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Corpi Civili di Pace Guinea

L’ACCESSO ALL’EDUCAZIONE IN GUINEA BISSAU

Quando sono arrivata in Guinea Bissau mi sentivo del tutto impreparata, insicura e confusa. Le difficoltà con la lingua locale, il periodo delle piogge e l’umidità mi hanno dato un caloroso benvenuto! Insomma la sensazione di disorientamento regnava sovrana in me, ma di una cosa ero sicura, volevo conoscere questo Paese, partendo da un settore secondo me, di fondamentale importanza, l’istruzione.

Scritto da Alice Perin, Corpo Civile di Pace con FOCSIV-ENGIM

In Guinea Bissau l’obbligo scolastico è previsto fino alla ​nona classe,ovvero fino alla terza media, ma di fatto non c’è nessun controllo in merito. La mancanza di qualità della scuola guineense è dovuta ad un insieme di fattori: mancanza di investimenti adeguati da parte dello Stato, inesistenza quasi totale, di materiali didattici e pedagogici, sia per gli alunni che per i professori ed inoltre, molte strutture scolastiche sono precarie, inadeguate e/o fatiscenti. Il corpo docente molto spesso non ha un ​background professionale adeguato, ed il fatto stesso che non percepisce lo stipendio, lo spinge a scioperare e a vivere in una situazione di precarietà. Inoltre, soprattutto nelle zone più periferiche e nell’entroterra, la conoscenza del portoghese è molto limitata di conseguenza l’apprendimento e, in generale l’istruzione, nei quartieri più poveri e nei villaggi più sperduti, viene a mancare quasi del tutto, con il reale rischio per i bambini più piccoli, di essere vittime dei trafficanti o di gruppi di criminali.

Altro fattore da prendere in considerazione è l’elevato costo per l’accesso all’istruzione: infatti, per molte famiglie la quota di iscrizione delle scuole, rimane ancora, un onere che non si possono permettere. I bambini provenienti da famiglie con meno problemi economici e maggiore stabilità, possono scegliere le scuole private o addirittura di andarsene dal Paese, ma la maggior parte dei minori, si ritrova vittima di un sistema che non funziona e non cambia, di fatto, privati del diritto fondamentale all’istruzione e costretta all’analfabetismo, al lavoro precoce ed a un futuro incerto.

Il fatto che in Guinea Bissau l’istruzione non sia considerata un bene prezioso e necessario per lo sviluppo, è uno degli aspetti che mi hanno colpito di più. Ci si rende conto subito di questo aspetto, dall’elevato numero di bambini che abbandonano la scuola, spingendoli di fatto, ad una vita di elemosina. L’analisi del sistema educativo rivela che il percorso scolastico dei bambini guineensi è ancora difficile e molto sottosviluppato. Infatti solo il 43,6% dei bambini iscritti alla prima elementare arriva alla quinta e l’abbandono delle femmine è superiore rispetto a quello dei maschi, anche a causa del fatto che molte sono vittime di matrimoni forzati che oltre a violare un’infinità di diritti umani, le sottrae alla scolarizzazione. Purtroppo la Guinea Bissau è ancora caratterizzata da un sistema patriarcale e spesso l’istruzione viene negata alle bambine per motivi religiosi, tradizionali o ideologici.

Vista questa situazione e dato il mio interesse per l’ambito dell’istruzione, ho accettato di buon grado di supportare la raccolta dati delle frequenze scolastiche dei bambini iscritti alle scuole, in modo da monitorare la situazione e produrre un report dettagliato delle condizioni delle scuole coinvolte, sia in termini di profilo delle famiglie, che dei risultati scolastici, che delle dimensioni delle classi e delle problematiche presenti. Infatti, in termini di tutela del diritto all’istruzione, una delle azioni messe in campo da ENGIM per favorire l’accesso all’educazione dei minori in situazione di svantaggio, è sostenere le attività promosse dai Giuseppini nelle scuole, volte a favorire l’iscrizione a scuola e la frequenza dei bambini.

Nello specifico, la Congregazione dei Giuseppini del Murialdo – partner di ENGIM in loco, gestisce quattro scuole a Bissau e due a Bula (un piccolo paesino a quaranta minuti da Bissau) e ogni scuola ha un direttore con il quale mi interfaccio per organizzare il lavoro. Il primo fondamentale passo è stato, appunto, rapportarmi con i direttori delle scuole e creare un rapporto di dialogo e aiuto reciproco, perché grazie a questo ho avuto accesso ad un’infinità di informazioni sulle diverse etnie presenti sul territorio: ad esempio riconoscere dal cognome se il bambino è ​fula, manjaco, pepel o ​balanta. Mi hanno aiutato a capire alcune tradizioni per me incomprensibili, come per esempio che il bambino molto spesso viene considerato “forza lavoro” e quindi, mandarlo a scuola è un problema oltre che la perdita di due braccia da utilizzare a casa.

In Guinea Bissau, la legge vieta il lavoro ai minori di 16 anni, ma di fatto vengono sfruttati. Secondo un’analisi fatta da ​UNICEF (2015), l’incidenza del lavoro infantile nella fascia di popolazione più benestante è pari al 15%, mentre in quella più povera il tasso è nettamente superiore, 51%. La maggior parte dei bambini/ragazzi sono costretti a stare per strada vendendo qualsiasi cosa, oppure, soprattutto nel periodo della raccolta del ​Caju ,la vita si “paralizza” e molti sono costretti dalle famiglie a passare giornate intere piegati sotto gli alberi a raccogliere l’anacardo per poi venderlo al mercato. La raccolta del Caju avviene nel pieno delle attività scolastiche, inizia a marzo e finisce più o meno a maggio, di conseguenza, in questo periodo, l’abbandono scolastico si intensifica a chiara dimostrazione che il diritto all’istruzione, e non solo, non viene tutelato.

Il diritto all’istruzione è un diritto fondamentale e come tale andrebbe tutelato e garantito a tutti indipendentemente da sesso, razza, religione e come dice Don Milani: “Quando avete buttato nel mondo d’oggi un ragazzo senza istruzione avete buttato in cielo un passerotto senza ali”.

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