrivano a sfiorare il 95% del valore immobiliare (Ibid). Proprio in questi giorni le coppie che firmeranno per trasferirsi nell’insediamento di Givat Ze’ev entro i prossimi quattro mesi riceveranno una concessione pari a £ 7100 e un prestito dello stesso importo. Per le coppie che decideranno di andare a vivere in altri insediamenti il trattamento è più o meno lo stesso (The Scotsman, Settembre 2003).

– Secondo l’organizzazione israeliana B’Tselem, i coloni si possono dividere essenzialmente in due gruppi: quelli che seguono un’ideologia e quelli che perseguono principalmente un vantaggio economico. Gli insediamenti per così dire “ideologici” o “religiosi” si trovano principalmente vicino ai luoghi santi o nel cuore dei Territori. Questa tipologia di insediamenti ha avuto una crescita costante di popolazione, nonostante l’incertezza che la seconda Intifada ha portato con sé. I cosiddetti insediamenti “secolari” invece hanno visto in generale con l’inizio dell’Intifada una flessione nel numero dei nuovi arrivi. I coloni “secolari” si stabiliscono negli insediamenti attirati dall’idea di poter avere un tenore di vita più elevato grazie agli incentivi economici sopra menzionati. Gli insediamenti “secolari” che hanno avuto un’espansione in questi ultimi tre anni sono quelli della zona intorno a Gerusalemme Est dove le molte strade by-pass permettono di trasformarli in posti di lavoro dentro Israele (Nadev Shragai, Living with the consensus).

– Ogni anno l’Esercito Israeliano paga 9 milioni di N.I.S. (New Israeli Sheqalim) di affitto ai coloni, residenti in Cisgiordania e nella striscia di Gaza, per edifici che l’esercito usa come alloggi per i militari assegnati agli insediamenti a scopo difensivo (Amos Harel su Ha’aretz, 7 Agosto 2002). Tra Gennaio e Giugno 2002 l’Esercito Israeliano ha stanziato quasi 100 milioni di N.I.S. per la “protezione” delle colonie: riservisti, guardie, bus corazzati, palizzate e dispositivi elettronici di sicurezza (Akiwa Eldar su Ha’aretz, 20 Giugno 2002).

La violenza dei coloni

– I coloni hanno ucciso almeno 54 Palestinesi, tra i quali una ragazzina di 14 anni di Hebron, dal Settembre 2000 (The Palestine Monitor, Settembre 2003).

– Tra gli altri atti di violenza perpetrati dai coloni si possono annoverare attacchi alle abitazioni palestinesi, incendio dei raccolti e distruzione di aree agricole. Inoltre molto spesso i soldati Israeliani coprono e assecondano le azioni dei coloni, a carico dei quali raramente vengono presi provvedimenti legali.

Strade by-pass

Per facilitare gli accessi in e da Israele, e tra gli insediamenti, è stata costruita per i coloni una fitta rete di strade che girano intorno oppure attraversano le città e i villaggi palestinesi; da questo la definizione di “by-pass” data dagli Israeliani. Durante gli ultimi due anni ai Palestinesi in genere è stato impedito di utilizzare questo tipo di strade, per motivi di “sicurezza”.

– La rete delle strade by-pass divide la Palestina in Bantustans separati e circondati dalle vie di controllo militari. Ciò impedisce lo sviluppo e l’espansione delle città e dei villaggi Palestinesi ed è la causa principale della disgregazione della società Palestinese in termini economici e di continuità territoriale. Queste strade impediscono a molti Palestinesi, che intendono spostarsi, di raggiungere in modo diretto le loro destinazioni perché è loro proibito usarle o attraversarle. Questo ha costretto molti Palestinesi, che prima potevano facilmente raggiungere le loro mete, a scegliere percorsi alternativi per arrivare a destinazione.

– Le strade by-pass sono poi un altro strumento utilizzato dagli Israeliani, per annettersi illegalmente proprietà private palestinesi. Tali strade vengono costruite attorno ai terreni Palestinesi, rendendo così impossibile ai proprietari di raggiungerli.

– Per ogni 100 km di strade costruite vengono confiscati circa 10 000 dunams (2500 acri) di terra. Tutte le strade hanno ai loro lati un’area cuscinetto di 50-75 metri in cui non si può costruire alcunché. Sommato a tutto il resto, questo non ha fatto altro che rendere ancora più drammatica e consistente la perdita di terreno coltivabile e di proprietà privata palestinesi.

– Per esempio, al fine di costruire la strada by-pass n. 447, che andrà a collegare la parte settentrionale dell’insediamento di Ariel agli insediamenti di Shilo, Eli e Ma’ale Levona, sono stati abbattuti 1000 olivi e confiscati 75 dunams di terreno a due villaggi palestinesi vicini (B’Tselem, Maggio 2002).

