Caschi Bianchi Romania

Romania: il vecchio e il nuovo. Particolari di vita quotidiana da un Paese in transizione

Venti di cambiamento per un paese che affianca la sua bandiera a quella dell’Unione Europea. Alcuni scatti per raccontare nuove economie e antiche tradizioni: dalle campagne del Conte Vlad, alle periferie nascenti, ai centri urbani in continua evoluzione.

Scritto da Marianna Ponticelli e Raffaella della Rovere

Ogni transizione è caratterizzata e al contempo visibile nei particolari della vita quotidiana. Quando si tratta di un intero Paese poi, il passaggio diventa evidente in un nuovo dinamismo, quello dell’economia e della vita sociale di un popolo.  Capita però a volte, che la transizione prenda corpo nei contrasti, nelle divaricazioni tra passato e presente, tra nuove economie e antiche tradizioni, tra classi sociali preesistenti e nuovi ceti nascenti, tra periferie dal volto immutato e centri urbani in continua evoluzione, in altre parole nel “vecchio” e nel “nuovo”. Questo può succedere quando il cambiamento avviene in maniera piuttosto repentina, cioè quando non lascia spazio a un adattamento che sia graduale ma soprattutto omogeneo, che coinvolga quindi città e periferie più remote, che investa il settore pubblico e non solo il privato, che non alimenti una sperequazione delle risorse tra le cosiddette classi sociali, allargando ulteriormente la forbice di un gap già esistente.

Questo è quanto sembra accadere in Romania negli ultimi anni, non solo a partire dall’ingresso del Paese nella Comunità europea, ma già dal periodo seguente la caduta del regime dittatoriale comunista, caratterizzato da una progressiva, incalzante e aggressiva “colonizzazione” delle imprese dell’Europa occidentale attraverso la dislocazione della produzione. Negli scatti riportati c’è l’intenzione di raccontare questo contrasto.

Ho avuto modo di cogliere alcuni particolari di questo passaggio durante un anno di permanenza in Romania e di spostamenti nei diversi territori della regione. Una regione che si presenta attraverso la coesistenza tra ciò che il Paese era e quello che l’incipiente processo di apertura all’Europa sta trasformando.  Tale coesistenza talvolta diviene contrasto se ci si allontana di pochi km dai centri urbani, mete dell’insediamento delle fabbriche straniere come a Timisoara o del turismo come in Transilvania, per recarsi nell’entroterra agricolo delle immediate periferie.  L’economia rumena si basa soprattutto sul settore agricolo, basta spostarsi di poco dalle città per percorrere chilometri e chilometri di strade costeggiate da campi di granturco o anche terreni adatti alla pastorizia, per vedere oche e galline sull’uscio delle porte di casa e donne che indossano il tradizionale foulard copricapo.  Continuando a percorrere quelle strade poi, ci si accorge anche del fatto che la presenza dell’etnia Rom nell’entroterra rumeno diventa più evidente e assume forse anche un carattere più folkloristico, se si guarda ai carretti trainati dai cavalli e che trasportano talvolta intere famiglie o ragazzini adagiati sulla paglia. In queste periferie si preleva l’acqua ai pozzi, le donne trasportano ceste poggiate sulla testa, le mucche pascolano in strada con i pastori, la paglia viene raccolta intorno al rastrello e gli anziani popolano i mercati dei prodotti tipici dell’agricoltura e della pastorizia rumena.  Alcune zone dell’entroterra rumeno poi come quella di Lupin, raccontano la storia di un Paese attraversato dalla dittatura comunista, visibile dagli insediamenti degli impianti industriali che ora sono scheletri abbandonati, e quello che rimane delle miniere che hanno conservato il simbolo dei due martelli incrociati sui ruderi dei piloni. Di “vecchio” però sanno anche i blok in città, palazzoni costruiti durante la dittatura e destinati a contenere celle abitative dove la popolazione rumena sarebbe stata collocata, anche se alcuni di questi come anche le baracche dei Rom, hanno collocate all’esterno numerose antenne paraboliche segno di una modernizzazione che nonostante tutto avanza e gioca a far contrasto con quello che la storia ha lasciato.   Qua e là comunque si intravedono i segni di un cambiamento o comunque di un Paese che cammina verso una realtà più contemporanea e talvolta più simile a quelle dell’Europa Occidentale, come si può constatare dalle strutture ricettive del turismo in Transilvania, la regione che più di tutte attira visitatori da ogni parte del mondo in Romania, turismo alimentato anche dalla leggendaria storia del Conte Vlad, conosciuto come Dracula.  Non è difficile quindi trovare in queste zone pensioni, ristoranti, botteghe dei souvenir e qualsiasi altra realtà presente di norma nelle zone a forte richiamo turistico.   Personalmente ho avuto modo di visitare la Transilvania dopo circa otto mesi trascorso nella regione di Timis, dove è possibile avvertire il processo di modernizzazione, almeno nella città di Timisoara, ma dove comunque il richiamo turistico non è altrettanto forte. La sensazione che ho avuto infatti durante il breve soggiorno in Transilvania è stata quella di trovarmi in un altro Paese, poiché tutto era così simile a una qualsiasi capitale Europea dove tutto è preposto all’accoglienza del turismo, ma le peculiarità del posto venivano difese dall’unicità dei luoghi stessi, dalle tradizioni e dalla cucina locale.  Altri segni di reattività agli stimoli dell’evoluzione potrebbero essere visti nelle installazioni di arte contemporanea che si notano in giro per le città come ad esempio nella stessa Timisoara, tracce della presenza di una popolazione più o meno giovane, considerando anche la presenza delle università.  Diverse sono le iniziative di carattere culturale anche promosse dalle “primarie” ovvero dai comuni delle città, come momenti di aggregazione, come può essere dimostrato dalla scelta di nominare la città di Sibiou come capitale europea della cultura nell’anno 2007 (anno dell’ingresso del Paese nell’UE).  Persino nei paesini di provincia può capitare di vedere impianti acustici più o meno moderni adagiati su rimorchi di camion adibiti per le feste di paese, un gioco di contrasti che rende l’idea di come la realtà sia in evoluzione anche laddove il tempo pare essersi fermato del tutto.   Di “nuovo” sanno anche i manifesti delle campagne elettorali che danno un po’ il polso della situazione politica o amministrativa come nel caso delle ultime elezioni tenutesi nel comune di Timisoara; ma forse ciò che più di tutto fa pensare che il Paese sia attraversato da venti di cambiamento è il vedere la bandiera della Romania affiancata da quella dell’Unione Europea all’entrata delle strutture governative come ad esempio il campo rifugiati di Timisoara. È forse considerando quest’ultima realtà che si comprendono tutti i segnali di una transizione in atto…una transizione richiesta per un verso dal più generale mutamento geopolitico e proprio per questo forse una naturale conseguenza di un processo di apertura.  Si spera soltanto che tutto ciò che concerne un naturale adattamento a quelli che sono i mutamenti in corso e quindi tutto quel che è nuovo, non sacrifichi l’esistenza di quanto la storia, la tradizione, la saggezza popolare, la cultura, hanno radicato nel Paese e che è testimoniato da quanto di “vecchio” rimane, tanto da poter ancora dire che per poter visitare la Romania bisogna recarsi in Romania.

GALLERIA FOTOGRAFICA di Marianna Ponticelli e Raffaella della Rovere

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