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Corpi Civili di Pace Perù

La città dei mille clacson e la città silente

La città dai mille clacson: così voglio chiamarla. Benvenuti a Huancayo, città della valle del Mantaro. “Città o cittadina?” chiederei a me stessa: emigrata dalla capitale d’Italia, dalla capitale religiosa del mondo, non mi sembra poi così grande questa città adornata da montagne.

Scritto da Sara Graziosi, Corpo Civile di Pace con FOCSIV a Huancayo

“Montagne”, scrivo: la Cordigliera delle Ande mi sveglia puntuale tutte le mattine, dopo una classica colazione all’italiana, guardando dalla finestra il sole che pian piano fa capolino, quasi timido, scansando le nuvole e comparendo da dietro le vette; è lei la mia silenziosa compagna di vita qui a Huancayo.

“Ciudad Incontrastable” la chiamano. Ricordo che la prima volta che mi raccontarono il perché di questo appellativo affidatole mi misi a ridere; la chiamano così perché resistette agli spagnoli facendoseli amici, invece che nemici.

La mia vita si è trasferita qui oramai da 6 mesi. L’impatto inizialmente, lo ammetto, non è stato dei più facili, poi però trovi le tue piccoli abitudini anche lontano 10.000 chilometri di distanza da casa.

Di cosa mi occupo qui? Perche sono venuta fin qui? Beh, sono parte dei Corpi Civili di Pace qui in Perù. Cosa sono? Sono una nuova sperimentazione del Governo Italiano per la risoluzione dei conflitti in maniera non armata: vengo in pace, insomma! Siamo sognatori, idealisti, siamo giovani uomini e donne con gli occhi profondi, che guardano l’orizzonte senza spaventarsi.

E qui che ci faccio? Ci sono guerre? No, no, nessuna guerra con fucili e baionette, ma una guerra c’é: una guerra silente che scava le vite delle persone, un conflitto ancor più forte, forse, di un colpo di fucile, un conflitto in corso da anni, un conflitto che scava le anime, ma anche il cuore delle montagne, il cuore di quella natura che qui era la padrona incontrastata.

Il conflitto per il quale sono qui si trova nella stessa regione di Huancayo, in una cittadina chiamata Nueva Morococha. “Nuova” perché della Morococha originale è rimasto poco e niente, i cittadini sono stati espropriati forzatamente delle loro case e terreni da una multinazionale che si occupa di estrazione di minerali.  La popolazione locale non ha avuto molto da scegliere, sono stati traslati dal loro luogo natio ad un luogo, a ridosso di una palude, dove tutto giace come se fosse incelofanato, dove non esistono suoni, rumori, dove non ascolti bambini che giocano o anziani che parlano su di una panchina: tutto sembra fermo, immobile.  Mi ricordo che la prima volta che ci misi piede, dissi dentro di me: ”Sono dietro le quinte di una di quelle serie tv in cui le città sono solo finzione”. Una cattedrale costruita in un deserto paludoso dove le montagne si stagliano grandiose, incorniciando un falso d’autore.

I volti delle persone sembrano arresi, tristi, arrabbiati.. c’è chi mi dice “Mio figlio ha il piombo nel sangue, cosa devo fare? Il livello aumenta ogni anno sempre più”. E io cosa faccio? Li guardo, rimanendo in silenzio davanti a queste parole, perché un po’ dentro me stessa mi sento sconfitta, impotente.  Ma allora mi chiedo più volte “Cosa posso fare?”, e mi rispondo sperando, alla fine di questo anno pieno di tante cose, che magari qualcosa potrò in piccolissima parte cambiarla.

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