– Le strade lungo la Green Line e attorno a Gerusalemme allargano i confini israeliani e sono state costruite su terreni confiscati ai Palestinesi.

– Il Ministro alla Difesa israeliano ha speso, negli ultimi tre anni, 250 milioni di N.I.S. per la costruzione delle strade by-pass (PASSIA 2003).

Insediamenti e risorse naturali.

Gli insediamenti limitano l’accesso alle risorse naturali del territorio quali l’acqua e i terreni coltivabili. Molte colonie nella West Bank sono strategicamente collocate in modo da controllare l’accesso alle principali risorse idriche della regione.

– I coloni consumano un quantitativo d’acqua sei volte superiore a quello di un comune palestinese (FMEP, Marzo 2002).

– Vi sono 115 insediamenti localizzati sopra aree ad alta sensibilità idrica e 25 sopra aree a media sensibilità idrica (MOPIC, Gennaio 2000. MOPIC determina la sensibilità idrica di un area basandosi su diversi parametri tra i quali gli aspetti litologici e le precipitazioni annue della zona. Special Technical Unit – STU).

Espansione degli insediamenti

Nonostante le pressioni internazionali e le richieste di arrestare la costruzione di nuovi insediamenti come primo passo verso una soluzione pacifica del conflitto in corso, il Governo Israeliano continua imperterrito nella costruzione di nuove colonie.

– Uno dei metodi solitamente adottati da Israele per confiscare terre ai Palestinesi consiste nel dichiarare l’area in questione “proprietà statale” o nel reclamarla per ragioni di sicurezza e quindi poterla confiscare “legalmente”. La maggior parte degli agricoltori palestinesi non è in grado di produrre la documentazione necessaria per opporsi a queste prevaricazioni, non avendo mai fatto una registrazione catastale.

– Firmando gli accordi di Oslo, Israele si impegnava a congelare l’espansione degli insediamenti così come a preservare l’integrità geografica ed economico-sociale della Cisgiordania e della striscia di Gaza. In perfetta sintonia con quanto ratificato, la popolazione all’interno degli insediamenti durante questo periodo è raddoppiata.

– Dal Febbraio 2001, quando il Primo Ministro Israeliano Ariel Sharon ha iniziato il suo mandato, alla fine del Giugno 2002, sono stati costruiti 44 nuovi insediamenti in Cisgiordania. Di questi, 9 sono stati costruiti nel periodo compreso tra Marzo e Giugno 2002 (Peace Now, 29 Giugno 2002). Circa 60 insediamenti “rossi” o avamposti sono sorti da quando A. Sharon è al governo (Peace Now , Settembre 2003.) Secondo esponenti del Ministero Israeliano per l’Edilizia e la Casa, le costruzioni nelle colonie sono aumentate, nella prima metà del 2001, del 96% rispetto allo stesso periodo del 1999 (Nadav Shragai, “Construction in Settlement Increased by 96 Percent during the First Half of the Year”, in Ha’aretz, 12 Settembre 2000).

– Una catena di imponenti insediamenti attorno a Gerusalemme, compresi Ma’ale Adumim, Beitar, Efrat e Givat Ze’en, si è estesa a una velocità tale da condizionare il futuro di Gerusalemme attraverso le colonie e così da prevenire la contiguità territoriale nord-sud di un futuro stato Palestinese. Dallo scoppio dell’attuale Intifada, l’attività degli insediamenti è aumentata in particolar modo all’interno e attorno a Gerusalemme Est.

Gli insediamenti e la Road Map 

– Secondo quanto stabilito nella fase 1 della Road Map, si richiede che Israele:” ..smantelli immediatamente gli insediamenti costruiti a partire dal Marzo 2001..” . Israele ha invece deciso di rimuovere solo 15 insediamenti ritenuti “non autorizzati”, classificando di conseguenza i restanti 45 come “autorizzati”.

– Solo 4 dei 15 avamposti smantellati da Israele erano abitati. I restanti 11 erano i cosiddetti “avamposti fantoccio”, usati come strumento per i negoziati o per le relazioni pubbliche del movimento dei coloni (Ha’aretz, 10 giugno e 18 luglio 2003).

– Durante la sua visita di metà luglio negli Stati Uniti, il Primo Ministro Ariel Sharon disse che avrebbe “immediatamente” cominciato a rimuovere gli insediamenti non autorizzati in Cisgiordania (CNN, 4 giugno 2003.). Contrariamente a quanto affermato dal suo Primo Ministro, Israele ha recentemente indetto una gara di appalto per la costruzione di 22 nuove abitazioni negli insediamenti della striscia di Gaza (www.haaretzdaily.com , 31 luglio 2003).

– La Road Map inoltre sanciva che il Governo Israeliano dovesse congelare lo sviluppo di tutti gli insediamenti (compresa la loro crescita naturale dovuta all’incremento demografico) entro la fine del maggio 2003. I numerosi rapporti sull’espansione dei coloni e sulla costruzione di nuovi insediamenti hanno spinto Mossi Raz, precedentemente membro della Meretz Knesset e da anni leader di Peace Now, a dichiarare che la Road Map abbia fallito nei suoi intenti ( Elly Wohlgelernter, Settlement Expands as Road Map Ends, 5 settembre 2003).

– Il Ministro all’Edilizia e per la Casa ha indetto un appalto per la costruzione di 102 unità abitative nell’insediamento di Efrat, che si trova tra Gerusalemme e Betlemme nel quartiere di Gush Etzion (Ha’aretz , 4 settembre 2003)
.
– Il 30 giugno è stato reso pubblico che un nuovo insediamento verrà costruito, come espansione di quelli che già esistono nella parte sud-ovest di Gerusalemme, distruggendo così i 14 000 dunums di terra appartenenti al villaggio Palestinese di Beit Iksa nella parte nord-ovest di Gerusalemme (Hear Palestine, 30 giugno 2003).

Contesto giuridico

Gli insediamenti Israeliani in Cisgiordania e nella striscia di Gaza violano le leggi internazionali. La continua espansione degli insediamenti avviene in aperta violazione di numerose risoluzioni O.N.U.

– L’articolo 49, paragrafo 6, della Quarta Convenzione di Ginevra sancisce esplicitamente:” la potenza occupante non potrà deportare o trasferire parte della propria popolazione civile nei territori occupati”.

– L’articolo 46 della convenzione di Hague proibisce la confisca di proprietà private nei territori di occupazione. La confisca delle terre perpetrata dal Governo Israeliano a danno dei Palestinesi è una chiara violazione a questo articolo.

– L’articolo 55 della convenzione di Hague dichiara: “lo stato occupante deve ritenersi un semplice amministratore o usufruttuario degli edifici pubblici, dei beni immobili, delle foreste e dei beni agricoli appartenenti allo stato ostile e situati nel paese occupato. Esso deve salvaguardare il capitale di queste proprietà e amministrarle in armonia con le leggi dell’usufrutto.” In altre parole la potenza occupante non può acquisire o usare territori e proprietà private nei territori occupati per servire gli interessi della propria popolazione civile.

– La risoluzione n. 242 del 1967 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite invita Israele a ritirarsi completamente dai territori occupati. Gli insediamenti sono il più forte ostacolo all’applicazione della risoluzione.

– La risoluzione n. 465 del 1980 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, assunta all’unanimità, dichiara esplicitamente che “la politica e le pratiche adottate da Israele nello stanziare parte della propria popolazione civile e nuovi immigranti” nei territori occupati, costituisce “un grave ostacolo al raggiungimento di una pace globale, duratura e giusta in Medio Oriente”. Il Consiglio di Sicurezza invita Israele a “demolire gli insediamenti esistenti e in particolare, a cessare urgentemente lo stabilirsi, la costruzione o la pianificazione di nuovi insediamenti nei territori Arabi occupati dal 1967, inclusa Gerusalemme”.

– Secondo il rapporto Mitchell del maggio 2001, uno dei passi più importanti che il Governo Israeliano può fare, per uscire dall’attuale situazione e portare ad una soluzione pacifica e duratura del conflitto in atto, consiste nel congelare immediatamente tutte le attività negli insediamenti, compresa la “crescita naturale” di quelli esistenti.

– Nel maggio 2001 il capo della delegazione Internazionale della Croce Rossa in Israele e nei Territori Occupati ha dichiarato che gli insediamenti sono “uguali in principio a crimini di guerra”. “Il trasferimento e l’installazione di popolazione della potenza occupante nei territori occupati è da considerarsi una azione illegale e da qualificare come una “grave violazione”. E’ una “grave violazione”, formalmente parlando, ma le gravi violazioni sono uguali in principio a crimini di guerra.” (Rene Kosirnik, capo della delegazione Internazionale della ICRC in Israele e nei T.O. Palestinesi, dichiarazione rilasciata durante la conferenza stampa del 17 maggio 2001).

Prodotto dal Palestine Monitor,

Appartenente alla rete delle O.N.G. Palestinesi (PNGO)
Per maggiori informazioni, contattare:
Tel: +972-2-2985372

Note:I termini West Bank e Cisgiordania verranno usati nel testo indifferentemente, in quanto sono solo due modi diversi di esprimere la stessa realtà geografica.

Road Map per la pace: http://www.state.gov/r/pa/ei/rls/22520.htm

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